Missioni Consolata - Ottobre 2012

SAPERE DA DOVE VIENE IL SIGNORE Il primo aspetto riguarda «l’origine» di Gesù e quindi la sua relazione col Padre: gli abitanti di Gerusa- lemme, disorientati di fronte al comportamento dei loro capi, sono perplessi sulla persona e l’operato di Gesù, ma hanno una certezza: «Costui sappiamo di dov’è ; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia » (Gv 7,27); per due volte ricorre l’avverbio «dove - pòthen ». Gesù risponde loro di non illudersi, perché possono arrivare a conoscere il «luogo» della sua nascita, ma senza attitudine spirituale non po- tranno mai scoprire la «sua origine», quella che lo mette in relazione con «chi mi ha mandato… e voi non conoscete» (Gv 7,28). Ancora una volta il «dove» è in- timamente legato alla «conoscenza», che non è co- gnizione di dati, ma esperienza di vita. Da parte sua Gesù conosce il suo «dove» d’origine e anche quello del suo compimento, a differenza dei fa- risei che invece si ostinano nel loro limite, impeden- dosi da soli qualsiasi conoscenza e qualsiasi prospet- tiva: « So da dove sono venuto e dove vado . Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado » (Gv 8,14). Gli avversari di Gesù non possono accettare di non avere sotto controllo anche Dio perché per avere il monopolio della religione devono imbrigliare Dio nei loro schemi e nei loro riti: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato» (Gv 9,16). Essi arri- vano ad addomesticare alle loro mire e pensieri anche la tradizione dietro la quale si rifugiano per fuggire dalle novità di Dio: «Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia » (Gv 9,28-29). A essi pensava il profeta nel riportare le parole del Si- gnore: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie» (Is 55,8). Solo l’espe- rienza salvifica (la guarigione dalla cecità) libera l’a- nima e il cuore da ogni condizionamento prevenuto e legge la realtà per quello che è, chiamandola per nome: «Voi non sapete di dove sia , eppure mi ha aperto gli occhi» (Gv 9,30). È la religione del dovere che si contrappone alla fede della ricerca. Scomodano anche Mosè, senza rendersi conto che se avessero ascoltato il condottiero, avrebbero fatta propria la sua preghiera e oggi la sperimenterebbero compiuta: «Mosè disse al Signore: “Il Signore, il Dio della vita di ogni essere vivente, metta a capo di questa comunità un uomo che li preceda nell’uscire e nel tornare, li faccia uscire e li faccia tornare , perché la comunità del Signore non sia un gregge senza pastore”. Il Si- gnore disse a Mosè: “Prenditi Giosuè, figlio di Nun, uomo in cui è lo spirito”» (Nm 27,15-18) 1 . IL PROFETA PARI A MOSÈ In ebraico il nome «Y e hosuàh» nella forma lunga, op- pure «Yoshuàh» nella forma corta, significa «Giosuè/ Gesù». La Bibbia greca della Lxx, traduce sempre con «I ē soûs - Gesù». Il nome è come di solito «teofòrico» perché ha il significato di «Dio salva» 2 . Nel libro dei Numeri, Giosuè è successore di Mosè, ma nel libro del Deuteronomio c’è la promessa al popolo e a Mosè di suscitare un profeta «pari a» Mosè stesso, il profeta più grande di tutti i tempi: «Il Signore, tuo Dio, susci- terà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto» (Dt 18,15). Ecco, il profeta di Dio è ora davanti a Israele, al popolo di Gerusalemme, ai capi, agli scribi e farisei e costoro prendono per sé il Mosè accomodato ai loro bisogni e non si rendono conto che la sua preghiera è stata esaudita nella persona di Gesù che parla «in mezzo a loro»; ma essi perduti nel deserto della loro religio- sità senza Dio, non sanno «di dove sia». Si spiega così perché non possono accogliere i doni dell’abbondanza che egli annunzia: il vino bello delle nozze dell’alleanza rinnovata (Cana in Gv 2,9), l’acqua viva della coscienza delle proprie scelte (Samaritana in Gv 4,11) e il pane che sfama (il pane/eucaristia del- l’abbondanza in Gv 6,5). Essi sono ciechi pur vedendo, miscredenti pur praticando la religione, sazi di sé, nella presunzione di credersi i rappresentanti della volontà di Dio. A loro è precluso il soffio dello Spirito che «soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove ( pòthen ) viene né dove va» (Gv 3,8). Per co- gliere lo Spirito e il suo «dove» bisogna essere dispo- sti a staccarsi dalle proprie sicurezze per correre tra le spire del vento e lasciarsi portare in luoghi e «dove» inesplorati e forse mai sognati. Nel IV vangelo pare che l’unico interessato a sapere il «dove» di Gesù sia l’uomo più lontano da lui, per com- pito e per stato: Pilato, il procuratore romano, rappre- sentante di quel potere antagonista con il servizio an- nunciato e vissuto da Gesù ed espressione di una po- tenza deificata, tanto che il suo imperatore è «divino» per antonomasia. Incuriosito dal mistero che circonda quell’uomo che si trova di fronte, non esita a chiedere, disarmante: «“Di dove sei tu?”. Ma Gesù non gli diede risposta» (Gv 19,9). Non è tempo di discussione tra concezioni di vita e di poteri: il dramma è agli sgoc- cioli e anche Pilato è nelle mani di un gioco più po- tente di lui, perché la sua legittima domanda è imme- diatamente stritolata nelle maglie dell’alleanza tra la religione e il potere, la spada e l’altare: «Se liberi co- stui, non sei amico di Cesare!» (Gv 19,12). SE CESARE PRENDE IL POSTO DI DIO Ai capi dei sacerdoti interessa non l’amicizia di Cesare né tantomeno quella di Pilato, ma che non si rompa il patto di stabilità tra il potere religioso e quello poli- tico, pagando il prezzo della consegna di Gesù che af- ferma di essere «Figlio di Dio», anzi proprio per que- sto. Qui si svela il «dove» dei capi dei sacerdoti, cioè delle guide, coloro che si vantavano di essere disce- poli di Mosè, il padre dell’esodo e il maestro del Sinai, il profeta dell’alleanza sponsale, colui che guidò il suo popolo, gli antenati dei capi di oggi, a scegliere Dio come proprio Re, trasformandolo in popolo regale (cf OTTOBRE 2012 MC 33 MC RUBRICHE # Charlton Heston, impersona Mosè nel film I Dieci Comandamenti .

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=