Missioni Consolata - Ottobre 2012
OTTOBRE 2012 amico 67 que, Dio per educare l’umanità impegna il Figlio. Dio non si serve più dei profeti, ma della sua Parola sussistente, che at- tinge il suo insegnamento di- rettamente dall’inesauribile ed eterna relazione con il Padre. UN MAESTRO DIVERSO Gesù inizia la sua attività di Maestro qualificato rivolgen- dosi alle folle e al gruppo dei discepoli. È un Maestro diverso dai Rabbini. Infatti, contraria- mente all’uso del tempo, sce- glie i suoi discepoli: «Non siete stati voi a scegliere me, ma io ho scelto voi» (Gv 15,16). Gesù «li ammaestrava come colui che ha autorità, non come gli scribi» (Mc 1,22). Egli si pre- senta non come un professore che dispensa il suo insegna- mento dall’alto, ma come un maestro che segue ognuno dei suoi alunni. È un Maestro sa- piente perché usa un linguag- gio semplice e comprensibile come quello delle parabole, che nascono dalla sua osserva- zione dell’ambiente che lo cir- conda e arrivano al cuore degli ascoltatori. Gesù è il Maestro che porta a compimento il mes- saggio della Torah dell’Antico Testamento. Nel discorso del Monte (Mt 5), mentre riafferma la validità della legge antica, le imprime il sigillo della novità, liberandola. La sua è una legge che proietta verso il mistero di Dio, che diventa il modello per tutti. Infatti, egli afferma: «Siate perfetti, come è perfetto il Pa- dre mio che è nei cieli» (Mt 5,48). UN MAESTRO «FALLITO» Nonostante la credibilità e affi- dabilità del suo insegnamento, bisogna, tuttavia, riconoscere che la didattica divina termina ancora una volta con un falli- mento. Si pensi ad esempio alla pazienza di Gesù nell’educare i suoi discepoli lungo la strada che lo porta a Gerusalemme. Dopo il primo annuncio della passione (Mc 8,31), Pietro, che aveva appena fatto la sua pro- fessione di fede in Gesù-Messia (Mc 8,27-30), reagisce negati- vamente, persino rimprove- rando il Maestro. Dopo il se- condo annuncio (Mc 9,31) nes- suno dei discepoli osa chiedere a Gesù spiegazioni perché sono troppo presi a discutere chi di loro sia il più grande (Mc 9,34). Addirittura dopo il terzo annun- cio (Mc 10,33-34), i due fratelli, Giacomo e Giovanni, gli chie- dono un posto di privilegio nel suo regno. La stessa folla, che lo osanna mentre entra trion- fante a Gerusalemme sulla groppa di un asinello, qualche giorno dopo griderà «crocifig- gilo». Perfino l’educatore per eccel- lenza, Gesù inviato dal Padre, sembra fallire il suo compito: tutti si ritraggono da lui du- rante la sua prova finale, la croce. Nel momento in cui egli esprime il massimo dell’amore del Padre per l’umanità, sono presenti solo il discepolo amato, alcune donne e la ma- dre. Come nella parabola dei vignaioli, anche il figlio, l’e- rede, è messo a morte. IL SILENZIO DI DIO, DI ACQUA E SANGUE Il Dio che aveva rotto il silenzio per ingaggiare un dialogo di amore con le sue creature at- traverso suo Figlio è ricacciato nel suo silenzio. La sua Parola è immolata e tace, ma da essa scaturiscono sangue e acqua. Viene da pensare che l’umanità non sia «educabile». Dio ha la- sciato riverberare l’eco della sua Parola sulle mura della co- scienza umana. Dio rispetta la libertà dell’umanità, si ritira e tace, lasciando alla Parola il compito di continuare a do- mandare di essere obbedita. Spetta, dunque, all’umanità at- tingere l’acqua e il sangue che scaturiscono dalla croce. Antonio Magnante AMICO.RIVISTAMISSIONICONSOLATA.IT Marc Chagall, La crocifissione bianca
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