Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2013

sono state presto utilizzate all’interno di un piano di «Nuovo ordine del Medio Oriente». Stiamo parlando della seconda fase del progetto ini- ziato a fine anni ’90 e passato attraverso la tragedia delle Torri Gemelle e delle guerre in Afghanistan e Iraq, e ora, appunto, attraverso il dirottamento e la manipolazione delle «Primavere». Gli Usa non pote- vano, infatti, continuare a dominare il Mediterraneo e la regione mediorientale usando solo l’arma dell’is- lamofobia, come avevano fatto nel decennio prece- dente: l’amministrazione Obama, definita «islamo- fila» dai suoi avversari repubblicani e neo-con (si ri- cordi il discorso del neo-eletto presidente americano al Cairo, il 4 giugno del 2009: reperibile su YouTube ), aveva ora bisogno di cooptare le leadership dei movi- menti islamici (dati per vincenti nelle elezioni dei vari paesi) e i dirigenti musulmani in Europa. Incontri ufficiosi, poi divenuti ufficiali, con la Fratel- lanza musulmana erano in corso già da tempo, e si sono infittiti durante le rivolte. Per quanto riguarda, invece, le diverse organizzazioni del neosalafismo, dalla creazione di al-Qaida (durante la guerra fredda con l’Unione Sovietica) in poi, esse sono sempre state funzionali alle politiche statunitensi nel mondo islamico. Nella Libia devastata dal colpo di stato contro il dit- tatore Gheddafi e dalla guerra tra bande attualmente in atto, il caos politico e la mancanza di una leader- ship riconosciuta, nel bene o nel male, da tutta la po- polazione, sono le orde qaediste, cioè quell’accozza- glia di jihadisti di mestiere, ad aver davvero guada- gnato: esse sono state sdoganate e ora scorrazzano felici (prima c’erano, ma erano meno liete, in quanto contenute e spesso perseguitate) in varie regioni africane ( si veda in Mali, come ben spiegato nel dos- sier MC di novembre 2012 ), seminando distruzione, GENNAIO-FEBBRAIO 2013 MC 37 aggredendo cristiani e minoranze religiose islamiche (sufi e sciiti, ad esempio) e radicando fobie ignoranti. L’amministrazione statunitense, con i suoi tanti think tank ed esperti, ha saputo cogliere l’onda di cambia- mento delle piazze arabe e ha scaricato i vecchi amici, i dittatori tunisino e egiziano, ormai impresen- tabili e troppo compromessi, e ha stretto alleanze tattiche con la Fratellanza musulmana e i suoi al- leati/concorrenti salafiti. In Egitto, all’inizio della rivolta, i Fratelli erano rima- sti in disparte, a osservare i giovani e le forze politi- che laiche, di sinistra e liberali, manifestare nelle piazze contro Mubarak e il suo sistema corrotto. Solo in un momento successivo si sono uniti alla lotta popolare, sapendo di avere le carte giuste per ascen- dere al potere, dopo anni di persecuzioni. I salafiti, invece, avevano avversato le ribellioni, in quanto «sovvertitrici di un ordine costituito», per poi cavalcarle, come gli altri, fino a goderne i frutti poli- tici e parlamentari. NEOLIBERISMO IN SALSA ISLAMICA L’Occidente neoliberista ha intravisto nei movimenti islamisti (collocati nella «lista nera») degli alleati tat- tici per ridisegnare il Mediterraneo e il Medio Oriente. Con i nuovi interlocutori c’è, infatti, una co- munanza di vedute a livello religioso fondamentalista ed economico: i Fratelli musulmani apprezzano la dottrina economica del capitalismo neo-liberista, rappresentando gli interessi di una potente borghe- sia medio-alta, costituita da industriali, professioni- sti e commercianti. Infatti, uno dei primi passi pub- blici del milionario Khairat al- Shater, capo dell’uffi- cio economico dei Fm e tra i fondatori del partito «Giustizia e Libertà» arrivato al potere in Egitto, è stato di rassicurare Usa ed Europa sulla loro agenda economica neo-capitalista e di libero mercato, in quanto «unico modello» per garantire una veloce crescita del paese. Dunque, non si tratta di rivoluzio- nari, come ritiene la vulgata. Seppur nati come movimento di riforma religiosa e sociale, molto attento ai bisogni dei ceti più deboli, che hanno sempre sostenuto attraverso politiche di assistenza sociale radicata capillarmente sul territo- rio (sia in Egitto sia in Palestina sia in altre nazioni), i Fratelli hanno consolidato, negli ultimi decenni, la loro base politica tra la ricca borghesia religiosa con- servatrice. Distribuendo servizi fondamentali – sco- lastici, assistenziali, sanitari, alimentari – e catechesi islamica, a una massa di poveri senza speranza, hanno ottenuto negli anni un appoggio politico ed elettorale rilevante. CHI VUOLE LA GUERRA ALL’IRAN La nuova fase della politica statunitense verso il mondo musulmano non deve, però, trarre in inganno: l’alleanza tra Usa e islamismo è solo tattica. C’è una strumentalizzazione reciproca e consapevole. I movi- menti islamisti, a partire dalle rivolte arabe, e so- prattutto con le guerre in Libia e Siria, stanno usando la forza militare occidentale (Stati Uniti, MC POTERE ISLAMICO © Obinna Anyadike / IRIN A sinistra: proteste antigovernative a Sana’a, capitale dello Yemen.

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