Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2013

64 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2013 dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina, ma sovente davanti alle chiese donne ve- stite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi o petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti fra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, vio- lenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici, ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade perife- riche, quando le donne tornano dal lavoro. I nostri go- vernanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare fra co- loro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirit- tura, attività criminali. Propongo che si privilegino i lombardi e i veneti, tardi di comprendonio e ignoranti, ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abi- tazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite, e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa relazione, provengono da altre regioni d’Italia. Vi invito a control- lare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupa- zione». Sembra di leggere un comunicato che riflette sentimenti di rifiuto dello straniero, del di- verso presenti in certi ambienti nostrani… È proprio vero che la storia è maestra di vita, ma il più delle volte essa è inascoltata; ai poveracci che,ancora oggi varcano i mari, intraprendendo veri e propri viaggi pericolosi per sfuggire a guerre, violenze, cala- mità naturali o più semplicemente per dare un futuro dignitoso ai propri figli attraverso il lavoro che nei loro paesi non c’è, viene negata quella dignità insita in ogni persona umana, creata a immagine di Dio, e que- sto dovrebbe far riflettere. Ieri io, Francesca Saverio Cabrini, insieme a donne che non avevano paura di affrontare prove e sacrifici, ho cercato di dare una risposta ai segni dei tempi, oggi mettetevi in gioco pure voi, le occasioni non man- cano. Buon lavoro ragazzi. Don Mario Bandera - Direttore Missio Novara Con la lingua come te la cavavi? Oltre all’inglese, imparai anche lo spagnolo e gestico- lavo una miriade di dialetti italiani per poter comuni- care con la gente della mia terra, che a mala pena sa- peva parlare l’italiano; ma nel 1909 proprio per affer- mare la mia inculturazione nel nuovo continente, presi la cittadinanza americana. Le tue iniziative benefiche e le tue opere cari- tative, ben presto si svilupparono e divennero dei punti di riferimento importanti per i nostri connazionali… Certamente. E mi è caro sottolineare che, dal punto di vista economico, mettevamo al primo posto l’autoge- stione delle opere aperte, grazie agli aiuti che ci veni- vano dati, oltre a una piccola quota, imposta a quanti tra i beneficiari lavoravano, per il buon funzionamento di quanto avevamo realizzato per loro. Immagino che la vostra azione avesse molte- plici sfaccettature, così pure le iniziative dove- vano essere diversificate per rispondere alle differenti esigenze legate ai problemi dell’im- migrazione. Ti dirò, la cosa più importante era dare ai nostri con- nazionali la possibilità di esprimersi nella lingua del paese che li aveva accolti, per cui proponevamo inces- santemente corsi di lingua inglese, davamo assi- stenza burocratica ai nuovi arrivati e curavamo la cor- rispondenza con le famiglie di origine rimaste in Ita- lia. Cercavamo poi di raggiungere i più emarginati e lontani logisticamente, visitare gli infermi e quelli che finivano in carcere. Certo che per gli americani dell’Ottocento ve- dersi arrivare queste migliaia (col tempo mi- lioni) di disperati dall’Italia non doveva essere una cosa facile da ingoiare, seppur bisognosi di mano d’opera, covavano in animo senti- menti di antipatia e avversione non indiffe- renti, o sbaglio? Guarda, ti rispondo facendoti leggere una relazione dell’ispettorato per l’Immigrazione del Congresso de- gli Stati Uniti d’America del 1912 che dice così: «Generalmente sono di piccola sta- tura e di pelle scura. Non amano l’ac- qua, molti di loro puzzano anche per- ché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono ba- racche di legno e alluminio nelle peri- ferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvi- cinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si pre- sentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci, venti. Tra loro parlano lingue a noi in- comprensibili, probabilmente antichi 4 CHIACCHIERE CON... # Santa Francesa Saverio Cabrini visita un’ammalata (da una vetrata della chiesa cattolica di San Giuda a Hopatcong, NJ, Stati Uniti).

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