Missioni Consolata - Ottobre 2012

di Gigi Anataloni EDITORIALE OTTOBRE 2012 MC 3 Ai lettori 50 ANNI FA, OGGI, IL CONCILIO E ra il 20 agosto, la festa di Id al-fitr per la fine del Ramadan era appena passata. I media na- zionali le avevano dedicato ampio spazio, sottolineando come in molte città il vescovo loca- le avesse inviato alla comunità islamica messaggi speciali per l’occasione. Su un giornale, c’era anche la testimonianza di una cattolica convertita all’Islam. «Sono diventata musul- mana perché la regola, il rigore del culto con i suoi precetti, sono per me una protezione», diceva la signora ( La Stampa , 20/8/2012). Leggerla non è stato certo motivo di gioia per uno come me che cerca di spendere la vita a far conoscere e amare il Signore Gesù. Letto il giornale di primo matti- no, sono andato a celebrare l’eucarestia in parrocchia. Il Vangelo del giorno, da Matteo, raccontava del giovane ricco. «Cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?», chiedeva lui. «Perché mi in- terroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo», rispondeva Gesù. Mi ha colpito la risposta di Ge- sù, che pure avevo letto tantissime volte. Il giovane poneva al centro le «cose buone» da fare per avere la certezza di essere a posto. Gesù, invece, collocava al centro l’Unico che «è buono». Il gio- vane favoriva il «fare», Gesù privilegiava la relazione che poi diventa «seguire», farsi discepolo in abbandono totale in Dio (cfr. Mt 19,16-22). L’uomo cerca la religione, Gesù esige la fede. «Volete andarvene anche voi?», chiede Gesù ai dodici (Gv 6,67) dopo un lungo dialogo nel quale li sfida ad accoglierlo e seguirlo per quello che è, il Figlio di Dio - pane di Vita, e non per quello che potrebbe fare per loro e le loro sicurezze. Questo mese di ottobre, già di per sé mese tutto missionario, ci offre, dal giorno 7, il Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione, e il giorno 11 l’apertura dell’Anno della Fede nel cinquantesimo anniver- sario dell’inizio del Concilio Vaticano II. Sono quattro elementi che insieme offrono alla Chiesa un’ottima occasione per ripensare l’annuncio del Vangelo oggi. Non è questo lo spazio più adatto per un’analisi approfondita del perché sia urgente una nuova evangelizzazione. Constato solo che se la religione può essere un fatto «ereditario», la fede non lo è. La fede è una scelta personale che ognuno deve fare, perché è rapporto a tu per tu con Cristo Gesù, mentre la religione può essere ridotta a una serie di norme, precetti e riti ben assorbiti nella cultura e tradizione. Se oggi la religione tiene, e, anzi, la religione che ha regole più immediate, semplici e rassicuranti attira di più (come la religione del consumismo dilagante di oggi), la fede invece è in crisi proprio perché richiede una scelta, sfida la libertà, ed è un incontro/alleanza/ma- trimonio con Gesù Salvatore senza regole previe, eccetto quella dell’amore. «Ama e fa ciò che vuoi», diceva sant’Agostino. Le regole vengono dopo, per aiutare la nostra debolezza. Cinquant’anni fa iniziava il Concilio Vaticano II. Avevo dodici anni, guardavo la «Tv dei ragazzi» so- lo la domenica in parrocchia, non c’era radio in casa né giornale. Il Concilio non fece notizia nella nostra campagna popolata di duro lavoro, mucche, galline e buon vino. Il primo impatto lo ebbi in seminario. Ero il sacrestano, fu un avvenimento il preparare l’altare rivolto verso il popolo per la prima messa in italiano. Ma fu al liceo che il Concilio divenne pane quotidiano. Conservo ancora gelosamente la prima edizione dei documenti in latino e italiano, tutta sottolineata e annotata, ac- quistata il 4/1/1967. È su quei testi che si costruirono le basi per vivere il ’68 senza complessi e con forte senso di missione. È con il Concilio in mano, la Bibbia e il testo del Diritto Canonico (gli unici veri libri, per il resto si marciava a dispense!) che studiammo teologia. Il Concilio aveva rimesso al centro della vita cristiana l’universale e fondamentale chiamata alla santità ( Lumen Gentium 39-40) come pienezza della vita cristiana e perfezione della carità. Aveva privilegiato la Chiesa come «popolo di Dio», ribaltando una concezione gerarchica e restituendo a ogni battezzato la sua dignità originale. Aveva riportato la missione nel cuore di tutta la Chiesa e aperto nuovi atteggiamenti di rispetto, dialogo, collaborazione con le altre religioni e con la realtà umana nella sua totalità. Fu un Concilio che mise la Chiesa in cammino con l’Umanità. Un cammi- no difficile, spesso sofferto e contraddittorio, che non si basa su risposte scontate, ma richiede un continuo atteggiamento di ricerca e tanta fede. Un cammino iniziato cinquanta anni fa e non anco- ra concluso, perché è «camminando che si traccia il cammino», sulle orme del grande cammina- tore, Gesù di Nazareth, figlio dell’Uomo, Figlio di Dio.

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