Missioni Consolata - Marzo 2013
scia e Verona. Una perfetta mi- scela piemontese-lombardo-ve- neta che, se pur dispersa negli angoli più reconditi dell’Uruguay, si ricompattava periodicamente attraverso degli incontri memo- rabili, capaci di risollevare lo spi- rito e il morale ai missionari ita- liani, anche nei momenti più duri, tale era l’amicizia, l’affetto e l’unione reciproca che stava alla base di questo legame. Di questi incontri, don Pierluigi era un po’ l’anima; purtroppo un amaro destino aveva riservato per lui un’esperienza missiona- ria del tutto particolare. Durante un’incursione notturna compiuta dai militari che ave- vano preso il potere tramite un golpe in cui avevano sospeso ogni garanzia costituzionale, venne arrestato nel maggio del 1972, con l’accusa di apparte- nere al Movimento di liberazione nazionale Tupamaros e senza nessuna spiegazione, portato e incarcerato in un luogo scono- sciuto. A suo carico non fu mai esibito lo straccio di una prova che avesse infranto la legge uru- guayana; però era tale l’astio dei golpisti nei confronti della Chiesa schierata apertamente e decisamente dalla parte degli oppressi, che essi vollero, attra- verso lui, dare un esempio a tutti gli altri sacerdoti, al fine di raf- freddarne lo slancio evangelico e solidaristico con chi era coin- volto nei cammini di liberazione sociali, civili e politici. Fu torturato sistematicamente, per il solo piacere sadico di infie- MC ARTICOLI # Don Pierluigi Murgioni riabbraccia i suoi genitori dopo l’espulsione dall’Uruguay. rire su un ministro del culto cat- tolico, che aveva manifestato so- lamente carità e solidarietà cri- stiana nei confronti degli appar- tenenti ai Tupamaros (cosa ben diversa dal condividere ideali e strategie di lotta). Fu privato della possibilità di celebrare l’eucarestia in carcere e gli ven- nero tolti sia la Bibbia che il Bre- viario. Rapato a zero, con la casacca co- lor kaki di tela grezza, sulla quale era cucito il numero 756, che era diventato per imposi- zione dei suoi carcerieri un suo secondo nome, venne fatto scen- dere nel calabozo (prigione sot- terranea) dove, insieme ad altri ragazzi appartenenti alla miglior gioventù uruguayana, passò cin- que lunghissimi anni della sua vita. Gli cambiarono cella e com- pagni diverse volte. Sistematica- mente, ogni due-tre mesi, veniva fatto vestire con abiti civili, per fargli balenare la possibilità che «di lì a poco sarebbe stato ri- mandato in Italia»; ma era una tragica farsa, studiata dagli spe- cialisti della Cia che stavano die- tro le quinte dei golpisti uru- guayani, per fiaccarne l’animo e lo spirito. Ma don Pierluigi fu forte, resi- stette a ogni tortura e condizio- namento; i suoi compagni di sventura lo ricordano come colui che sosteneva la speranza di tutti, era un riferimento preciso nella disgrazia collettiva del car- cere. Quando fu rilasciato, il 12 otto- bre 1978, all’aeroporto di Monte- video, diversi furono i missionari italiani venuti a salutarlo e a rin- graziarlo per la sua incrollabile testimonianza di fede offerta nei lunghi anni di detenzione. Il lungo abbraccio che ci scam- biammo prima che lui salisse sull’aereo resta uno dei ricordi più belli e indelebili che tutt’ora mi porto nel cuore. Rientrato nella sua Brescia, don Pierluigi riprenderà il suo servi- zio sacerdotale come parroco in una suggestiva località sul lago di Garda, dove tra le altre cose porterà a termine la traduzione del Diario di mons. Oscar Ro- mero. Anselmo Palini con questa sua fatica ha voluto raccogliere let- tere e testimonianze di persone che hanno condiviso la vicenda umana e spirituale di don Pier- luigi. Ne è uscito un libro ricco di pagine toccanti che aiutano a scoprire i veri testimoni del Van- gelo nei tempi in cui viviamo. Mons. Domenico Sigalini, ve- scovo di Palestrina, bresciano come don Pierluigi, compagno di studi e di ordinazione sacerdo- tale, durante la presentazione del libro, avvenuta nell’Aula Ma- gna dell’Istituto dei padri Com- boniani di Brescia, il 24 ottobre 2012, ha detto che questi testi- moni vanno tolti dalla cerchia degli affetti familiari e territoriali e fatti conoscere a un più vasto pubblico, specialmente giova- nile, per mostrare la loro fede cristallina e la loro coerenza evangelica di vita, della quale sono portatori nel contesto sto- rico ed ecclesiale dei nostri giorni. Sicuramente la lettura di questo libro aiuterà molti a ritrovare il gusto dell’appartenenza alla Chiesa, proprio perché si scopri- ranno compagni di viaggio di te- stimoni che hanno saputo offrire la loro vita nell’annuncio del Vangelo e nella difesa dei diritti dell’uomo. Don Mario Bandera Direttore Missio - Novara MARZO 2013 MC 63
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