Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2013

di Gigi Anataloni EDITORIALE GENNAIO-FEBBRAIO 2013 MC 3 Ai lettori COSTRUTTORI DI PACE M i sarebbe tanto piaciuto poter cominciare questa pagina con una bella citazione del messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace 2013 (che viene ben ricordato in Amico), ma non è stato possibile perché il testo ufficiale viene pubblicato mentre noi siamo già in stampa. Questo però non impedisce di parlare di pace. Anzi, se ne deve parlare, scrivere, discutere e si deve agire sempre più, senza aspettare la benedizione dei di- scorsi ufficiali. I costruttori di pace hanno la vita dura. Lo scoraggiamento è sempre alle porte, perché sembra che la natura umana voglia la pace solo a parole, mentre nei fatti investe più facilmente le sue energie nella «guerra». Ho visto lo sconforto e la delusione sulla faccia e nel cuore del vescovo di Maralal, mons. Virgilio Pante, lo scorso novembre. Se c’è una persona che ha investito tutte le sue energie per la pace è proprio lui ( vedi MC 12/2012, p. 67 ). Da quando è vescovo, in undici anni, ha sempre lavorato, dialogato, viaggiato, sudato, danzato, bevuto tè a fiumi, mangiato carne at- torno al fuoco durante incontri interminabili con anziani e giovani, ha pregato, celebrato, implo- rato, è stato pellegrino e nomade, è sceso nelle valli e salito sulle cime dei monti... per far cre- scere la pace nella sua martoriata diocesi dove, dal 1996, sembrano inutili tutti gli sforzi. Era il 13 novembre, quando una notizia, che ha appena sfiorato i nostri media, l’ha raggiunto a Torino dove si trovava per motivi di salute: ancora morti a Baragoi, oltre 40 soldati uccisi in un’imbosca- ta dai razziatori di bestiame nella Suguta Valley, la caldissima e inospitale valle della morte. Quello di monsignore era lo stesso scoraggiamento che ha fatto rimanere senza parole i missio- nari che lavorano in quell’area e il coordinatore dei programmi di riconciliazione e pace della diocesi: anni di lavoro paziente andati in fumo per un’operazione di polizia istigata da politicanti arrivisti e male organizzata da comandanti incompetenti. Il tutto - ufficialmente - per recuperare 480 vacche rubate dagli «altri». Non è stata la paura a zittire i missionari, ma la durezza dei cuo- ri e l’assurdità dei giochi di potere che usano la gente spietatamente mimetizzando il tutto dietro belle parole. Risultati ottenuti: oltre 60 morti, villaggi abbandonati, fame e insicurezza, decaden- za di strutture sociali e statali, aumento dell’odio tra le comunità, gente in fuga a riempire le già congestionate periferie di Maralal e Isiolo, rifugi insicuri di tanti disperati. O ccorre ricominciare da capo. Come deve ricominciare, dopo un ennesimo disastroso flash flood , quell’altro grande costruttore di pace che è fratel Argese, l’uomo che per garantire quel bene indispensabile che è l’acqua, a ottant’anni, continua a lottare con pazienza e te- nacia contro avversità naturali e avidità e imbrogli umani ( vedi a p. 29 ). Tentati dallo scoraggiamento, ma senza mollare mai. Uomini e donne che in ogni parte del mon- do sono segno, strumento e fermento di pace. Uomini e donne che, innamorati di Cristo, lo ama- no nei più abbandonati, schiavizzati e oppressi del mondo, siano essi i pigmei a rischio sfratto per la semplice colpa di trovarsi su terre ricchissime di minerali pregiati, o gli indios difensori di un modo di vivere alternativo, oppure le minoranze etniche e religiose schiacciate dai fondamen- talismi e dai giochi di potere dei grandi; si tratti di bambini condannati a non nascere, di donne vittime della tratta per l’insaziabile mercato del sesso o di disperati che emigrano per ragioni politiche ed economiche, o di chiunque intralci progetti megaeconomici: città turistiche, dighe, centrali, agrobusiness e bioenergia, fabbriche sottocosto che dir si voglia. Sono questi uomini e donne che non cercano premi e riconoscimenti, ma che aborriscono la logica degli F-35, il proli- ferare delle armi, il ricatto dei mercanti di morte, i tagli che si accaniscono su chi ha già meno del necessario, la crescita economica che moltiplica gli sfruttati, l’uso diseguale delle risorse. Uomini e donne che sanno guardare avanti, con un’inguaribile fiducia nell’uomo, proprio perché hanno fede nel crocefisso e risorto Signore della Pace. Imitandolo, con la loro testimonianza, an- nunciano: «Stiamo in piedi, alziamo la testa, perché la nostra liberazione è vicina» (cf. Lc 21,28). Beati voi quando vi perseguiteranno.

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