Missioni Consolata - Marzo 2013
MARZO 2013 MC 31 MC ARTICOLI ritorno. Questa sarà la sfida che spetterà ai figli dei primi mi- granti che saranno magari in grado di esplorare e appropriarsi di una terza via, un nuovo modo di essere italiani-macedoni, in Italia, in Macedonia o altrove. EMIGRAZIONE DI PERSONE, IMMIGRAZIONE DI CAPITALI Da sempre le migrazioni presen- tano anche aspetti positivi per i paesi nativi dei migranti. Le ri- messe, infatti, aiutano la crescita del Pil nazionale. La Macedonia, così come altri paesi di emigra- zione, si è resa conto dell'im- menso potenziale delle rimesse e degli investimenti esteri, e ha dato vita a un processo per favo- rire gli investimenti in Macedo- nia. Il governo macedone, ap- poggiandosi a un'incisiva cam- pagna mediatica, ha intrapreso riforme radicali per attirare e orientare gli investimenti da parte degli emigranti, portando la Macedonia a essere uno dei paesi con le tasse più basse in Europa. Ha offerto massicci in- centivi agli investitori stranieri, promosso aree economiche li- bere e si è impegnato in una in- tensiva comunicazione con i sin- goli investitori. Due giovani ma- cedoni incontrati al matrimonio, ad esempio, residenti in Italia dalla fine degli anni '90, ormai perfettamente bilingui e con una conoscenza profonda dei conte- sti italiano e macedone, stavano, proprio nel corso dell'estate, concludendo tutte le pratiche per dare vita ad un'attività di bu- siness transnazionale tra l'Italia e la Macedonia, con installazione di fabbriche e laboratori in Ma- cedonia per la produzione di ma- nufatti da vendere poi sul mer- cato italiano ed europeo. Il futuro della Macedonia e della sue genti è ancora tutto da co- struire, in patria e fuori. Viviana Premazzi Così nel 1992, in seguito alla richiesta della Grecia, l'U- nione europea adotta la «Dichiarazione di Lisbona», che proibisce al nuovo stato, ancora non riconosciuto a livello internazionale, di utilizzare il nome «Macedo- nia». Il 7 aprile 1993, un anno e mezzo dopo la data di proclamazione dell'indipendenza della Repubblica di Macedonia, a causa dell'ostruzionismo greco, il Consi- glio di sicurezza dell'Onu, invece, approva la risoluzione 817, con la quale ammette il paese nell'organizzazione delle Nazioni Unite, ma con la denominazione tempora- nea di Fyrom ( Former Yugoslav Republic of Macedonia ). Skopje, però, non gradisce tale soluzione, argomen- tando l’incongruenza del riferimento alla Jugoslavia, con cui i ponti vanno rotti una volta per tutte, anche a livello lessicale. Nel febbraio 1994 poi la Grecia sotto- pone la Macedonia a un embargo, chiudendo completa- mente i confini comuni. L'embargo è causato dalla deci- sione di Skopje di adottare, come bandiera nazionale, il cosiddetto «Sole di Vergina», simbolo legato ad Ales- sandro Magno. La Grecia protesta anche contro un ar- ticolo della costituzione macedone, nel quale si parla di sostegno e protezione delle minoranze macedoni pre- senti negli stati confinanti. Dopo diciotto mesi di em- bargo, che causa alla Macedonia danni stimati intorno ai due miliardi di dollari, nel settembre 1995 Atene e Skopje firmano un trattato, sotto l'egida dell'Onu, col quale si impegnano a cercare una soluzione mediata alla disputa. Nel trattato, i due paesi non sono citati con i propri nomi costituzionali, ma come «Primo con- traente» e «Secondo contraente». Nell'ottobre 1995, a seguito della modifica della bandiera e dell'articolo con- teso la Grecia riapre le frontiere. Alla fine dello stesso anno i due paesi iniziano dei negoziati bilaterali, sotto il patrocinio delle Nazioni Unite per risolvere la disputa sul nome. All'inizio la Grecia si dichiara assolutamente contraria ad ogni riferimento alla parola «Macedonia» per il possibile nome costituzionale del proprio vicino. Nel corso degli anni, però, questa posizione si ammor- bidisce, e oggi questa possibilità non viene esclusa a priori, anche se si preferirebbe un nome composito. La posizione macedone è, invece, quella di utilizzare una doppia formula: il nome Repubblica di Macedonia nei rapporti col resto del mondo, e di trovare un nome di- verso per i rapporti bilaterali con la Grecia. La Grecia però non è d'accordo, e vuole un nome unico e appro- vato da tutti. Nel corso degli anni, la Macedonia viene riconosciuta col suo nome costituzionale da 120 paesi, inclusi tre membri permanenti del Consiglio di Sicu- rezza dell'Onu, Russia, Cina e, il 4 novembre 2004, gli Stati Uniti. Tuttavia, la questione del nome non è ri- solta e complica, ad esempio, il processo di integra- zione euroatlantica di Skopje. Da parte greca la que- stione si incancrenisce, trasformandosi in motivo di or- goglio nazionale che non può ammettere cedimenti, mentre il partito al potere a Skopje lega le proprie for- tune elettorali alla contrapposizione con la Grecia. A ottobre 2012 però la Commissione europea decide di procedere coi negoziati per l'ingresso della Macedonia nell'Unione Europea anche senza che si sia risolta la di- sputa sul nome, cosa che fino a qualche tempo fa era la soluzione proposta dalla Macedonia. Viviana Premazzi (1) Per approfondire: www.balcanicaucaso.org © Elena Bestetti
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