Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2013
Martelly vuole fare di testa sua, ma su molti piani non è efficace, non riesce a dare risposte ai pro- blemi. La corruzione dilaga. Le persone che sono al potere, prima di tutto vogliono guada- gnare molti soldi. Al di là di met- tere in piedi dei programmi di ri- costruzione o sviluppo. Ho raccolto testimonianze sul fatto che nell’esecuzione di un progetto governativo, come quelli per la costruzione di case, occorre prevedere un 30% in più per commissioni varie. Inoltre lo stato acquista servizi da persone nelle aree di in- fluenza del presidente e della sua famiglia. È scoppiato uno scandalo perché sono stati attri- buiti lavori di ricostruzione per 400 milioni di dollari a imprese che sono in buona parte del se- natore dominicano Bautista. Il fatto è che i lavori sono stati dati senza alcuna gara d’appalto o controllo. E questo accompa- gnato con buone dosi di tangenti. Martelly avrebbe ricevuto soldi da Bautista durante la campa- gna elettorale, ma anche dopo aver prestato giuramento come presidente. Tutto ciò resta nel- l’impunità totale». Lo Stato sta mettendo in opera dei programmi per migliorare le condizioni di vita della gente? «Un primo problema nella messa in opera dei programmi è la corruzione e il clientelismo. Questo fa sì che i beneficiari fi- nali non siano numerosi, ma di- ventino quasi il pretesto per fare il progetto. L’altro aspetto è l’orientamento dei progetti realizzati. Sono im- postati per migliorare la situa- zione nel breve termine ma non hanno un impatto sociale dure- vole. È il caso dei programmi so- ciali governativi orientati alle fa- miglie. Alcuni si ispirano ai pro- grammi brasiliani contro la fame, ma ad Haiti sono gestiti dalla presidenza ed è più un modo per acquisire seguaci. È difficile capire quali sono le realizzazioni e verificare i risul- tati di ogni programma. Ce ne sono cinque o sei che fanno la stessa cosa: per ridurre la fame danno cibo alla gente. Si tratta di fondi multilaterali, ovvero di cooperazione tra stati, e altri del tesoro pubblico. Ci sono ancora i progetti di emergenza a tre anni dal sisma? «L’umanitario è sempre pre- sente ad Haiti. Ci sono, da un lato, le agenzie dell’Onu, che tentano di lavorare con il go- verno, e dall’altro le Ong che fanno i loro programmi. I pro- getti di emergenza hanno un li- mite: lavorano sull’immediato, sulle conseguenze di un insieme di problemi, ma non sulle loro cause. Purtroppo neppure il governo ha messo in piedi un meccanismo per attaccare queste cause. Ad esempio gli interventi su ba- cini versanti, la pulizia dei canali, la riforestazione non sono stati fatti. Così arrivano gli uragani come Sandy e causano morte e distruzione. Le sfide della situazione haitiana attuale sono tante, e allo stesso tempo, la gente che ha votato Martelly vorrebbe vedere qual- che segno di miglioramento. Ma non c’è nulla che si manifesta in questo senso, se non la comuni- cazione. Vedo quindi una certa disillusione in una parte dell’e- lettorato di Martelly. Mentre altri continuano a difenderlo strenua- mente. Poi ci sono gli oppositori che lo criticano alla radio e gli fanno perdere consensi. Alcuni analisti sostengono che il presi- dente non vuole le elezioni adesso perché ha paura di per- dere. Mentre lui vuole avere tutti i dieci posti da senatore e tutti i sindaci». GENNAIO-FEBBRAIO 2013 MC 27 MC ARTICOLI mata una forza di polizia capace in Haiti. La comunità internazionale vuole che i termini delle elezioni siano rispettati: un presidente sia eletto e sia al potere fino alle prossime elezioni. Il resto non è un suo problema. Secondo loro un susseguirsi di elezioni por- terà alla stabilità, anche se le gravi questioni degli haitiani per- mangono irrisolte. Se Martelly non riesce a calmare la situazione, allora loro inter- vengono per dirgli cosa fare. Ad esempio Usa, Francia e Unione europea vogliono sia formato il Cep, nella logica della stabilità. Quindi sono intervenuti e hanno fatto pressioni. La Minustah ha detto che il Parlamento si deve sbrigare a nominare i tre mem- bri di sua competenza. La comu- nità internazionale vuole che le istituzioni esistano, per loro è un criterio importante di stabilità». La situazione rischia di esplo- dere a livello sociale? «Il movimento sociale organiz- zato non è forte, ma l’espres- sione del rifiuto, a livello sociale, inizia a farsi vedere. Questo è sfociato nella serie di manifesta- zioni in diverse città del paese, contro il carovita, la corruzione, il traffico di droga. Fenomeni in aumento. Abbiamo assistito a manifesta- zioni organizzate, ma non c’è dietro necessariamente una struttura sociale forte. Sono dei movimenti di protesta che si or- ganizzano. Un’esplosione non è da scartare. © Alessandra Tarantino / AFP
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