Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2012

MC «E ORA VOLERAI» UNA STORIA, UNA MAMMA Entriamo in casa di Daniela. L’ambiente è curato, i colori alle pareti sono caldi, tutto è predisposto per la quotidianità con una piccolina. C’è quella piacevole aria ludica che ri- corda il bozzolo delle farfalle. La piccola Giulia – di 10 mesi - è solare e socievole. Emette i primi tentativi pre-linguistici, la classica «lallazione»z, e non cessa un attimo di sorridere. Il temperamento non le manca e neanche la dolcezza. Daniela è un’energica 50enne con due fi- gli biologici adolescenti, due storie di affido alle spalle e una in corso. Le chiediamo com’è iniziata la sua avventura di mamma affi- dataria nel Progetto neonati: «Il mio viaggio nel mondo del- l’affidamento è iniziato nel 2008. I miei due figli comincia- vano a essere più autonomi e, sull’onda dell’entusiasmo di una coppia di nostri amici affi- datari, mio marito e io ini- ziammo il percorso di cono- scenza. Il primo affido di un maschietto durò un anno e mezzo e gli ultimi 7 mesi fu- rono di inserimento nella fami- glia di origine. Terminato un affido, si viene rivalutati e – nel giro di poco tempo – fummo ri- contattati per il secondo. Per quello che riguarda la mia esperienza, i due precedenti bimbi sono tornati alle famiglie di origine, con le quali conti- nuiamo ad aver un buon rap- porto». Daniela, da mamma af- fidataria, cosa si sente di con- sigliare a chi vuole intrapren- dere questo iter? «Innanzitutto una duttilità mentale e una grande disponibilità di tempo. Alle mamme affidatarie si ri- chiede infatti di prendere al- meno 6 mesi di astensione dal lavoro (la maternità è prevista per gli affidi) e di sapere a priori che seguire un bambino affidato necessita un surplus di tempo e di disponibilità affet- tiva. A volte occorre portare il bambino per tre volte alla set- timana nel luogo neutro. Non basta dunque solo la motiva- zione ma anche esser consci che “mettersi a disposizione” presuppone qualche rinuncia. Va detto, poi, che le previsioni sul tempo relativo all’affido non sono mai certe; le variabili sono troppe e la permanenza del bambino può dilatarsi». E in termini emotivi come oc- corre «corazzarsi»? «È neces- sario acquisire una mentalità di servizio a “tempo” e far ma- turare dentro sé stessi la con- sapevolezza di essere un mec- canismo dell’ingranaggio “Af- fido” dove la tutela del bam- bino è il centro del progetto e non si è mai soli, ma supportati dai servizi sociali e psicologici. I gruppi di sostegno tra le fami- glie sono poi un ottimo stru- mento per infondersi fiducia e mettersi a nudo nei momenti positivi e in quelli difficoltosi». Mentre dialoghiamo davanti a una tazza di tè, Giulia alterna rapide gattonate ad acrobazie da equilibrista. È il momento pomeridiano della nanna, ma prima di andar via chiediamo a Daniela di offrirci un’immagine o un suo personale sentire sul- l’affido. «La piantina per es- sere trapiantata necessita di aver buone radici. La piantina è il bimbo e le radici sono gli af- fidi. Più forte e sereno sarà stato il periodo dell’affido, più semplice sarà il passaggio verso il futuro. Senza contare che anche per gli affidatari vige lo stesso discorso che per i ge- nitori: amore e fiducia ma an- che regole per aiutare i bam- bini a radicarsi al meglio nella nuova realtà». Gabriella Mancini

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