Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2013
40 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2013 OSSIER Paradossalmente, dunque, in quest’epoca di «scontro di civiltà», i nemici della corrente maggioritaria del- l’Islam non sono le politiche di conquista americane e israeliane, sempre più sottili e incisive, che stanno mettendo sottosopra il Vicino e Medio Oriente e la Palestina, o la deriva neosalafita che proietta indie- tro di secoli il mondo musulmano, ma i loro fratelli/antagonisti «eretici». Della fitna (prova, litigio, scontro, fino al significato di guerra civile) contemporanea, scaturita all’interno del mondo islamico, fanno parte il conflitto media- tico, politico e militare, in corso contro il regime si- riano e quello ipotizzato contro l’Iran. Questa risiste- mazione di alleanze tattiche e strategiche include la decisione dell’ottobre 2012 dell’Ufficio politico di Ha- mas, la cui sede era a Damasco fino a pochi mesi prima, di schierarsi ufficialmente contro il governo di Assad, attirandosi molte critiche. Non è estraneo certamente a tale scelta radicale del movimento di resistenza islamica il fatto che ora sia ospite del ricco e potente (e interferente) Qatar. Che in Siria ci sia bisogno di risolvere urgentemente la crisi in corso ormai da un anno e mezzo, e con strumenti interni e non esterni, è evidente, ma che la strategia «atlantica» scelta da Hamas sia vincente è tutto da vedere. La lacerazione intra-islamica è stata (momentanea- mente) ricucita durante l'operazione di guerra israe- liana contro la Striscia di Gaza (14 - 21 novembre 2012), che ha visto gran parte del mondo arabo e mu- sulmano unito a sostegno dei palestinesi bombardati del regime di Tel Aviv. Dal punto di vista concreto, da parte araba c'è stato ben poco, ma le prese di posi- zione e il vortice di riunioni, incontri e pressioni ha indubbiamente giocato a favore di una tregua. LA POSTA IN GIOCO In tutto questo complicato, contraddittorio e nebu- loso risiko, dove le ribellioni accreditate ufficial- mente sono quelle mediterranee e vicino-orientali (con altre, altrettanto importanti, lasciate in disparte o misconosciute, come quelle in Bahrain, Arabia Sau- dita, Yemen), la posta in gioco sono la Palestina, la Si- ria e l’Iran. Tutte e tre strategicamente fondamentali per le politiche neo-imperialiste e per le aspirazione H aytham Manna, presidente all’estero del Coordina- mento per il cambiamento democratico (Cnccd, me- glio noto come « National Coordination Body », Ncb), ha dichiarato: «La rivolta siriana è da considerarsi come parte delle sollevazioni arabe. Con una differenza rappre- sentata dal ruolo del paese come bastione delle resistenze antimperialiste. Le posizioni del Cnccd sono incentrate sul “no” all’intervento straniero nella crisi. Una posizione dia- metralmente opposta a quella assunta invece dal Consiglio nazionale siriano (Cns) favorevole all’intervento». Per Haytham Manna la guerra civile è il frutto sia dell’in- transigenza del regime sia dell’intervento dei salafiti nel conflitto. L’8 agosto 2011, ha ricordato, ci fu il passaggio dalla rivolta pacifica a quella violenta: il primo ingresso dei salafiti sulla scena politica siriana. E fu un attacco alla posizione del Cnccd (quella dei «tre no»: all’intervento straniero, alla guerra civile, al settarismo religioso). I salafiti dissero che i «tre no» sostenevano il regime di As- sad e dovevano essere sostituiti da tre sì: all’intervento esterno, alla lotta armata, alla lotta contro le minoranze, contro i « kuffār » (i miscredenti) e quindi guerra settaria e fitna . Ma la cosa ancora più significativa è che ai tre sì si ag- giungeva la volontà di «riconciliazione» tra l’Islam e l’Occi- dente. Per i salafiti lo slogan era: «Il sangue dei sunniti è uno». Si trattava di un gruppo minoritario, cui è stato dato molto risalto dai media arabi del Golfo, e ciò ha favorito la loro espansione nel mondo arabo. Manna ha anche ricordato il complesso mosaico siriano, co- stituito da 26 componenti - religiose, nazionali ed etniche - e che oggi lo scontro è più un conflitto internazionale che in- terno, visto il peso delle interferenze straniere. Egli ha de- nunciato il ruolo delle emittenti del Golfo («al Jazeera» e «al Arabiya») nel presentare la rivolta come esclusivamente sunnita. Secondo Manna, nessuno dei mezzi di informazione del Golfo parla di ciò che il Coordinamento fa per aiutare il po- polo siriano e del fatto che all’interno dell’opposizione ci sono sunniti, alawiti, sciiti, cristiani, ismailiti. E ha ricordato che lui è il presidente del Cnccd all’estero e che ha tre vice (uno curdo, uno sciita e un druso), mentre nella direzione ci sono tre cristiani. Invece le emittenti del Golfo vogliono se- gnalare che la rivolta è soprattutto sunnita, istigando la guerra settaria, omettendo di spiegare che sono rappresen- tate tutte le etnie e le minoranze del paese. Questa propa- ganda, ha sottolineato, favorisce la guerra e impedisce ogni tipo di soluzione politica del conflitto, perché lo pone come settario. «Abbiamo tre rappresentazioni della Siria: virtuale (la Rete), formata da 200 persone che fanno credere di guidare la rivolta; mediatica , media pro-governativi e anti-governa- tivi (del Golfo) che non danno un’immagine esatta della realtà; e reale : la realtà vera e propria. Quando abbiamo lan- ciato una proposta di cessate il fuoco, tutte le parti hanno ri- fiutato». Per Manna la natura fondamentale della rivolta non è di tipo confessionale: «Se le milizie salafite fossero davvero così forti, come dicono, perché fanno arrivare combattenti dall’e- sterno?». A suo avviso la percezione comune dei siriani è: o si riuscirà a vivere insieme o si perirà tutti insieme. A questo proposito ha citato il caso di Aleppo, dove la popolazione della città non ha accolto con favore né le milizie né l’esercito di Assad. «Bisogna distinguere tra lo stato (al cui interno vi sono tante persone oneste) e il regime. Una distinzione che non fanno i Fratelli musulmani, che rappresentano la maggioranza del Cns. Un’incapacità di distinguere che deriva anche dal fatto che i dirigenti della Fratellanza vivono tutti all’estero dopo la forte repressione che li colpì negli anni ’80. La transizione dovrà implicare necessariamente una qualche forma di con- tinuità con lo stato, non con il regime. Estremisti ciechi nel- l’opposizione stanno cercando di fermare ogni relazione con gli apparati dello stato, cercano la distruzione. Sono loro che con le loro posizioni estremiste fanno sprofondare la Siria in una guerra civile». Secondo Manna, il negoziato e il compromesso sono l’unica soluzione. Dialogo, dunque, con tutte le forze, ad eccezione di quelle che rispondono a potenze esterne alla Siria. • SIRIA 1 / LA GUERRA E LA REALTÀ VIRTUALE A destra : una via deserta di Aleppo, in Siria.
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