Missioni Consolata - Novembre 2012

come questa in modo autonomo; siamo in pochi e occorre parlare molto bene la lingua per poterlo fare con disinvoltura. Preferiamo rimanere di appoggio a una strut- tura diocesana come quella esi- stente, anche se probabilmente ci verrà chiesto di specializzarci nello studio di alcuni ambiti per poter ulteriormente migliorare il nostro servizio». MIGRANTI NORDCOREANI Chiedo a Tamrat se la comunità ha pensato di occuparsi anche di migranti nordcoreani che giun- gono, fuggendo, nella confinante Corea del Sud. «Normalmente l’accompagna- mento di queste persone viene organizzato da clero e religiosi coreani. Sarebbe molto difficile per noi entrare in questo tipo di pastorale, nella quale, in effetti, non è richiesto il nostro appoggio. Diciamo che non escludiamo un possibile ulteriore contributo nel caso questo ci venisse richiesto - e di fatto ogni tanto ci domandano la disponibilità per un servizio li- turgico o di partecipare ad alcuni eventi organizzati per questi mi- granti - ma capisco anche bene che la questione tocca soprat- tutto la chiesa coreana e i coreani stessi. È necessario avere una cono- scenza della cultura e un partico- lare tipo di approccio per soste- nere queste persone, soprattutto COREA DEL SUD 12 MC NOVEMBRE 2012 nei primi mesi dopo il loro arrivo in Corea del Sud. Molti di essi su- biscono un vero e proprio shock culturale nel rendersi conto che quanto è stato loro raccontato ol- tre il confine non corrisponde al vero: la Corea del Sud non sarà magari il regno della perfezione assoluta, ma non è neppure il re- gno del male che viene dipinto dalla fonte d’informazione gover- nativa. Per questo motivo è senza dubbio meglio che siano i coreani stessi a gestire queste relazioni e l’approccio alla diversa realtà che incontrano». NOZZE D’ARGENTO Il lavoro non manca a questa pic- cola comunità che cerca di essere una presenza discreta, inserita in un contesto popolare, povero, di marginalità. Anche nelle econo- mie più ricche c’è sempre qual- cuno che resta ai margini, a cui deve essere tesa una mano per- ché possa farcela. Ecco quindi che, oltre ad altre attività missio- narie come quelle dell’anima- zione e del dialogo interreligioso, la comunità dei missionari della Consolata ha, quasi subito, indivi- duato degli spazi in cui esercitare il ministero della consolazione. Il prossimo mese di gennaio ce- lebreremo 25 anni di presenza consolatina in Corea, cosa chiedi Tamrat in occasione di questo evento? «Il mio nome, Tamrat, in amarico significa “miracolo”. La provvi- denza di Dio la porto iscritta nel nome. Lasciamo fare a Lui, mi verrebbe da dirti, che sa cosa vuole e sa fare bene tutte le cose. Chiedo semplicemente che Lui ci stia sempre vicino, come lo è stato sin dall’inizio, con il Suo Spirito e la Sua provvidenza. Sono sicuro che se riusciamo a portare avanti il nostro progetto missio- nario secondo il nostro spirito di famiglia, di apertura alla gente di questa terra e di condivisione di ciò che siamo e abbiamo, po- tremo celebrare altri 25 anni con la stessa gioia e speranza che at- tualmente portiamo nel cuore. Ugo Pozzoli # Insegna dell’ufficio migranti della parrocchia di St. Mary a Uijeongbu e due collaboratrici al lavoro nello stesso centro.

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