Missioni Consolata - Ottobre 2012

cupassimo unicamente dell’antichità, ma di dedicarci con alacre volontà e senza timore a quell’opera, che la nostra età esige, proseguendo così il cammino, che la Chiesa compie da quasi venti secoli». Come non rima- nere incantati di fronte a un Papa così coraggioso e giovanile? Ma il discorso non si è fermato qui. Si trat- tava di affrontare il tema della «verità» della fede da custodire e annunciare all’attuale società umana. Il Papa, dopo avere affermato che «la verità del Signore rimane in eterno», ha ricordato che, lungo i secoli, la Chiesa si è sempre opposta agli errori, spesso con- dannandoli. Poi, però, ha impresso il suo sigillo: «Ora tuttavia, la sposa di Cristo preferisce usare la medi- cina della misericordia piuttosto che della severità. Essa ritiene di venire incontro al bisogno di oggi mo- strando la validità della sua dottrina, quanto piutto- sto rinnovando condanne». Al termine della celebrazione, non ero in grado di esprimere i sentimenti provati. In me prevaleva la gioia, nel silenzio. Mi pareva che il Concilio iniziasse come un’aurora piena di luce per la Chiesa. INIZIO AFFASCINANTE Poi l’attività del Concilio si è avviata. Era impossibile venire giornalmente informati su quanto accadeva, ma tutti avevamo le antenne puntate in direzione del- l’aula conciliare. L’Osservatore Romano, fonte princi- pale delle notizie, non l’avevo mai letto con tanto inte- resse, tutti i giorni. Le notizie, sia pure contenute, erano sufficienti a incatenare l’attenzione. La gradita sorpresa è avvenuta quando sono usciti i primi due documenti ufficiali. Firmati da Paolo VI e dai vescovi partecipanti al Concilio, essi erano stati studiati e for- mulati durante il pontificato di Giovanni XXIII e ri- specchiavano bene il suo spirito di Pastore che gui- dava la Chiesa con saggezza e la spingeva in avanti con coraggio. Mi riferisco, anzitutto, al primo documento, la costi- tuzione sulla sacra liturgia, intitolata Sacrosanctum Concilium . Era importante, nella liturgia, garantire la fedeltà alla sana tradizione, ma anche imprimere un impulso di rinnovamento per attualizzarla. Ero in- teressato a entrambi gli aspetti. È stata una gioia leg- gere queste parole: «Per conservare la sana tradi- zione e aprire però la via ad un legittimo progresso, la revisione delle singole parti della liturgia deve es- sere sempre preceduta da un’accurata investigazione teologica, storica e pastorale». L’angolo visuale era quanto mai chiaro: fedeltà e rinnovamento. Sfo- gliando le pagine della costituzione notavo lo sforzo di imprimere un rinnovamento vero, nello spirito e non solo nelle forme: venivano decise anche alcune aperture, che ora sembrano del tutto ovvie, ma che allora erano ritenute non solo nuove, ma coraggiose: l’uso delle lingue volgari nelle celebrazioni liturgiche e la «concelebrazione» dell’Eucaristia, «con la quale si manifesta bene l’unità del sacerdozio». Notavo pure una parola ricorrente: «riforma» del rito batte- simale, del rito della penitenza, del sacramento del- l’ordine, del matrimonio, ecc. In tutte le espressioni liturgiche percepivo come una spinta in avanti nella giusta direzione. Mi pareva che, fin dal suo primo do- cumento, il Concilio facesse respirare a pieni pol- moni. Impressione confermata dal secondo documento, uscito in contemporanea, sul tema dei mezzi di comu- nicazione sociale, intitolato Inter mirifica . Allora sem- brava un tema quasi estemporaneo e di relativa im- portanza. Anch’io, all’inizio, non ci ho fatto molta at- tenzione. La saggezza del Concilio ci ha imposto di en- trare senza ritardi in un mondo di somma attualità, perché la Chiesa «ritiene suo dovere predicare l’an- nuncio della salvezza servendosi anche degli stru- menti della comunicazione sociale». Questa è un’af- fermazione che sembra pronunciata oggi, e invece è di 50 anni fa! DA GIOVANNI XXIII A PAOLO VI Con la morte del Papa Giovanni XXIII, il 3 giugno 1963, circa 6 mesi dopo la chiusura della prima ses- sione del Concilio, ricordo che si percepiva ovunque un clima di incertezza: che fine avrebbe fatto il Conci- lio, dopo aver aperto tanti cuori alla speranza? Non nego che anch’io mi domandavo: «chissà se il nuovo Pontefice vorrà continuare il Concilio?» Quando Paolo VI, appena eletto, ha lasciato intendere che il Concilio avrebbe ripreso il suo iter, e soprattutto quando, il 29 settembre 1963, ha aperto la seconda sessione, si è no- tato subito un diffuso senso di soddisfazione. Il suo discorso ha confermato che il Concilio non si sarebbe scostato dallo spirito con cui era stato indetto. Mi sembra di risentire quelle calde parole di Paolo VI: «Oh, caro e venerato Papa Giovanni; siano rese gra- zie, siano rese lodi a te, che per divina ispirazione, è da credere, hai voluto e convocato questo Concilio, aprendo alla Chiesa nuovi sentieri, e facendo scatu- rire sulla terra onde nuove di acque sepolte e fre- schissime della dottrina e della grazia di Cristo Si- gnore». Così ci è parso evidente che, anche per Paolo OTTOBRE 2012 MC 37 MC CONCILIO E MISSIONE Qui sopra: 11 ottobre 1962, Papa Giovanni XXIII presiede la cerimonia di apertura della prima sessione del Concilio. | Sopra, a sinistra: Una seduta del Concilio presieduta da Giovanni XXIII. | Pagina seguente: Paolo VI, successore di Giovanni XXIII, presiede l’apertura della seconda sessione il 29 settembre 1963.

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