Missioni Consolata - Novembre 2012

come in tanti altri angoli del globo, è molto numerosa e orga- nizzata. Un discorso a parte meritano i non pochi nordcoreani che rie- scono ad attraversare la fron- tiera, fuggendo da una dittatura che costringe la popolazione a vi- vere in condizioni di povertà estrema, al limite della fame, in balia di siccità e carestie che pos- sono tramutare in poche setti- mane condizioni di vita estrema- mente difficili in vere e proprie lotte per la sopravvivenza. Nonostante i severissimi controlli alla frontiera alcuni rischiano la vita per passare il confine attra- verso la Cina e raggiungere Seoul, per ricongiungersi, so- vente, con parte della famiglia ri- masta nella Corea del Sud dopo la fine della guerra. COMUNITÀ MISSIONARIA MULTICOLORE Il tratto multiculturale di Tong- du-cheon riguarda anche la pic- cola comunità di missionari della Consolata che da ormai cinque anni ci vive e lavora, inserita molto semplicemente nell’agglo- merato urbano e condividendo la vita della gente. La formano at- tualmente padre Tamrat Defar, etiope, in Corea dal 2002 e oggi vice superiore della Delegazione dei missionari della Consolata presenti in Corea; padre Alvaro Pacheco, portoghese, da anni in- caricato della rivista « Conso- lata », pubblicata a uso e con- sumo dei nostri amici e benefat- tori coreani, e Giuseppino Kim, diacono, che sarà ordinato sacer- dote il prossimo gennaio 2013, di- ventando il quinto missionario della Consolata coreano, già de- stinato alla Colombia, dopo l’ordi- nazione. Padre Tamrat Defar ci aiuta a entrare nel mondo di Tong-du-cheon e ci introduce al lavoro della comunità missiona- ria a cui appartiene. «Sono arrivato in Corea nel 2002, parte del primo gruppo di missio- nari africani - eravamo in tre - in- viati a lavorare in Asia: siamo stati delle cavie ( ride ), tutti alla prima esperienza missionaria e con poca conoscenza delle sfide che l’Asia presenta. Molte cose le abbiamo dovute imparare sul campo». Qual è stata la difficoltà più grande che avete incontrato? «Non ho nessun timore a dire che la lingua è stato lo scoglio più duro che abbiamo dovuto superare. È un idioma molto complesso, con grande ricchezza di vocabolario e molte sfumature che devi cono- scere per poterti difendere in ogni contesto. Inoltre un prete deve co- noscere la lingua bene perché è il suo strumento di lavoro». Lo diceva anche il beato Alla- mano, nostro fondatore... «Certamente. Ricordo con un certo peso sullo stomaco tutti gli esami per passare i sei livelli ac- cademici che rappresentano il traguardo per chi vuole raggiun- gere un livello base di cono- scenza della lingua coreana. Ad ogni buon conto non è impos- sibile apprendere. Chi è venuto prima di me ha fatto lo sforzo più grande, quello di aprire un cam- mino e far vedere che si può es- sere missionari in Corea; basta volerlo e impegnarsi un poco». NOVEMBRE 2012 MC 9 # In alto: la Direzione generale insieme alla comunità e al vescovo di Tong-du-cheon. # Accanto : festa della Consolata; presiede l’eucaristia padre Tamrat Defar, accompagnato dal superiore generale padre Stefano Camerlengo, e dal diacono coreano Giuseppino.

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