Missioni Consolata - Luglio 2012

Che traguardi raggiungesti? Intanto cominciai a testimoniare con i miei compagni l’amore di Dio verso tutti gli uomini, a qualunque razza, lingua e popolo essi appartenessero. Venni a contatto con persone provenienti da altri paesi e mi resi conto che Goa doveva essere un trampolino di lancio verso nuovi orizzonti. Con la lingua come te la cavavi? Male purtroppo! Iberico di nascita parlavo sia lo spa- gnolo che il portoghese, essendo vissuto in Francia parlavo anche il francese e avendo fatto gli studi in la- tino lo conoscevo alla perfezione, me la cavavo discre- tamente anche con l’italiano, ma come puoi ben ca- pire erano tutte lingue neolatine. Per parlare con la gente del posto avevo sempre bisogno di un inter- prete; in una città di mare non è difficile trovare al porto persone che parlano diverse lingue: lì incontrai anche alcuni giapponesi che affascinati dal messaggio evangelico mi proposero di andare ad annunciare la Buona Notizia nel loro paese, il paese del Sol Levante. Quindi decidesti di partire per il Giappone. E là cosa successe? L’incontro con la realtà nipponica modificò radical- mente il mio modo di evangelizzare: incontrai un po- polo nobile e fiero e capii che Dio ci aveva già prece- duti con l’azione dello Spirito. Approdato a Nagasaki, chiesi di incontrare lo Shogun, e per mostrargli in tutta povertà lo spirito del Vangelo, decisi di andare a Kyoto in veste povera e dimessa, ma non venni rice- vuto. Imparai la lezione e, indossando quanto di più raffinato mi ero portato dall’Europa, chiesi di incon- trare l’influente principe di Yamaguchi. Questa volta venni accolto cordialmente e ottenni il permesso di ri- siedere e di annunciare il Vangelo in quella città. Ci furono conversioni? Sì. La gente era colpita da questo Dio che poteva chia- mare Padre, pieno di tenerezza verso l’umanità pec- catrice, un Dio che desidera salvare gli uomini più che condannarli; negli anni che passai a Nagasaki diverse persone chiesero di essere battezzate. Feci ogni sforzo per far crescere la piccola comunità cristiana che si era formata e offrire loro un’istruzione catechi- stica che potesse incidere nella loro vita. Come mai dal Giappone decidesti di partire per la Cina? Per i Giapponesi, i Cinesi erano i maestri indiscussi di ogni scibile. Dato che i bonzi si opponevano sempre alla mia predicazione, dicendo che se la religione cri- stiana fosse stata vera, i cinesi l’avrebbero già cono- sciuta, decisi di andare in Cina per iniziare l’opera di evangelizzazione. Però in Cina non ci sei arrivato No! Dopo anni di intenso apostolato, di lunghi viaggi via mare, di fatiche inenarrabili, consumato anche da malattie contratte in quel periodo, ero molto debili- tato, ma non per questo rassegnato a non arrivare in Cina. Riuscii ad avere un passaggio su una nave di- retta a Canton, giunto però all’isola di Sancian capii che era arrivata la mia ora. Difatti lì si concluse il mio impegno missionario; negli occhi avevo l’immagine del paese a cui più di ogni altro desideravo accedere. Il mio desiderio di portare in Cina il Vangelo fu però raccolto da altri miei confratelli, tra cui il vostro Mat- teo Ricci, i quali qualche tempo dopo riuscirono a in- stallarsi alla corte imperiale di Pechino, ponendo così le basi per un’azione di evangelizzazione di cui oggi vediamo spuntare i germogli. I tempi del Signore non seguono le nostre sta- gioni, vero? I suoi frutti però arrivano sempre a maturazione. Don Mario Bandera - Direttore Missio Novara MC RUBRICHE # Francesco Saverio alla corte dell’imperatore del Giappone (da un dipinto portoghese del XVII secolo). © CC by-2000 80 MC LUGLIO 2012

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