Missioni Consolata - Novembre 2012
solo nel 2005 si trasformano in un movimento unita- rio con una struttura simile a quella di un movi- mento politico. Quelli sono mesi molto difficili per la Somalia. Nelle regioni centro meridionali una coali- zione di «Signori della guerra» (i capi delle milizie claniche somale), finanziati dagli Stati Uniti, dopo 16 anni di guerra tra loro, iniziano a combattere l’inte- gralismo religioso islamico. Uccidono autorità reli- giose e persone legate all’islam, ma ne approfittano anche per regolare i conti tra di loro. Ne scaturisce una guerra senza quartiere e devastante, soprat- tutto per la popolazione civile. Per riportare l’ordine, le Corti islamiche organizzano proprie milizie e at- taccano i Signori della guerra, sconfiggendoli. A livello internazionale (e in particolare negli Stati Uniti) le Corti islamiche vengono però viste come l’avanguardia di Al Qaeda. Gli Stati Uniti, memori degli insuccessi del 1992, non osano intervenire mili- tarmente ma, allo stesso tempo, non possono tolle- rare la creazione di possibili basi logistiche per il terrorismo islamico nel Corno d’Africa. Decidono così di finanziare l’intervento dell’Etiopia, fedele al- leato di Washington e preoccupata anch’essa dell’in- stabilità somala. Nel 2006 scatta l’offensiva etiope in Somalia. L’avan- zata delle truppe di Addis Abeba travolge le Corti is- lamiche. Le milizie si disgregano e i leader fuggono all’estero. Chi rimane sul campo è il movimento Al Shabaab. Sono un piccolo gruppo (all’origine non più di 300 uomini) che rappresenta l’ala più mili- tante delle Corti. I giovani combattenti non solo fanno dell’essere rimasti sul campo a combattere gli etiopi un grande argomento di mobilitazione popo- lare, ma riescono, in qualche modo, a prendere le fila della resistenza. Il background di questi ragazzi non è religioso. Certo, frequentano le moschee, ma la loro forma- zione è più che altro militare (e come potrebbe es- sere altrimenti in un paese che da anni conosce solo la guerra e l’anarchia?). Sono ben addestrati, ben ar- mati e molto determinati. Sarà l’atteggiamento della comunità internazionale, che ha sempre privilegiato lo scontro al dialogo, l’intransigenza al confronto, a far maturare in loro l’integralismo religioso. Con il tempo infatti abbracciano in modo sempre più con- vinto l’islam salafita. Quell’islam caratterizzato da una rigidità dottrinale e che propugna la «guerra santa», jihad , contro gli infedeli (non solo i cristiani, ma anche i musulmani sufi che sostengono una ver- sione più dialogante dell’islam). Nel gennaio 2009, con il ritiro delle truppe etiopi, si crea però un vuoto perché le forze armate di Addis NOVEMBRE 2012 MC 47 Perché usano il terrorismo? Il terrorismo è spesso l’arma di coloro che non hanno la possibilità di mettere in campo eser- citi organizzati. Non riduciamo il terrorismo al ji- had. Ma è il jihad che usa il terrorismo, è una questione tattica. Cos’è la Sharia , legge islamica? Sharia vuol dire «direzione»: ha valore più eti- co, ideologico che normativo. Nel Corano e nella Sunna (testi fondamentali dell’islam) sono contenute norme civili e penali. Un conto è la rivelazione, altro è l’interpreta- zione fatta sulla rivelazione, umana e conte- stualizzata, a cui è data autorevolezza della sharia fraintendendo e tradendo le aspirazioni originarie. Quando i gruppi fondamentalisti vogliono appli- care la sharia , intendono alcune regole di com- portamento, velo, applicazione delle pene cor- porali. Agitare lo spauracchio della sharia è un problema più formale che sostanziale. Operano una semplificazione, radicalizzando alcune norme che fanno scalpore e sono an- che utilizzate a livello mediatico. Perché gli islamisti di Ansar Dine hanno distrut- to i mausolei a Timbuctu? Purificazione dell’islam, puritano e rigido, che non sopporta che venga adorato nient’altro accanto a Dio. Questo il senso teologico, ma- linteso ed esagerato, estremista, fondamentali- sta. C’è poi la mediatizzazione del fenomeno: allo scopo di trovare altri appoggi, convincere altra gente a seguire una posizione di tipo po- litico o ideologico. Convincere gli incerti a veni- re dalla loro parte. a cura di Marco Bello MC JIHAD AFRICANA JIHAD, SHARIA E TERRORISMO Il professor Massimo Campanini, orientalista, storico del Vicino oriente arabo e di Filosofia islamica insegna all’Università di Trento. Ci spiega alcuni concetti di base. Cos’è la jihad , la guerra santa? Nel corano il termine ha significato di «sforzo». Ovvero impegno, coinvolgimento personale e comunitario sulla via di Dio. Può essere inter- pretato in senso spirituale (come ad esempio dai sufi), trasformazione del sé, raggiungimento della perfezione spirituale che consente di av- vicinarsi a dio. Ha avuto caratterizzazione bel- lica, che può essere offensiva o difensiva. Of- fensiva nel senso di estensione della comunità islamica, ma mai come strumento di forzata conversione degli infedeli. Diventa più aggressiva a partire dagli anni ’70: affermazione di fondamentalismo e radicalismo islamico. I teorici dei movimenti estremisti han- no sostenuto che il dovere jihadistico rivelato all’origine è stato per secoli dimenticato e i contemporanei lo devono rinverdire. Il jihadismo è un problema contemporaneo. Forma contemporanea di radicalizzazione di alcune frange di islam che trovano riferimenti teologici nel medioevo ma li riadattano a certe prese di posizione e alla necessità della con- tingenza contemporanea. I salafiti sono tutti jihadisti? I salafiti sono una realtà plurale, non sono un blocco omogeneo. Esistono gruppi salafiti jiha- disti ma anche gruppi salafiti quietisti, che pre- dicano il non impegno politico, l’islamizzazione delle coscienze dei singoli e non la necessità di impadronirsi dello stato. In Arabia Saudita, convivono entrambe le tendenze.
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