Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2012

naso. Spesso, poi, mi è capitato di riscontrare come siano gli stessi istituti missionari a igno- rare l’esistenza del cinema mis- sionario! Sono loro i più scet- tici». Guido Convents è uno storico e antropologo belga, classe 1956, che negli anni Ottanta ha iniziato a indagare il cinema africano di area lusofona. Ed è una delle menti dell’Afrika Filmfestival. Parlare di cinema africano, ine- vitabilmente significa toccare al- tri due grandi temi: la storia co- loniale e la storia della chiesa missionaria. È in quel contesto che il cinema missionario come tale ha iniziato a essere indivi- duato, riconosciuto e studiato. UNA DEFINIZIONE Ma che cos’è il cinema missiona- rio? Come lo potremmo definire? E qual è stato il primo film mis- sionario della storia? E in Italia? «Con il termine cinema missio- nario si intendono i film realiz- crede valga la pena recuperarlo e studiarlo. Tempo perso? «No». E ci man- cherebbe. Ma il punto è: il ci- nema missionario esiste, sì o no? «In realtà gli studiosi sanno che il cinema missionario esiste - af- ferma Maria Francesca Piredda -. Guido Convents ha iniziato a mettere le mani sul cinema mis- sionario italiano 10 anni fa, i suoi interventi sono nella Storia del Cinema Mondiale curata da Gian Piero Brunetta, Einaudi, anche se poi ha preferito soffermarsi sullo studio del cinema missio- nario francofono, visto che lui è belga. Più che non crederci, il resto degli studiosi resta molto sorpreso, sottovaluta il feno- meno. Forse i più credono che si parli di qualche film, non di qualche centinaio, e storce il zati dai missionari in qualità di registi, ma anche di produttori, laddove la regia veniva affidata a professionisti del settore. Si tratta di film sia documentari (la maggior parte) che di finzione, il cui fine principale è quello di far conoscere l’attività missionaria in madrepa- tria, in modo da ottenere aiuti economici o il semplice sostegno morale e spirituale. È difficile stabilire quale sia il primo film missionario della storia. Non possiamo dirlo con certezza perché pro- babilmente del primo film non si sono con- servate testimo- nianze. Diciamo che, in base ai dati di cui disponiamo, i missio- nari utilizzano la mac- china da presa già nel primo decennio del se- colo scorso, soprattutto i missionari anglosas- soni. Per quanto ri- guarda l’Italia, i primi film missionari di cui ab- biamo notizia sono La processione di Fontana- mora , realizzato da Padre Al- berto Maria De Agostini, dei mis- sionari Salesiani, nel 1921, e Ita- lia in Eritrea e L’opera delle Mis- sioni , realizzato dai missionari Cappuccini nel 1922. Si tratta di due documentari, il secondo cer- tamente più interessante perché documenta la presenza missio- naria in Africa e la convivenza con il governo coloniale italiano nella regione. Anche da un punto di vista etnografico, Italia in Eri- trea e L’opera delle Missioni , sono film estremamente inte- ressanti per le numerose scene dedicate alla descrizione delle popolazioni locali». E mentre in Belgio e a Milano, con tempi e modalità diverse, il cinema missionario prende corpo come disciplina, anche a Torino, la città dove il cinema italiano, alla fine dell’Ottocento aveva mosso i primi passi, qual- cun altro aveva iniziato a interes- sarsi al tema. Infatti, all’ombra della Mole Antonelliana, da un paio d’anni, esiste l’Associazione per l’Archivio Nazionale del Ci- AGOSTO-SETTEMBRE 2012 MC 29 MC ARTICOLI

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