Missioni Consolata - Ottobre 2012
42 MC OTTOBRE 2012 La valorizzazione della Sacra Scrittura come base genuina di qualsiasi analisi della realtà letta alla luce del mistero di Dio. La scelta non violenta di lotta delle masse: testimoni eccezionali di santità hanno ispirato questa scelta; basti ricordare l’opera di Dom Helder Camara, Mons. Oscar Romero e i premi Nobel Desmond Tutu, Perez Esquivel e Rigoberta Menchú, e tanti altri che attraverso la non violenza hanno incanalato «la rabbia dei poveri» verso forme di protesta che, rispettose dell’indennità fisica di coloro che deten- gono il potere, erano molto esigenti nella richiesta di rispetto verso i più elementari diritti umani che ve- nivano impunemente calpestati. Le comunità ecclesiali di base, autentici soggetti storici di vita comunitaria dove i componenti risco- privano una militanza cristiana che trovava la sua adeguata collocazione nella Chiesa locale. Il cam- mino di liberazione che promuovevano era fatto sempre dentro la Chiesa, con la Chiesa e mai con- tro di essa. Il silenzio di alcuni esponenti della Ge- rarchia in questo o in quel paese, non hanno infi- ciato, se non in minima parte, la fiducia della gente nei propri Pastori. La coscienza di interi popoli della propria condi- zione di oppressione non ha mai allontanato nes- suno da una Chiesa sentita come Madre, come con- solatrice e guida, mai come avversaria. Il prezzo pagato dai martiri in questo senso, è stato il lievito che ha fatto crescere la fede in una istituzione sen- tita sempre più a fianco dei più emarginati e dei più poveri. Una prassi di comunione e di pace, la forte sottoli- neatura sociale dei contenuti dell’azione pastorale, ha portato le giovani Chiese a vivere un cammino ricco di fermenti evangelici, ciò attraverso un fe- condo e sofferto dibattito sulla Teologia della Libe- razione e su varie Teologie asiatiche e africane, comportando in tal modo utili momenti di rifles- sione per la nostra esperienza pastorale. Una fioritura vocazionale impressionante: la Chiesa nel Sud del mondo, ma anche nei paesi dell’Est euro- peo, dal Concilio in poi sta conoscendo una prima- vera vocazionale che non ha riscontri in tutta la sua storia. Sempre più giovani accettano di mettere la loro vita alla causa del Vangelo e del Regno. La scelta preferenziale per i poveri. È la scelta, in- cisiva nella forma e coraggiosa nella sostanza, che ha caratterizzato i decenni post conciliari se- gnando un leitmotiv al quale si sono progressiva- mente adeguate altre Chiese, e che ha trovato in al- cune affermazioni conciliari riguardanti la «Chiesa dei poveri» le sue autentiche radici. Anche l’impe- gno pastorale della Chiesa italiana di «ripartire da- gli ultimi» (cfr. Chiesa in Italia e prospettive del paese, 1981) e «l’opzione preferenziale dei poveri», suggerita autorevolmente dall’Enciclica Solleci- tudo Rei Socialis di Giovanni Paolo II, risentono di questa esperienza profetica nata e sviluppata nelle giovani Chiese. ANNO DELLA FEDE: NUOVA SFIDA PER LA MISSIONE L’aver sempre più constatato che l’apertura alla missione ad gentes ha cambiato la realtà delle no- stre Chiese particolari, sia perché esse sono state coinvolte nel sostegno ai missionari, sia perché la «missione» è entrata in casa nostra attraverso l’im- migrazione di persone provenienti da paesi con reli- gioni e tradizioni diverse, ha fatto crescere una con- sapevolezza maggiore nella comunità cristiana più sensibile verso i problemi della promozione umana e dell’annuncio del Vangelo. Va detto anche che la parte meno sensibile delle nostre comunità, ha ge- nerato un senso di rifiuto nei confronti della mis- sione e quello che è peggio, nei confronti delle per- sone che arrivano in mezzo a noi alla ricerca di un futuro degno e più dignitoso per loro e per i propri figli. Viene da chiedersi allora, di fronte all’ Anno della Fede che Papa Benedetto ha indetto per il prossimo cammino pastorale della Chiesa universale, come la scelta ad gentes e la nuova evangelizzazione nel Continente europeo, debbano saldarsi in un cam- mino pieno di fantasia missionaria capace di annun- ciare il Vangelo di Cristo a coloro che non lo cono- scono, che magari sono battezzati ma non sufficien- temente evangelizzati, e a coloro che si sono allonta- nati dalla Chiesa, il più delle volte perché essa ha presentato un’immagine di sé poco fedele al suo fon- datore e molto sensibile ai suadenti richiami del po- tere mondano. L’eredità apostolica che abbiamo ri- cevuto non può lasciarci in pace e l’evangelizzazione che porta alla santità e alla conversione devono le- garsi tra loro come fossero una sola cosa per coloro che si dicono cristiani e che vogliono essere chia- mati figli di Dio. L’ Istrumentum Laboris del prossimo Sinodo sulla fede racchiude in sé la domanda cruciale del Van- gelo: «Quando il Figlio dell’uomo tornerà, troverà la fede sulla terra?». E se la troverà, sarà nelle terre di antica tradizione cristiana o fra le nuove nazioni e giovani Chiese da poco apertesi, grazie all’azione dei missionari, al Vangelo di Cristo? Come si vede l’in- terrogativo non è di poco conto, è di quelli nodali ed essenziali. Forse quel che è necessario conservare dell’intuizione conciliare della missione è che la Chiesa, al di là dei numeri, deve essere continua- mente lievito, capace cioè di dare senso alla vita de- gli uomini, dei popoli interi, delle nazioni di giovane o vecchia tradizione cristiana. Essere cristiani di tale stampo è l’imperativo categorico che oggi deve segnare sempre di più le nostre comunità. Sempre più si ha necessità, e ne prendiamo co- scienza, che ciò che importa per l’annuncio del Van- gelo sono dei cristiani integri di coscienza e animati dalla costruzione del bene comune per tutti gli uo- mini, nessuno escluso. Questa intuizione missiona- ria, scaturita dal cuore del Concilio Vaticano II, è e deve diventare sempre più la colonna sonora del no- stro camminare insieme, del nostro vivere la fede nei tempi e nei paesi che Dio ci ha chiamati a vivere. E con Lui al nostro fianco, sappiamo che ciò è possi- bile. Mario Bandera Direttore del Cmd di Novara
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