Missioni Consolata - Novembre 2012

38 MC NOVEMBRE 2012 OSSIER oggi. Sufian bin Qumu, per esempio, che ha lavorato anche a contatto con Osama bin Laden, prima di essere cat- turato dagli americani e detenuto a Guantanamo per sei anni, guida una mi- lizia nella zona di Derna che sfoggia la bandiera nera di Al Qaeda ed è stata accu- sata di violenze. Qumu ha apertamente dichia- rato che non intende deporre le armi finché in Libia non sarà instaurato un governo di tipo islamico-tale- bano. Sempre a Derna e in Cirenaica sono attive for- mazioni salafite, come il gruppo Ansar al-Sharia, che si rifiutano di riconoscere la legittimità dell’autorità centrale. Bisognerà indagare le responsabilità dell’at- tacco all’interno di questi gruppi. I primi arresti sem- brano accreditare questa pista. SEGNALI Le avvisaglie di un atto simile c’erano tutte, anche se non di tale tragicità e rilevanza. Le elezioni di luglio, che hanno avuto un buon esito, hanno fatto probabilmente abbassare la guardia. I problemi, tuttavia, rimanevano tutti. Il mese di agosto lo aveva chiaramente dimostrato: attacchi di gruppi salafiti agli «eretici» sufi, con la distruzione di diversi santuari; altri attentati a istituzioni libiche addebitati, forse troppo frettolosamente, a ex gheddafiani. Questi, foraggiati probabilmente dall’estero tramite membri della famiglia del Rais, rappresentano una mi- naccia alla stabilità del paese e un ostacolo verso una piena pacificazione. Le loro rappresaglie hanno già avuto conseguenze politiche. Proprio a causa della re- crudescenza delle violenze nel paese, il ministro dell'In- terno libico, Fawzi Abdelali, aveva presentato a fine agosto le sue dimissioni, per protestare contro le criti- che all'inefficacia delle misure di sicurezza, ma poi si era detto impossibilitato nel risolvere la questione. Seppur teoricamente improbabile, fonti di intelligence accreditano uno scenario alquanto preoccupante che vedrebbe una convergenza tattica dei salafiti con gruppi di ex gheddafiani nel nome della lotta all’attuale transizione politica. Le risorse e le amicizie internazio- nali della famiglia Gheddafi non vanno sottovalutate, in particolare i legami che ancora può vantare Saadi Gheddafi, il figlio ex calciatore di Muammar, ora in Ni- ger. Se il paese rimanesse così instabile, anche l’in- fluenza islamica radicale, guidata dagli elementi più pe- ricolosi, si potrebbe rafforzare ancora. Gli attentati di maggio e giugno 2012 ai danni della Croce Rossa e dei consolati britannico e statunitense a Bengasi costitui- vano un chiaro avvertimento che è stato sottovalutato. L’uso di azioni terroristiche da parte dei gruppi radicali sta decisamente aumentando sia per quantità che per qualità. In un mix sempre più pericoloso di terrorismo, immigrazione illegale e traffico di droga e armi (20.000 missili portatili antiaerei sarebbero ancora nelle mani delle milizie), derivante dal fallimento del controllo delle frontiere, potrebbero trovare terreno fertile le or- ganizzazioni criminali e terroristiche. Difficile pensare che l’azione di assalto al consolato Usa non sia stata premeditata e che la motivazione non sia pretestuosa. OCCIDENTE MORDI E FUGGI Una vasta coalizione internazionale ha abbattuto il re- gime di Gheddafi e poi ha fatto finta che i libici potes- sero farcela da soli. Gli Stati Uniti si sono mantenuti defilati. Sembrava una strategia vincente, ma ora per Obama il «leading from behind» (dirigere dalle retro- vie, ndr ) potrebbe diventare molto difficile da difen- dere dagli attacchi dei repubblicani. Senza rievocare la crisi degli ostaggi all’ambasciata americana di Teheran che mise in ginocchio l’ammini- strazione Carter, questa vicenda sarà certamente rile- vante per la campagna elettorale. Obama ha pronta- mente reagito con la decisione di rimpatriare il perso- nale americano e di inviare un primo contingente di 50 marines specializzati nell'antiterrorismo ai quali, se- condo una fonte del Pentagono, potrebbero seguire fino a 200 militari in tutto, e di un probabile utilizzo non dichiarato di droni contro i gruppi legati al terro- rismo internazionale. Se vi erano dubbi sulla capacità della Libia di risolvere da sé i propri problemi e incamminarsi da sola sulla strada della democrazia e della riappacificazione, que- sti eventi li alimentano. Lo stesso giorno dell’assalto all’ambasciata, in questa cupa atmosfera, il parla- mento libico ha nominato Mustafa A.G. Abushagur, ex vice primo ministro del governo provvisorio, nuovo primo ministro. Il parlamento lo ha preferito di misura a Mahmud Jibril, che ha guidato l’alleanza di partiti con maggiori consensi alle elezioni di luglio. Abusha- gur, storico oppositore di Gheddafi, a lungo in esilio negli Usa, ha raccolto consensi trasversali. Toccherà a lui prendere in mano il paese, ma senza un forte aiuto della comunità internazionale si prospettano tempi difficili. Arturo Varvelli MAURITANIA MALI NIGER LIBIA ETIOPIA KENYA NIGERIA SOMALIA Ansar Dine Mujao, Mnla Boko Haram Al Shabaab Aqmi

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