Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2013
scinato sia dal punto di vista in- tellettuale che umano. Qualche anno dopo questi eventi, riuscii a farmi mandare in Perú». Oggi padre Carlo lavora nel di- partimento di Ucayali, nella zona centro-orientale del Perù, al con- fine con il Brasile. Ha una parroc- chia nella cittadina di Bolognesi, provincia di Atalaya. Tuttavia, egli si descrive come un «missionario itinerante». «La maggior parte della mia quo- tidianità la passo andando di co- munità in comunità. E ciò mi im- pedisce di avere una équipe pa- storale, con la quale sarebbe dif- ficile muoversi. C’è stata anche DA GUSTAVO GUTIÉRREZ AGLI INDIOS «Erano gli anni Settanta ed io - racconta padre Carlo - ero un giovane di belle speranze dentro il contesto della Chiesa. Ci fu un terremoto devastante, che fece oltre 80 mila vittime. Io però co- minciai a interessarmi di Perú non soltanto a causa di quel tra- gico evento, ma anche perché vi operava una Chiesa che faceva un cammino molto interessante, ca- peggiata dal vescovo di Chimbote, mons. Bambarén 1 . A Chimbote c’erano le prime conferenze di Gustavo Gutiérrez sulla teologia della liberazione 2 . Io ne ero affa- una circostanza scatenante che mi ha fatto pendere per questo stile di vita. È stato quando ho co- minciato a seguire un gruppo di indios – un sottogruppo di Nahua - che erano stati cacciati dai luo- ghi dove vivevano da un’invasione di madereros (tagliaboschi). Il mio primo contatto è stato invece - era il 1995 - con gli indigeni della famiglia asháninka del Basso Urubamba e del Tambo. Da allora ho scoperto che io po- tevo dare senso alla mia vita di missionario e di uomo sposando la causa indigena». Per raggiungere i diversi villaggi, si muove specialmente via lancia o canoa, percorrendo il grande Ucayali e i suoi affluenti. Oltre che con gli Asháninka, padre Carlo lavora con gli Shipibo-Co- nibo, ma ha contatti anche con gruppi di Yaminahua, Amahuaca e Cashinahua. Spesso, almeno per le persone estranee alla tematica, gli indi- geni sono un’entità unica e omo- genea. Non è così. «Quello indigeno - spiega il mis- sionario - è un mondo di straordi- naria ricchezza e varietà. Tutta- via, esiste una matrice comune che lo attraversa e che lo rende differente dal nostro Occidente. Il mondo indigeno non prevede un’esistenza fatta di accumula- zione di beni. In secondo luogo, noi occidentali, a partire dalla cultura greca e dalla filosofia so- cratica in particolare, abbiamo di- GENNAIO-FEBBRAIO 2013 MC 11 © Annalisa Iadicicco-Marlon Krieger © Annalisa Iadicicco-Marlon Krieger
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