Missioni Consolata - Marzo 2013

Sensibilizzare sulla problematica del lavoro domestico infantile è un obiettivo fondamentale. «Le famiglie che reclutano bambine - spiega Vittoria - non sono neces- sariamente ricche. La signora in- dividua una piccola di una fami- glia povera o almeno più povera della sua. Sa che quella è mano- dopera non qualificata ma che non costa nulla. Tante volte mi sono chiesta: “È meglio essere disprezzati da chi ha una faccia diversa dalla tua o da chi ha la stessa faccia di tua madre?”. Purtroppo, capita spesso - lo vedo ad esempio al mercato - che ci siano ex lavoratrici domestiche che si vendicano su altre bam- bine di quanto esse stesse hanno sofferto da piccole. Ho chiesto una volta a una di loro perché non mandasse la bambina a scuola. Lei mi ha risposto: “Perché do- vrei? Io non ci sono mica andata”. Non è raro che l’oppresso, ap- pena si presenti l’occasione, di- venti oppressore». IL GARZONE E IL LATTAIO Vittoria e collaboratori lavorano soltanto con donne e bambine, ma esiste anche un problema de- clinato al maschile. «I maschietti che lavorano in casa sono ancora più vilipesi per- ché fanno un lavoro considerato da femmina e di conseguenza - in un paese machista come il Perú - senza valore. Per questo, quando riusciamo ad incontrarli, si ver- gognano a parlarne. Ci sono poi i ragazzini che lavorano la notte. Per esempio, i garzoni dei fornai. C’era una bambino di nemmeno nove anni che portava qui la gerla del pane alle tre e mezza del mattino». Eppure, anche nell’ambito del la- voro minorile, c’è chi sta peggio: sono i minori che non hanno nep- pure una famiglia. «Dormono per strada o nei dormitori. Se non la- vorano (o non sono capaci di ru- bare), loro non mangiano. In que- sto, i bambini lavoratori che vi- vono in famiglia risultano meno sfortunati: sono costretti a lavo- rare però, per quanto male possa andare, almeno hanno un tetto e qualcosa da mangiare». Per tutto questo, Vittoria e colla- boratori hanno aperto la loro scuola, inizialmente pensata per MARZO 2013 MC 55 MC ARTICOLI I l Centro Yanapanakusun si autofinanzia anche con programmi di turismo responsabile. «La gente che viene da noi - spiega Vittoria - arriva con delle do- mande in testa. Sono persone che, oltre a parlare di siti archeologici, si interessano anche dell’umanità che vive qui. È vero che questo turismo ci serve come strumento di autofinanziamento, ma è anche vero che è parte della no- stra filosofia mostrare un Perú diverso e altro, un Perú di gente che soffre, che lotta quotidianamente per sopravvi- vere. Noi offriamo alle persone visioni alternative, anche nelle comunità campesine. Ma - questo deve essere chiaro - non per portare caramelle o altre cose materiali come fosse la visita a uno zoo». Pur in costante crescita, questo tipo di turismo rappre- senta ancora un’esigua percentuale rispetto al movimento turistico complessivo. «Sì, è vero - conferma Vittoria -. Ma questi turisti responsabili (o responsabilizzati) possono avere un’influenza importante. Ad esempio, io sono con- vinta che un viaggio in Perú raccontato da queste persone ha un impatto diverso rispetto a coloro che parlano sol- tanto di Machu Picchu». Paolo Moiola # Qui a lato : una spettacolare veduta di Machu Picchu, sito archeologico inca, non lontano da Cusco, giustamente considerato una delle meraviglie dell’umanità. # Sopra : a sinistra, una veduta della piazza principale di Cu- sco; a destra, due bambini aiutano il padre nella pulitura del grano .

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