Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2012
campionario custodito all’interno dell’edificio fu reso accessibile ai visitatori, solo nel ‘90, appena terminata la costruzione del Se- minario della Yolée a Bouar. Al- lora Padre Vallarino poté final- mente disporre di un salone e di alcuni piccoli locali per esporre la quantità di cimeli che aveva raccolto. Ma molto altro mate- riale rimaneva ancora ammas- sato. Forse, però, l’ossatura con- tenutistica dell’attuale Museo si era già costituita. STORIA ED ETNOGRAFIA DI UN PAESE DI SEMPLICI ARTISTI. L’ARTE DEL QUOTIDIANO. Oggi alla Yolée–Bouar sono esposte soprattutto collezioni di opere d’arte lignee, statue e ma- schere. E ancora nuove sculture in bronzo, terracotta, tessuti et- nici, oltre ad una vasta selezione di monete antiche e oggetti d’uso comune, infine, pettini, fionde, grandi cucchiai con le gambe, bobine per telai dal seno conico e martelli musicali dal corpo umano. È un mondo fanta- stico abitato da abbracci e occhi socchiusi, acconciature esube- ranti e becchi aguzzi, corpi di an- tenati e di esseri scolpiti magi- stralmente nell’ebano duro della terra centrafricana. Particolare interesse antropologico riveste la collezione di statuette e scul- ture con valore magico-sacrale in laterite, di origine gbaya. Sono state rinvenute durante i lavori agricoli nelle campagne circo- stanti; sono reperti unici la cui datazione risalirebbe, secondo la ricostruzione degli anziani, al- meno al diciottesimo secolo d.C. Ma ancora molto poco si sa. E le condizioni di decorazione e li- sciatura del materiale lateritico, così come è stato rinvenuto, usura a parte, lascerebbe sup- porre ad una datazione antece- dente di almeno sei, forse sette secoli, rispetto a quanto in pre- cedenza ipotizzato. Oltre agli idoletti sacrali, il Mu- seo vanta una nutritissima colle- zione di armi, in particolare lance, solo in parte visibili al pubblico. Nelle attuali strutture espositive della Sala delle Armi, ma soprattutto nei magazzini del museo, sono infatti oltre mille- cinquecento i pezzi bellici archi- viati, ascrivibili in gran parte alle che studiavano per conto delle Università francesi sul territorio del Centrafrica e, seguendo an- che i loro consigli e le loro ricer- che, selezionò il materiale che aveva raccolto. Ottenne inoltre anche l’autorizzazione di portare in Italia molti cimeli e materiale locale: corna di antilopi, teschi di gorilla e di elefante, zanne ed oggetti d’avorio ed ebano lavo- rati, attrezzi di caccia e pesca, nidi d’uccelli, utensili domestici e strumenti agricoli. Vennero in Italia anche cinque danzatori dell’etnia Panà che Padre Um- berto seppe amabilmente far co- noscere alla comunità, insieme alle ricche raccolte museali esposte in varie località turisti- che della Liguria, dove contem- poraneamente si esibirono que- sti abili artisti. Negli anni Ottanta aveva “accatastato” questo ma- teriale in un magazzino in mat- toni cotti che era stato costruito a Bokaranga, a Nord di Bouar. Tutti sapevano che era il “museo di Padre Umberto”. Ma il ricco tribù banda, baya, mandja, sara, mboun, m’baka, yakoma e ubangi, ovvero i gruppi etnici principali del Paese. Si tratta, in realtà, solo di alcune delle nu- merose bellezze del museo et- nografico della diocesi, cono- sciuto in tutto il paese come le «Musée de la Yolée». Un ricco patrimonio di oltre tremila pezzi, che riunisce la storia delle di- verse etnie dell’antico Oubangui- Chari. Nell’attuale rassegna arti- stica ed espositiva è possibile in- contrare una sorprendente va- rietà di oggetti e temi, unita ad una stupefacente ricchezza for- male. Il tutto declinato con estrema molteplicità di stili, tra- sparenti, dinamici e trans-comu- nitari, che hanno ovviamente contribuito a forgiare le diverse identità culturali del Paese, cia- scuna con una propria tradizione visiva, spesso veicolata nelle di- verse maschere, armi, figure, strumenti ed accessori. Prevale innanzitutto l’aspetto plastico. Le forme elementari che si sommano e si fondono in una sequenza mai casuale e l’apparente deformazione o im- precisione del reale, rispondono a precisi schemi iconografici. Gli altri aspetti che prevalgono nel- l’arte centroafricana esposta sono l’enfasi sulla figura umana, il prevalere della rappresenta- zione simbolica sulla rispon- denza figurativa, l’assenza di una proporzione lineare nella scala degli oggetti. E l’utilizzo degli oggetti medesimi, sempre legati a rappresentazioni attive piutto- sto che ad un’esposizione sta- tica. Per lo più le opere sono de- finite attraverso la costante espressiva dello stile del quot- diano che, semplice ed essen- ziale, esprime una cultura, un popolo e non l’individualità del- l’artista. Prevale, semmai, la ge- nialità di un popolo che cerca la soluzione ai problemi di soprav- vivenza quotidiana, creando al contempo gli oggetti, gli dei e gli idoli che lo possano meglio aiu- tare. D’altro canto, ogni forma d’arte locale non è fonte di piacere estetico, da cui concettualmente tutta l’arte nera si pone con no- tevole distacco; ma allo stesso tempo possiede valori morali. Ogni oggetto non ha solo una di- AGOSTO-SETTEMBRE 2012 MC 25 MC ARTICOLI
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