Missioni Consolata - Novembre 2012
tre etnie, in particolare: peulh, songhai e arabi e vede da decenni la presenza di molti attori armati. Dall’Al- geria degli anni Novanta, martoriata dalla guerra ci- vile, gruppi di combattenti islamici integralisti del Gia (Gruppi islamici armati) si sono costituiti nel Gspc (Gruppo salafista per la predicazione e il com- battimento) che ha iniziato a installarsi nell’estremo Nord del Mali nel 2003 (vedi MC dicembre 2010). In questa regione le frontiere tra gli stati non esistono, siamo in pieno deserto del Sahara. In particolare, l’importante gruppo salafita di Mockhtar Belmokh- tar (potente emiro dei Gia), si basa nella regione di Timbuctu. Il Gspc inaugura in quello stesso anno la stagione dei rapimenti degli occidentali, a scopo di ri- scatto. Pratica che diventa ben presto un lucroso giro di affari. Esiste una stima (algerina) che calcola in 50 milioni di euro i proventi dei riscatti pagati da paesi occidentali dal 2003 alla fine del 2010. È nel 2007 che il Gspc dichiara ufficialmente la sua affiliazione all’universo Al Qaeda, prendendo il nome di Aqmi (Al Qaeda nel Maghreb islamico). Allo stesso tempo Gspc prima (e Aqmi dopo) tesse relazioni so- ciali con popolazione e capi tradizionali e inizia a prendere parte nei fiorenti traffici transfrontalieri di cocaina, armi, e persone, già esistenti. Gli algerini di Aqmi portano con sé anche l’ideologia di Al Qaeda: la visione radicale dell’islam wahabita e salafita, la jihad (guerra santa) per l’imposizione della sharia (legge islamica) a tutta la popolazione. «Già alcuni anni fa - racconta un cooperante di stanza in Mali - il governatore di Gao aveva richia- mato alcuni imam , avendo constatato che nelle loro moschee le persone si fermavano a dormire. Si era verificato l’arrivo di predicatori dall’Afghanistan, i quali tenevano ai fedeli dei veri e propri corsi di is- lam radicale». Negli stessi anni, le regioni del Nord sono il territorio di caccia di bande armate e milizie di ogni tipo che si alimentano dei traffici trans sahariani. Gruppi questi tollerati, e talvolta addirittura appoggiati dal go- verno centrale di Bamako, del presidente Amadou Toumani Touré (detto Att, presidente dal 2002 al 2012), allo scopo di esercitare un certo «controllo a distanza» su zone troppo lontane dalla capitale. Ma questa non è che una parte delle responsabilità del governo centrale sull’attuale situazione maliana. LA SVOLTA La crisi libica, iniziata nel febbraio 2011, e la sconfitta del Muammar Gheddafi, grande manovratore di vi- cende sahariane, diventa l’occasione da non perdere. I combattenti tuareg in forza all’esercito privato del rais (e si parla di truppa ma anche di graduati e stra- teghi), ripiegano sui paesi di origine: Mali, Niger. Un’enorme quantità di armi, governative e della Nato, entrano nel mercato africano, e non solo (vedi riquadro). Il movimento tuareg fa un salto di qualità. Al Movi- mento nazionale dell’Azawad (Mna) di tipo politico per rivendicare diritti e cultura, fondato da giovani intellettuali nel 2010, si aggiungono i «ritornati», combattenti esperti di lungo corso. Nei mesi succes- sivi all’uccisione di Gheddafi, diversi gruppi tuareg (legati a clan famigliari) si incontrano a più riprese nella zona di Zakak, in pieno deserto. È qui che si or- ganizza la ribellione armata. Il governo centrale ne è al corrente e si tentano mediazioni. L’Mnla è ufficial- mente costituito nell’ottobre 2011, e importanti lea- der delle passate ribellioni ne fanno parte. Non si tratta di un’organizzazione verticale, ma di una sorta di piattaforma di diverse organizzazioni delle comu- NOVEMBRE 2012 MC 41 MC JIHAD AFRICANA A fianco : milizie di civili maliani a Mopti, ricevono addestramento dai militari, agosto 2012. Sopra : membro di Ansar Dine nei pressi di Kidal, Nord Mali, agosto 2012. Pagina a fianco : elementi del Mujao a Gao, agosto 2012. © AFP © Romaric Ollo Hien / AFP
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