Missioni Consolata - Dicembre 2012

32 MC DICEMBRE 2012 IL RACCONTO DELLE NOZZE DI CANA (37) CANA DI GALILEA E I LUOGHI DEL CUORE INNAMORATO «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28) a cura di Paolo Farinella, biblista Così sta scritto DALLA BIBBIA LE PAROLE DELLA VITA (71) MC RUBRICHE T ecnicamente, Gv 2,11 conclude il racconto del «segno di Cana», anzi del «principio dei segni in Cana della Galilea», il racconto delle nozze dove i personaggi svolgono ruoli che hanno significati «altri», rispetto a una lettura superficiale. Manca la sposa, mentre lo sposo appare solo per essere rimproverato; assume una funzione importante, anche se negativa, l’architriclino che pur partecipando a una occasione unica ( kairòs ), non è in grado, come spesso accade all’autorità ufficiale, di cogliere la portata profetica e cristologica dell’evento: è presente «fisicamente» alle nozze, ma il suo cuore è distratto dalla differenza su- perficiale tra i «due vini». Con questo versetto redazionale, prima conclusione del narratore, ve- niamo a sapere qual è stato lo scopo del racconto, perché è l’autore stesso che ce lo comunica affinché possiamo custodirlo come un momento importante. IL TESTO DIFFICILE Dal punto di vista della critica testuale, cioè della ricostruzione del testo greco attraverso i pa- piri e gli altri manoscritti più antichi, il versetto ha tre varianti importanti: il testo che noi ripor- tiamo è attestato dalla maggioranza dei manoscritti sia maggiori che minori. Considerata la na- tura divulgativa del nostro studio tralasciamo le due varianti che hanno un cambiamento di po- sizione tra le prime due parole (prima variante) e la sostituzione di un aggettivo con un altro (se- conda variante) che ci porterebbero a considerazioni troppo tecniche per chi non è attrezzato scientificamente. Ci limitiamo a dire che le due varianti, anche se la seconda è molto antica, sono «miglioramenti stilistici» e quindi cercano di «aggiustare» il testo. Noi scegliamo, secondo la migliore regola esegetica, il testo più difficile, certamente più vicino all’originale. Per capire il senso di questo versetto, che, a nostro parere, è il più importante di tutto il brano, bisogna soffermarsi sulle singole parole, dove sono collocate, e, infine, sul loro si- gnificato nel contesto di tutto il vangelo di Giovanni prima e di tutta la Bibbia in secondo luogo. Abbiamo già anticipato che il versetto è di mano del redattore finale, che così rivela il suo pen- siero sul significato di quanto precede: solo ora veniamo a sapere che nel racconto di Cana vi è un concentrato fantastico di teologia giovannea. In questo versetto, infatti, troviamo cinque pa- role che esprimono cinque temi che attraversano tutto il vangelo di Giovanni, costituendone la spina dorsale: «Principio (richiama l’ archètipo )/segno-segni/manifestare/gloria/credere». CENTELLINARE LA PAROLA RESPIRANDOLA Chi pensava di leggere un racconto edificante, arrivato al versetto 11 deve ricredersi e ricomin- ciare daccapo, centellinando parola per parola, respiro per respiro. Normalmente le traduzioni vanno per le spicce, come la Bibbia-Cei (1974): «Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui»; la nuova edizione (2008) cerca di aggiustare, ma senza osare troppo: «Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni com- piuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui». Si vede dietro la fatica di fare concordare il testo greco con un significato accessibile a prima vista, ma non sem- pre è possibile. Tentativi lodevoli, ma insufficienti. Gv 2,11: «Mentre faceva questo principio dei segni Gesù in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e credettero in lui i suoi discepoli» ( Tàut ē n epòi ē sen archên tôn s ē mèi ō n ho I ē soûs en Kanà tês Galilàias kài ephanèr ō sen tên dòxan autoû kài epìsteusan eis autòn hoi math ē tài auto û)

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