Missioni Consolata - Dicembre 2012
Noi per primi, oltre a chiamare esperti, abbiamo dovuto studiare e informarci sulle problematiche che riguardavano la realtà lo- cale. Posso dirti che non ci si an- noiava a Bunju! Abbiamo avuto tante sfide ma anche tante grati- ficazioni. Ho visto la difficoltosa nascita e crescita del Centro di Bunju; ho assistito anche a vari seminari per le donne e ho visto come le aiutate a rivalutarsi non solo nella loro figura e ruolo di ma- dri e mogli. Vuoi parlarne? In Africa in generale, e in Tanza- nia più specificatamente, è la donna che deve portare avanti la famiglia. È colei che forma ed educa i figli e può farlo ancor meglio se la prima ad essere formata è lei. Abbiamo lavorato tanto per l’elevazione della donna non solo a livello sociale ma anche familiare. E poi con le donne si lavora in maniera straordinaria perché sono cu- riose, vivaci, ti riempiono di do- mande, raccontano e interro- gano... Gli uomini invece sono più chiusi. Anche in Tanzania c’è una forte crisi familiare e di coppia. Le donne ci chiedevano consigli per superarla. Volevano conoscere i loro diritti come mogli, lavora- trici e cittadine tanzaniane e chiedevano consigli sull’educa- zione dei propri figli. Col passare degli anni il Centro si sta arric- chendo non solo dal punto di vi- sta dei programmi educativi, for- mativi e informativi, ma anche dal punto di vista della parteci- pazione e le donne sono sempre molte ai nostri incontri. Ora a Bunju c’è un altro team molto valido, composto dai padri Francesco Bernardi, Thomas Ishengoma, Giuseppe Inverardi, che è a Bunju fin dagli inizi, e Pascal Makokha, che stanno fa- cendo crescere ulteriormente il centro ( cfr. MC 2012, n. 7, p. 20 ). Quali sono state le difficoltà maggiori che hai avuto e che riscontri quotidianamente nella tua missione in generale? Lasciai il Tanzania nel 1985 per andare a studiare in Kenya; nel 1993 fui ordinato prete e desti- nato prima in Etiopia e poi in Ita- lia. Mi sono laureato a Mwanza in giornalismo. Quando mi hanno chiamato a Bunju era il momento più difficile per il Cen- tro. I miei confratelli pensavano che io potessi essere un punto di collegamento tra la gente e il Centro perché tanzaniano; quindi sebbene loro conosces- sero la cultura e la lingua, io avrei potuto capire la gente in maniera più profonda e diretta. Invece da quando ero andato via era cambiato tutto: gli stili di vita, il modo di pensare e di par- lare, la cultura dei giovani. Mi sentivo uno straniero nella mia terra. E così mi sono messo a studiare la mia gente e la nuova realtà. Adesso, quello che dav- vero mi preoccupa è l’individuali- smo fortissimo delle persone. Io sono cresciuto con gli insegna- menti di Nyerere, la cultura dell’aiuto, dell’altro considerato come un fratello, il parlare chia- ramente senza doppi fini. Nye- rere non si è mai preoccupato di rimproverare i suoi assistenti, i maestri, elevandoli a uno stato di intoccabili. Oggi, i giovani cono- scono la figura di Nyerere ma ne rigettano gli insegnamenti e quindi la nostra cultura. La corruzione dilagante che c’è in Tanzania è conseguenza di questo individualismo. Nell’arco di un decennio c’è stato un cam- biamento radicale della società, dovuto alla globalizzazione, ma il problema è che non abbiamo avuto il tempo di assimilarlo. In- dubbiamente rispetto a tanti anni fa la gente, anche nei vil- laggi, è più aperta ed è cresciuta culturalmente. L’uso dei mezzi di comunicazione è stato importan- tissimo anche nella politica. Lo stesso presidente Kikwete ne ha fatto un uso ampio e moderno durante la campagna elettorale, dando spazio anche alla libertà di opposizione. Un tuo sogno da bambino e un tuo sogno attuale. Sono nato nella regione del Kili- mangiaro, famosa per l’apertura mentale della sua gente. Ho MC ARTICOLI DICEMBRE 2012 MC 29 # Pagina accanto: missione di Asella, Etiopia, padre Lello Saluta- ris amministra il battesimo (1996). # In basso: uno scorcio del Centro di animazione missionaria di Bunju.
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