Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2012
42 MC AGOSTO-SETTEMBRE 2012 GRUPPO DI MUTUO AIUTO Riesco a scrivere di queste cose con calma adesso, con il distacco favorito dal tempo trascorso. In quei giorni era più complicato: se con loro mantenevo un saldo equilibrio, da sola o con mio marito, la te- sta mi si affollava di preoccupazioni. Per fortuna eravamo inseriti in un gruppo di auto mutuo aiuto (Ama) con compagni di viaggio formidabili, capaci di ascoltare, ragionare insieme a noi e suggerire pi- ste di azione in base alla loro esperienza, molto si- mile alla nostra. In quegli anni, mentre viviamo in un vortice impe- gnativo, la scuola dimostra tutta la sua incapacità. Io, che sono anche insegnante, divento una furia quando vedo l’incomprensione totale nei miei colle- ghi. Il motto dei più è: «I ragazzi sono tutti uguali, ognuno ha la sua storia e non possiamo stare die- tro agli alti e bassi di ciascun allievo. La scuola deve andare avanti». Quale scuola, mi chiedo io? Di certo non quella che intendeva don Milani e neppure quella in cui credo! Questa scuola che sa tutto, che riempie vasi vuoti di saperi freddi e distanti, che stabilisce standard cui bisogna arrivare quando e come ha stabilito qualche dio sceso in terra è totalmente cieca e non riesce a incoraggiare l’apprendimento dei ragazzi, a partire dalla loro unicità. E in questa scuola, le tre figlie che ho in affidamento annegano: 3 boccia- ture, 3 cambi di istituto superiore, 3 abbandoni dopo la qualifica. Ragazzine intelligentissime si perdono nella fitta foresta dei loro problemi, men- tre qualcuno continua a gridare: «Non hai ancora studiato pagina 20»! Per fortuna, il gruppo Ama ci aiuta a non cadere nella trappola che porterebbe alla rottura: la scuola è importante, ma al primo posto c’è la rela- zione. Per evitare litigi furibondi e quotidiani per studiare e fare i compiti, ci facciamo aiutare da una studentessa che viene in casa al pomeriggio a oc- cuparsi di scuola. E così piano piano, Elisa, Alice, Giulia crescono e noi, un po’ puntellati, riusciamo a resistere. A QUOTA DICIOTTO Il servizio sociale rivela la sua totale incompetenza quando le ragazze si avvicinano alla maggiore età, i 18 anni. Quello è un momento difficilissimo di crisi iden- titaria: «Che fine farò? Tornerò dai genitori? Starò qui? Gli affidatari mi terranno?» I pensieri non detti risuonano e alzano la tensione in casa. Per Elisa, un’assistente illuminata arriva e, guar- dandola negli occhi, le restituisce un rimando di realtà nel quale i sogni stanno da una parte e le possibilità dall’altra. Non c’è da scegliere. La casa e la famiglia in cui sperimentare l’autonomia sono una sola: quella af- fidataria. Per Alice e poi Giulia, no. L’assistente sociale è in aspettativa e non viene sostituita se non per le for- malità burocratiche. Mentre una ragazzina alla volta lotta con se stessa e con noi per mettersi alla prova e scappa di casa due volte al mese, nessuno ci aiuta. At- tingiamo a risorse insperate e proviamo a fare ciò che dovrebbe fare chi è pagato per questo: le costringo a un dialogo a quattrocchi in cui mettiamo sul tavolo paure, idee, speranze e rabbie. Poi facciamo un patto: tempi, modi, risorse per andare a vivere in autonomia, se è questo che desiderano. Funziona! Giulia e Alice partono entrambe, a distanza di un anno, per sperimentarsi da sole: a soli 19 anni iniziano a gestirsi in un alloggetto, riescono a pagare le bollette (con qualche aiutino di papà), puliscono, la- vano, fanno la spesa, sperimentano la gestione del tempo. Per Alice è più facile perché il suo ragazzo l’ap- poggia e sceglie di convivere con lei. Per Giulia cerco aiuto: trovo uno splendido servizio di educatori che accompagnano ragazzi delle comunità verso l’autonomia. Bastano sei ore a settimana per so- stenerla nella sua vita autonoma, dove sperimentarsi senza mamma e papà, ma non proprio in solitudine. E anch’io piano piano imparo a ridefinirmi, a sosti- tuire la presenza costante con l’attesa fiduciosa, a stare al mio posto, a non perderle di vista da lontano, pronta ad aprire loro la porta quando la nostalgia di casa riaffiora per un attimo, quando c’è bisogno di un abbraccio per ritrovare forza e ripartire. G.L.
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