Missioni Consolata - Dicembre 2012

DAI LETTORI DICEMBRE 2012 MC 5 siti (vicino alla mia abita- zione); vorrei, per vari motivi mantenere l’anonimato, è possibile? Come posso fare? Tante grazie e saluti. M. Vitali Email 01/09/2012 Abbiamo passato la sua richiesta alla nostra e- sperta, che ha così rispo- sto. «Penso sia difficile fare questo tipo di denun- cia alle autorità compe- tenti in forma anonima, tuttavia credo sia possi- bile, una volta fatta la de- nuncia, chiedere che il proprio nominativo non venga divulgato. So che è possibile agire in tal sen- so, quando si fa una se- gnalazione alla polizia municipale». (Rosanna Novara Topino) MUSEO DELLA CONSOLATA Leggo il bell'articolo di Massimo Ruggero sul museo degli Akotara, nel numero di agosto-set- tembre. E mi viene subito in mente che in tanti anni non avete mai parlato del museo dei missionari della Consolata di Corso Ferrucci a Torino, che è un giacimento culturale di prima grandezza. Anzi, per quel che riguarda il materiale africano, se- condo me è più importan- te del museo di Parigi , del British e dello Smith- sonian: la differenza sta nella modalità di raccolta. La disposizione del Fon- datore, data a tutti i mis- sionari, di riportare trac- ce delle culture che in- contravano (che dimostra anche una grande aper- tura culturale del canoni- co Allamano) fa sì che il materiale costituisca an- che un segno di ricono- scenza di una popolazio- ne verso chi ha vissuto in- sieme ad essa per tanti anni. Mentre il materiale dei famosi musei che ho citato è frutto di razzie di militari o di frettolosi e i- niqui scambi di esplorato- ri di passaggio. Il proble- ma è che il materiale, che continua ad accumularsi, è in gran parte da catalo- gare e collocare: se uno sceglie di dedicare la pro- pria vita alle missioni non è detto che voglia fare l’etnologo. Ma, per non fare come quello della parabola dei talenti, sa- rebbe proprio il caso di disseppellire il tesoro. Magari ricorrendo a un fund raising nelle ricche università Usa: qualcuna potrebbe mandare una spedizione permanente a Torino, lo hanno fato per cose meno importanti, come una grande colle- zione di fumetti di un mio amico precocemente de- funto. Il Museo è così ignoto che quando ci ho portato un amico della sovrinten- denza, che non lo cono- sceva , mi ha detto che c’era roba molto più im- portante di quella esposta nella mostra delle ma- schere africane che aveva avuto tanto successo alla Galleria d’Arte Moderna, che era stata affittata da un ricercatore francese... Claudio Bellavita Email, 4/10/2012 Caro Amico, da una parte la sua email ci fa piacere, perché rico- nosce il lavoro fatto da tanti missionari in oltre 100 anni. Dall’altra mette in evidenza un problema che si trascina da anni e che è stato certamente aggravato recentemente dalla crisi economica che ha rallentato, se non con- gelato, un sogno di risi- stemazione e apertura del museo cullato da an- ni. Quello che dice è tutto vero, e siamo perfetta- mente consapevoli del valore di quanto c’è nel museo, sia del materiale africano che di quello di diversi popoli indigeni dell’America Latina. Il museo dovrebbe essere aperto al pubblico e fatto conoscere, proprio per il rispetto e la conoscenza di quei popoli con cui i missionari hanno vissuto con amore. Ma sembra un’impresa più grande delle nostre forze. Ne sanno qualcosa i missio- nari che hanno speso tante delle loro energie per raccogliere e conser- vare questo materiale. Faccio solo un nome, perché è già in cielo: p. Da Ros Achille (+2010). E lo sanno anche i ragazzi stagisti dell’università di Torino che hanno avviato la catalogazione scientifi- ca del materiale con tan- to entusiasmo e preca- rietà. Forse - e qui azzar- do una proposta che è del tutto personale - è il tem- po che nasca un gruppo o associazione di «Amici del Museo della Consola- ta» ( o che dir si voglia ), che ci aiuti sul piano or- ganizzativo, economico e scientifico per venire a capo di questo annoso problema e finalmente «disseppellire il tesoro nascosto nel campo». ETERNIT Devo fare una segnalazio- ne agli organi competenti (Comune e Asur) della presenza di Eternit in 4 Uno dei piccoli grandi te- sori del Museo dei Missio- nari della Consolata a To- rino: il Gicandi. Questa piccola zucchetta ( nella fo- to ) è preziosa come un in- cunabolo. Ogni incisione, ogni oggetto, è un simbolo che aiuta il cantastorie a raccontare la storia in mo- do coerente in ogni occa- sione. Questo oggetto così fragile è un pezzo unico, salvatosi proprio perché regalato dall’autore ad uno dei nostri missionari che lo ha custidito gelosamen- te negli anni, raccogliendo in un libro la storia, i detti e i proverbi ad esso colle- gati. Il libro (in italiano e inglese): Vittorio Merlo Pick, Ndai na gicandi, Kikuyu enigmas - enigmi kikuyu , Emi, Bologna 1973. Cari mission@ri redazione@rivistamissioniconsolata.it mcredazioneweb@gmail.com

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