Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2013

DITTATORI, ISLAMOFOBIA, ALLEANZE Proprio osservando gli sviluppi di ciascuna protesta popolare araba, ci si sta accorgendo di come il vento del cambiamento abbia fatto veleggiare speditamente una nave con a bordo islamisti (Fratelli musulmani e «neosalafiti»), Stati Uniti, Israele, Qatar e Arabia Saudita. Tutti e quattro, questi ultimi, sostenitori a vario livello del fondamentalismo islamico, in quanto strumentale ai loro progetti di destabilizzazione e ri- definizione del Vicino e Medio Oriente. Sebbene l’Occidente in generale, e in particolare gli Stati Uniti, siano stati colti di sorpresa dalle rivolte arabe, poiché non previste in tempi così brevi, esse OSSIER ANALISI CRITICA DELLA SITUAZIONE FRATELLI MUSULMANI, FRATELLI DI POTERE DI A NGELA L ANO L e «Primavere arabe», definizione sentimentale, e poco realista, hanno deluso le aspettative dei loro stessi promotori, i giovani, e si sono presto trasformate in «Autunni» o, peggio, in «Inverni». Esse sono nate dalle spontanee ribellioni di masse giovanili esasperate da corruzione, clientelismo, di- spotismi di presidenti a vita (sostenuti dall’Occi- dente) e di caste arabe dure a morire: un’onda ten- denzialmente sovvertitrice di un «sistema tribale» (malattia endemica del mondo arabo), partita dalla Tunisia e - con effetto domino - arrivata fino in Bah- rain e Arabia Saudita. Tuttavia, prive di un’ideologia e di una strategia politica tali da permettere loro di essere definite «rivoluzioni» e di un sostegno econo- mico capace di farle competere, in campagna eletto- rale, con i potenti mezzi dei movimenti islamici, le «Primavere» sono state sopraffatte da questi ultimi. In queste pagine, proveremo a ripercorrere e inter- pretare i fatti e le situazioni ( tutte le Fonti a pag. 41 ). LE RIVOLTE NON SONO TUTTE EGUALI Ogni rivolta ha dinamiche ed esiti differenti: quelle in Tunisia ed Egitto, autentiche sollevazioni popolari di massa, non sono paragonabili alla libica. Per questa si è infatti trattato di un golpe pilotato dalla Nato in col- laborazione con gruppi di oppositori al regime di Muammar Gheddafi residenti all’estero, con merce- nari al servizio degli Usa e jihadisti e qaedisti al soldo dell’Arabia Saudita. Per la Siria, con maggiori difficoltà di riuscita, almeno finora, la strada che si sta seguendo è la stessa della Libia. Sebbene nata come opposizione non-violenta di una parte della popolazione al lungo regime degli As- sad, la rivolta si è presto trasformata in uno scontro armato e cruento tra l’esercito regolare governativo e un insieme di forze variegate (oppositori locali, mer- cenari, jihadisti di professione assoldati da forze stra- niere) pronte a tutto. Un’altra storia sono, infine, le ri- bellioni in Bahrain e Arabia Saudita, volutamente di- menticate dai media, perché contro regimi «amici» e finanziatori delle altre «Primavere», e quella nello Ye- men. Le cosiddette «Primavere arabe» si sono trasformate in «Autunni» o addirittura in «Inverni» (come dimostrano le proteste egiziane di fine 2012). I veri vincitori non sono le masse giovanili, ma i movimenti organizzati attorno alla «Fratellanza musulmana» e ai «neosalafiti». Con alcuni protagonisti più o meno occulti: Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Israele e Stati Uniti. E una serie di rivolte «non accreditate» (Bahrain, Arabia Saudita, Yemen) né dalla comunità internazionale, né dai media. 36 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2013

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