Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2013
L’élite araba non è più democratica dei despoti contro cui combatte. Faccio due esempi: il nazionalismo arabo - baathismo e nasserismo - ha represso la democrazia; i movimenti islamici hanno fatto lo stesso imponendo la shari’a , la legge islamica. Noi, come en-Nahda, non rite- niamo che sia una priorità l’islamizzazione della società, quanto piuttosto la sua democratizzazione. Non ab- biamo dubbi: dobbiamo difendere le libertà e i diritti. Ma sappiamo che il processo democratico può durare molti anni. Per noi non c’è libertà senza democrazia, non c’è futuro senza democrazia, non c’è islam senza democrazia. Ciò che ci distingue dai modernisti è il fatto che loro subordinano la democrazia alle libertà, e dai sa- lafiti è che loro subordinano la democrazia all’Islam. Noi riteniamo che la via democratica sia quella più breve e meno costosa, ma non intendiamo la democrazia greca che escludeva le donne e gli schiavi. Non ci piace la de- mocrazia del capitale o quella della maggioranza cui il resto della popolazione deve essere subordinato. Vo- gliamo una democrazia dell’alternanza, che tenga conto di tutta la società». Come reagisce il governo tunisino nei confronti degli attacchi perpetrati da estremisti salafiti ai danni di minoranze religiose? «Nel nostro paese non abbiamo problemi tra sunniti e sciiti: questo è un conflitto importato dall’Oriente arabo. Dal momento che viviamo nello stesso spazio, quello che succede inMedio Oriente ha ripercussione su di noi e viceversa. Dopo la rivoluzione tutte le componenti della società tunisina, compresi i salafiti, hanno avuto il diritto di esprimersi. Come movimento en-Nahda al go- verno, li incoraggiamo a uscire dalla clandestinità, ma, allo stesso tempo, a rifiutare la violenza e a rispettare i diritti degli altri. I salafiti considerano lo sciismo un pe- ricolo per l’unità nazionale e la sicurezza del paese, ma ciò rappresenta un’esagerazione. La società tunisina è omogenea e la differenza di punti di vista e di ideologia non minaccia affatto l’unità, mentre la violenza è ben più grave del pluralismo ideologico e politico. Dobbiamo dunque essere uniti contro la violenza da qualunque parte provenga». Qual è il peso del salafismo inTunisia? «Non ci sono elementi esterni in Tunisia. I salafiti rice- vono appoggio politico da parte di alcune associazioni o personalità del Medio Oriente e del Golfo. Sono i media e le prediche degli ulema salafiti del Golfo a influenzare una parte della gioventù tunisina, perché nell’era di Ben Ali l’islamismo era escluso dalla vita politica e questo ha creato un vuoto che è stato riempito da un discorso reli- gioso e ideologico che non si combina con la realtà tuni- sina. Durante il regime, non c’era rispetto per le libertà religiose e i discorsi religiosi erano poco credibili e a fa- vore del potere politico. Erano parte della propaganda politica ufficiale, mentre le persone volevano sentire la verità e lo spirito della religione musulmana trasmessi da gente degna. Quello che succede ora è il frutto di anni di regime di Ben Ali. Oggi c’è una libertà illimitata in Tunisia e quindi tanti gruppi, salafiti compresi, pensano di fare ciò che vogliono, anche imporre la loro visione e legge a GENNAIO-FEBBRAIO 2013 MC 45 detrimento degli altri. Il governo vuole prima di tutto garantire la libertà di tutti, dato che è una conquista della rivoluzione, e allo stesso tempo salvaguardare il Paese dall’anarchia, trovando un equilibrio tra rispetto della legge e garanzie di libertà». Veniamo ora all’articolo 28 dellaCostituzione e alla questione della «complementarietà» tra uomo e donna che ha suscitato tanto scalpore inEuropa. Di cosa si tratta? «La polemica sull’articolo 28 è nata dai media. Non è vero che esso riguarda i diritti delle donne. Fa riferi- mento al diritto di famiglia, all’interno del quale viene ri- conosciuto il ruolo complementare della donna e del- l’uomo. Gli articoli 21 e 22 parlano invece dell’ugua- glianza tra i due sessi. L’art. 21 spiega che tutti i cittadini sono uguali e condanna la violenza contro le donne e la discriminazione. En-Nahda difende il codice del diritto della persona stabilito nel 1959 durante il regime di Bourguiba. La Tunisia non può tornare indietro, ma solo andare avanti». Qual è la posizione delle donne nel nuovo governo? «Penso che il problema della donna in Tunisia non sia legislativo, ma culturale e sociale: esso ha a che fare con la mentalità. Molte conquiste sono state realizzate a fa- vore della donna e non sono un regalo di nessuno, ma un risultato della lotta della donna tunisina per essere uguale all’uomo e per preservare i suoi diritti. In Tuni- sia c’è sempre una volontà politica per conservare tali conquiste, ma nessuno può rimpiazzare la donna nella difesa dei propri diritti. Gli intellettuali tunisini devono combattere la mentalità che ritiene che la donna non sia uguale all’uomo o che lei sia la responsabile di problemi sociali come la disoccupazione. La partecipazione della donna alla vita politica ed economica è sostanziale. Pos- siamo dire che sia aumentata, ma non è ancora al livello delle aspirazioni delle donne. Quindi c’è molto lavoro da fare. Nell’ambito dell’assemblea costituente ci sono 49 donne e 42 sono di en-Nahda. Come movimento ab- biamo l’onore e l’onere di essere difensori e avvocati della donna tunisina che ha partecipato alla rivoluzione, e non solo dell’intellettuale ma anche di quella rurale che combatte ogni giorno per migliorare le condizioni di vita sue e della sua famiglia». Qual è la sua opinione sulla guerra civile inSiria e sulla richiesta di una parte dei ribelli di far interve- nire laNato? «En-Nahda è contro ogni intervento esterno nei paesi arabi, ma siamo a favore del popolo siriano che si rivolta contro il regime di Assad. Sappiamo che sulla Siria con- vergono enormi interessi geo-politici. È nostro dovere morale ed etico sostenere le rivendicazioni della popola- zione siriana». • A destra : arrivo di migranti al confine tra Libia e Tunisia. Pagina precedente : bandiere nazionali a Tunisi. © Kate Thomas / IRIN MC POTERE ISLAMICO
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