Missioni Consolata - Ottobre 2012
48 MC OTTOBRE 2012 Piazza San Pietro era diventata come un salotto di fa- miglia, dove la gente si radunava per pregare e guar- dare alla finestra del Papa e attendere aggiornamenti sulla sua salute. Il giorno 3 giugno, alle 19, ci fu una messa in piazza San Pietro, presieduta dal Card. Tra- glia, Vicario del Papa per la Diocesi di Roma. Era una giornata piena di sole e vi erano forse centomila per- sone. Io ero tra i presenti, testimone di un clima in- tenso di preghiera (ricordo anche la presenza di Aldo Moro col suo messalino in mano). Al termine della Messa si accese la finestra della stanza del papa e ne venne annunciata la morte. Molta gente si buttò in gi- nocchio in preghiera e in lacrime. Al mattino se- guente di buon’ora ero nella lunga fila che aspettava l’apertura della basilica ove nella notte era stato por- tato il corpo del Papa. La coda iniziava in via Concilia- zione ma con ordine e, direi, raccoglimento, si proce- deva lentamente verso la basilica, per passare poi at- torno al catafalco con la salma. ELEZIONE DI PAPA MONTINI Il proverbio romano dice «chi entra in conclave papa esce cardinale», ma la cosa non si avverò per Gio- vanni Battista Montini. La sera del 20 giugno andai in piazza san Pietro a vedere la fumata nera. Il mattino del 21 giugno avevo l’esame di ecclesiologia a Propa- ganda. Finito l’esame, verso le 11,30, andai diretta- mente in piazza per aspettare la fumata. Non c’era ancora tanta gente quando iniziò, ma dopo pochi mi- nuti fu evidente che il fumo era bianco e allora la piazza cominciò a riempirsi di gente. Faceva caldo, era mezzogiorno. Vicino a me una bimbetta diceva: «Sarà Montini il nuovo papa». Finalmente venne l’an- nuncio e poco dopo apparve la figura snella di Papa Montini sulla loggia della basilica. Il riferimento alla continuazione del Concilio fu pre- sente nelle prime parole pubbliche del nuovo Papa. La data d’inizio della seconda sessione fu solo ritardata di una ventina di giorni e il 29 settembre 1963 il nuovo Papa Paolo VI l’aprì solennemente. A casa nostra la vita con i Padri conciliari riprese nor- malmente come se non ci fossimo mai separati. Du- rante la seconda sessione conciliare l’ingranaggio dei lavori si perfezionò. Sin dall’inizio vi fu la novità della nomina di quattro Moderatori, nelle persone dei Car- dinali Agagianian, Lercaro, Doepfner e Suenens, col compito di dirigere le sedute conciliari. Nel dibattito conciliare si approfondiva la conoscenza della realtà della Chiesa e il documento «De ecclesia» era al centro degli interventi, diventando sempre più come il cuore della riflessione dei Padri, con due temi «caldi»: la collegialità e il posto della Madonna nella Chiesa (parlare della Madonna in uno schema a parte o nella conclusione della costituzione sulla Chiesa?). Tutti questi temi risuonavano nel nostro refettorio o attorno al campo di bocce ove i Padri conciliari condi- videvano ciò che li aveva più impressionati nell’aula conciliare. La seconda sessione si concluse con la pro- mulgazione dei primi due documenti conciliari: Sa- crosantum Concilium , la costituzione sulla Liturgia, e Inter Mirifica , il decreto sulle comunicazioni sociali. Oltre a mostrare che, nonostante la lentezza, la «mac- china» conciliare cominciava a produrre qualcosa, questi due documenti avevano anche un che di simbo- lico: si iniziava col riformare la Liturgia, la preghiera della Chiesa, e si prendeva coscienza dell’importanza crescente dei mass media nella società. Nel discorso di chiusura della seconda sessione Paolo VI annunciava la decisione di farsi pellegrino in Terra Santa: «Vedremo quel suolo benedetto, donde Pietro partì e dove non ritornò più un suo successore; noi umilissimamente e brevissimamente ci ritorneremo». Con che emozione noi studenti andammo il mattino presto del 4 gennaio 1964 a vedere il Papa uscire dal- l’arco delle campane per andare a Fiumicino e poi se- guimmo in Tv tutto il suo pellegrinaggio in Terra Santa. Ricordo soprattutto l’abbraccio a Gerusa- lemme col Patriarca Atenagora, mentre il volto di Paolo VI si perdeva nella barba del grande Patriarca. Eravamo in piazza San Pietro anche la sera dell’Epi- fania, al rientro del Papa in Vaticano. RICORDI SPARSI È difficile riuscire a descrivere ora il clima di quegli anni conciliari nella Chiesa, almeno in Italia, e dal no- stro piccolo osservatorio di Viale Mura Aurelie. Di mese in mese ci si sentiva sempre più coinvolti in que- st’atmosfera di trasformazione. Si sentiva la Chiesa più come comunità (importante in questo lo sposta- mento del cap. III a II nella LG: parlare del popolo di Dio prima di parlare della gerarchia). Si sentivano i laici più coinvolti nella vita della Chiesa. L’avvio pro- gressivo della Liturgia in italiano, il senso di cattoli- cità, una Chiesa sempre più universale e meno occi- dentale. Momento intenso fu anche il viaggio-lampo di Paolo VI alle Nazioni Unite, nell’ultima sessione del Conci- lio, il 4 ottobre 1965. Come per tanti altri gesti di Paolo VI, anche qui era la prima volta che un Papa parlava all’Onu e quel suo grido «mai più gli uni contro gli al- tri, mai, mai più … non più la guerra, non più la guerra» si impresse nelle nostre coscienze. Il Papa aveva concepito il suo viaggio all’Onu non come un ge- sto solitario ma come un gesto conciliare, egli parlava lì, a nome di tutti i Pastori della Chiesa, e il giorno se- guente, il 5 ottobre, andò in aula conciliare a riferire sulla sua missione all’Onu. © Giordani
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