Missioni Consolata - Marzo 2013
nestanti. Rimane così colpita dal dramma umano che sta dietro questo tipo di lavoro domestico, che decide di andare in provincia per capire e soprattutto per ten- tare di fare qualcosa. Dato che il console italiano non le consente di andare ad Ayacucho, lei sceglie Cusco, dove inizia a lavorare da sola. Nel 1994, con l’arrivo di Jo- sefina e Ronald, i due primi soci, il progetto si formalizza nella na- scita del «Centro di appoggio in- tegrale per la lavoratrice dome- stica» ( Centro de apoyo integral a la trabajadora del hogar, Caith). Il Caith nasce come luogo di assi- stenza e accoglienza tempora- neo. Ma il fenomeno è più grave di quanto inizialmente pensato. «Capimmo - racconta Vittoria - che il maggior problema era ed è quello delle bambine che lavo- rano in casa. Piccole che possono avere anche soltanto 5 anni! Mo- dificammo quindi lo statuto del- l’associazione per superare il vin- colo della temporaneità e con- sentirle di ospitare le bambine fino all’età di 14 anni. E successi- vamente aiutarle a reinserirsi nel mondo del lavoro». Vittoria racconta un mondo di vera e propria schiavitù. «La bambina non può andare a scuola, non può uscire. Dipende totalmente dalla famiglia in cui lavora. È a disposizione dei suoi membri 24 ore al giorno. Se alle due del mattino, la signora si mette in testa di volere un tè, la bambina si deve alzare, prepa- rare la bevanda e portargliela». Ricorda il caso di una bambina che bussò alla porta all’una e trenta del mattino: « “So che qui date da dormire alle donne che lavorano in casa...”. Faceva im- pressione sentire parlare di donne da lei che era alta un me- tro e dieci e aveva soltanto 8 anni. Raccontò di essere stata licen- ziata alle 11.30 della notte. “Ho cominciato a camminare per le strade e poi mi è venuto in mente che c’eravate voi”». Voi è il «Centro Yanapanakusun» che, dal 2001, ha inglobato il Caith, svariate attività educative, un centro di produzione agricola, e alcuni programmi di turismo responsabile. «COME UNA FIGLIA» In lingua quechua, Yanapanaku- sun significa «aiutiamoci». Un verbo coniugato in vari modi da Vittoria e collaboratori. Ad esem- pio, mandando le ospiti più pic- cole a scuola e le più grandi a la- vorare con un contratto stilato in base ai principi della legge peru- 52 MC MARZO 2013 PERÚ viana sul lavoro domestico 2 e sot- toscritto anche da Vittoria, in qua- lità di direttrice del centro. Ma la strada è lunga. Il ministero del lavoro stima che in Perú ci siano circa 700 mila la- voratori domestici, in gran parte donne ( trabajadoras del hogar ). Di queste almeno 120 mila sareb- bero bambine 3 . A Cusco, dove Vit- toria e i suoi collaboratori lavo- rano, si parla di 5.000 piccole schiave. Il modo in cui una bambina di- venta una lavoratrice domestica è una storia che nasce dalla po- vertà e dallo sfruttamento. «La persona, di solito una donna, va nei villaggi più poveri a cercare le bambine - racconta Vittoria -. Quando ne trova qualcuna, pro- mette a lei e alla famiglia che la manderà a scuola e che la trat- terà come una figlia». La bambina arriva in città, dove - non cono- scendo nessuno - rimane subito isolata dal mondo. Quello nuovo, ma anche quello vecchio. «A volte i genitori vanno a tro-
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