Missioni Consolata - Ottobre 2012

OTTOBRE 2012 MC 81 MC RUBRICHE Lì iniziasti una nuova vita? Ricevetti la prima comunione e, oltre alla gioia di par- tecipare alla liturgia quotidiana dei padri, iniziai una vita di preghiera e allo stesso tempo mi dedicai a opere di pietà e a catechizzare le persone della mia gente che intendevano aderire al cristianesimo. Due anni dopo pronunciai i voti di perpetua verginità. Qual’era la tua preghiera preferita? Mi isolavo spesso nella foresta e recitavo il rosario; al mattino, nel grande freddo canadese, girando attorno al villaggio dove sorgeva la missione, completavo le mie orazioni nella piccola cappella del villaggio, così apprendevo che cosa significa l’essere totalmente per il Creatore e vivere perennemente rivolta a Lui. È per questo che sei stata proclamata patrona dell’ecologia? A parte il fatto che tale onore va riservato a san Fran- cesco d’Assisi che per primo cantò le lodi del creato, vivendo io nell’ambiente in cui la natura era lo scena- rio ideale del mio cammino di fede, ho ricevuto in dono questa peculiarità. Se non vado errato le tribù indiane del Nord America, praticavano la mortificazione del corpo come prova di coraggio e di resistenza al dolore. Sì, ma io praticavo questa forma di ascesi come imita- zione delle sofferenze che Gesù aveva patito e cercavo attraverso questi momenti di vivere ciò che altri grandi santi avevano vissuto in un passato non lon- tano. Ma il mio ardore ascetico venne mitigato dal mio confessore e dalla mia migliore amica Marie Therese, una ragazza che mi fu sempre vicina. Le grandi nazioni indiane (Irochesi, Sioux, Cheyenne, Apaches, ecc.) accettarono la buona notizia del Vangelo portata dai bianchi europei? La mia gente ricevette come ospiti importanti i nuovi arrivati: alcuni rimasero nella grande tradizione dei nostri antenati, altri accolsero il Vangelo; ma più s’in- chinavano in segno di deferenza per ricevere il mes- saggio di Gesù, più i bianchi si appropriavano delle loro terre. Fedeli al principio romano del « divide et impera », francesi e inglesi misero le nostre tribù una contro l’altra per i loro interessi e alla fine tutti per- demmo, in quanto ci trovammo in riserve che, seb- bene estese, limitavano di molto la nostra libertà e la nostra autonomia, una situazione che si trascina fino al giorno d’oggi. Purtroppo la tua vita terrena, a causa della malattia e delle mortificazioni a cui avevi sot- toposto il tuo corpo, fu breve. Il 17 aprile 1680, a soli 24 anni, la tubercolosi, malat- tia che a quei tempi non lasciava scampo, recise per sempre la mia vita mortale per farmi andare incontro a Colui che sempre avevo amato. Le mie ultime parole sul letto di morte furono: « Jesos Konoronkwa » (Gesù ti amo). Pochi minuti dopo che il mio cuore aveva ces- sato di battere il mio volto si illuminò e i segni del vaiolo sparirono come d’incanto rivelando agli uomini la mia vera identità, un viso sereno che Gesù, il mio modello di vita, aveva conosciuto da sempre. Mario Bandera Direttore Cmd di Novara solitudine. Dopo che il padre Jaques De Lambertville mi fece comprendere il disegno che il Signore aveva su di me, decisi che la mia vita doveva essere total- mente dedicata a Gesù. La tua gente come accolse il tuo modo di fare? Comincio con lo zio, il quale non voleva assolutamente che io diventassi cristiana; anzi, per farmi passare questa idea dalla testa mi incaricava dei lavori più pe- santi della vita domestica, da qui mi venne in nome Tekakwitha, che significa: colei che sposta le cose. Ma a ogni aggravio aggiunto aumentava in me il desiderio del battesimo e di diventare cristiana. Questo quando avvenne? Purtroppo fui costretta a fuggire dal mio villaggio e ri- cevetti segretamente il battesimo a 20 anni. Mi fu dato il nome della grande santa Caterina, che nella mia lingua si declina in Kateri. I membri del mio villaggio, quando vennero a sapere della mia conversione al cri- stianesimo, fecero di tutto per ostracizzarmi; ma io ero troppo contenta di essere diventata figlia di Dio e offrivo volentieri la mia vita per la conversione del mio popolo, vivendo fino in fondo quello che era stato il cammino della passione di Gesù. Per sfuggire alle continue minacce dello zio riparai nella missione di San Francesco Saverio a Sault nei pressi di Montreal in Canada, sempre dei padri Gesuiti. # A sinistra: dipinto con Santa Kateri Tekakwitha, soprannominata «giglio dei Mohawks». Qui sopra: chiesa di San Francesco Saverio a Kahnawake in Quebec (Canada) dove sono conservate le spoglie di Tekakwitha, la prima pellerossa elevata agli onori degli altari.

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