Missioni Consolata - Novembre 2012

82 MC NOVEMBRE 2012 E a Roma che accadde? Per prima cosa, andai a bussare alla porta della Casa Generalizia dei Gesuiti, i quali sorpresi e stupefatti mi accolsero con immensa gioia. Pochi mesi dopo rice- vetti il sacramento dell’Ordine e diventai sacerdote di Cristo per sempre. Devo dire anche che nei due anni che trascorsi a Roma ebbi la fortuna di partecipare alla canonizzazione di sant’Ignazio di Loyola e di san Francesco Saverio. Fu un’esperienza di fede straordinaria! Proprio così, in quell’occasione decisi di rientrare nella mia terra, ma potei farlo solo nel 1630. In che città cominciasti a svolgere il tuo mini- stero sacerdotale? Mi stabilii a Nagasaki, ma la vita in Giappone era cam- biata in modo spaventoso. Dappertutto si vedevano in- delebili le tracce della persecuzione e non c’era zolla di terra che non fosse bagnata dal sangue dei martiri. Rimanesti a Nagasaki in tale situazione? No, capii che dovevo cambiare strategia; pertanto in- cominciai ad andare di paese in paese per sostenere e consolare i cristiani e rinvigorirli nella fede. Non ti scoprirono mai? Purtroppo le somme ingenti di denaro che le autorità offrivano per denunciare i cristiani spinsero alcuni de- latori a fare la spia presso le autorità locali. Quindi ti arrestarono? Sì, e venni tradotto di fronte a un funzionario per es- sere interrogato; dichiarai pubblicamente che non in- tendevo assolutamente rinnegare la mia fede. Questa fu inevitabilmente la mia condanna a morte. Nel 1639 nel mese di luglio, all’età di 52 anni, padre Pietro Kibe entrò nella gloria dei martiri. I semi sparsi dalla predicazione di san Francesco Saverio, grazie al coraggio di questi martiri giapponesi, ger- mogliarono e aiutarono a crescere una Chiesa che, seppure ancor oggi minoritaria, resta un fulgido esempio di fedeltà a Cristo Signore. Don Mario Bandera - Direttore Missio Novara Tra i superstiti ci fu qualcuno che per aver salva la vita disse che la Spagna prima di occupare un territorio inviava dei missionari a preparare il terreno. Questa rivelazione fece imbestialire le autorità giapponesi, che diedero ordine di catturare e giustiziare tutti i frati che si trovavano a Kyoto insieme a coloro che si sta- vano preparando a entrare negli ordini francescani e gesuiti. In quell’occasione iniziò il vostro calvario? Esattamente, sei frati francescani e venti giapponesi tra cui il sottoscritto che aveva già emesso i voti come gesuita, fummo arrestati e condotti a Nagasaki per essere uccisi pubblicamente. Fummo condotti a piedi attraversando intere province e una volta arrivati a Nagasaki ci portarono su una collina dove fummo le- gati mani e piedi a delle croci già allestite per essere trapassati con le lance. Tra noi c’erano anche due ra- gazzini, Luigi e Antonio, che iniziarono a cantare il salmo: Laudate pueri dominum , mentre tutti gli altri invocavano il Signore Gesù e la sua tenerissima Ma- dre nel momento supremo della prova. Era il 5 febbraio 1597, i primi martiri del Giappone bagnavano la terra della loro patria con il sangue della fede, sangue diventato seme di nuove conver- sioni. Purtroppo le persecuzioni come avvenne già nell’impero romano, si susseguirono a cicli continui. Questa nuova fede, il cui messaggio di amore e fra- ternità sconvolgeva la visione del mondo che domi- nava nell’Impero del Sol Levante, non poteva essere tollerata. Una fede che propugna che gli ultimi sa- ranno i primi, lo schiavo e il nobile sono uguali di fronte a Dio, la forza del perdono libera dalla vio- lenza dell’odio e della vendetta... era un messaggio rivoluzionario che non poteva essere tollerato. Nel XVII secolo continuarono le brutali persecuzioni verso i cristiani, conosciute come: «Il grande marti- rio di Nagasaki», «Il grande martirio di Edo», dove vennero uccisi centinaia di cristiani, sia giapponesi che missionari provenienti da altri paesi. Tutti resta- vano meravigliati della resistenza dei cristiani e di come la loro fede li portasse con animo lieto incontro a una prova tremenda. Tra i tanti martiri di quel pe- riodo ci piace ricordare la figura di Pietro Kibe, un giovane giapponese che era entrato nella Compa- gnia di Gesù, ma che a seguito degli editti di perse- cuzione venne espulso dal suo paese e approdò prima a Macao quindi a Manila per stabilirsi definiti- vamente a Goa, dove intendeva completare gli studi teologici; ma la diffidenza dei Gesuiti verso i giappo- nesi costrinse Pietro a continuare il suo cammino fino a Roma. Pietro, fu dura la strada verso la Città Eterna? Non me ne parlare! Vista l’impossibilità di diventare prete in terra d’Asia, decisi di percorrere la via della seta che lungo i secoli era stata l’arteria che metteva in comunicazione l’Estremo Oriente con l’Europa. At- traversai India, Pakistan, Iran, Iraq, Giordania finché arrivai a Gerusalemme. E lì che successe? Durante i miei giorni passati in Terra Santa non so quante volte ho percorso la via dolorosa, quella salita al Calvario che aveva percorso Gesù negli ultimi giorni della sua vita terrena. Non puoi immaginare quanta energia spirituale infuse nel mio animo quell’itinera- rio. Dopo qualche mese però mi imbarcai per Roma. 4 CHIACCHIERE CON... # Nagasaki, 24 novembre 2008, beatificazione di Pietro Kibe e altri 187 giapponesi martiri.

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