Missioni Consolata - Luglio 2012

IL DIRITTO DI VIVERE «FUORI DAL MONDO» Altro tema delicato è quello che riguarda i «popoli in isolamento». Nell’era della globalizzazione e di Google Earth, questa pare una cosa impossibile, ma (per for- tuna) è reale. «Sembra una leggenda - hanno scritto gli antropologi Glenn Shepard e Beatriz Huertas 3 -. Oggi, all’inizio del Terzo millen- nio, nel pieno splendore dell’era informatica, quando tutte le na- zioni sono unite da relazioni eco- nomiche, sistemi di trasporto in- ternazionali e una rete di comu- nicazione elettronica istantanea (...), nella remota foresta amaz- zonica sopravvivono piccoli gruppi nomadi che rifiutano il contatto con il resto dell’umanità e si mantengono isolati dalla co- siddetta “civilizzazione”». Alla Fenamad li chiamano Piav, Pueblos indigenas en aislamiento voluntario y en contacto inicial . In Madre de Dios, la loro esistenza è stata ufficialmente riconosciuta nel 2002. Sono gruppi di poche decine di individui, nomadi che vi- vono di caccia, pesca e della rac- colta dei frutti della foresta. «Per noi - ci spiega Alicia - è un onore che esistano ancora popoli così». Alicia ha ragione: è un mi- racolo che questi indigeni siano riusciti a preservare il proprio isolamento, nonostante una mi- grazione sempre più massiccia da altre zone e da altri paesi, una migrazione favorita anche dalla nuova Carretera Interoceanica Sur . Il contatto con il mondo de- PERÚ terminerebbere, con tutta proba- bilità, la loro estinzione. Già è stato difficile per i popoli indigeni «integrati» sopravvivere all’im- patto con il mondo bianco. La loro cosmovisione non è mai stata compresa, nonostante la mag- giore visibilità conquistata in que- sti anni. «Se il territorio ancestrale - spiega Alicia - è la ragione di vita, la cosmovisione è la ragione di essere. L’indigeno vive per sem- pre. Non smette di esistere anche quando è morto. L’indigeno conti- nua. Questa è la cosmovisione che il mondo moderno non riesce a comprende perché preso sola- mente dalle cose materiali. Terri- torio, cosmovisione e popolo indi- geno si relazionano in un solo sentire, che è la sabiduría ». La saggezza indigena. «QUI NON SONO FELICE» Alicia, donna di 27 anni, ha vinto un’elezione ed è una dirigente con un ruolo di responsabilità. Ragionando all’occidentale, ver- rebbe da pensare che abbia fatto cano gli addetti e mancano le strutture. Ci sono programmi, ma il personale visita le comu- nità una volta all’anno. Però tu non sai quando ti ammalerai. Ci sono comunità molto difficili da raggiungere nel Parco nazionale del Manu e che vivono in condi- zioni di estrema povertà. Si ar- riva via fiume, ma costa moltis- simo. Spesso neppure noi pos- siamo affrontare la spesa. Così ci andiamo solamente una o due volte all’anno. Però non è suffi- ciente. C’è gente che muore e nessuno dice nulla». Nel campo dell’educazione le cose non vanno meglio: «Nel paese le lezioni iniziano a marzo, nelle comunità a giugno o luglio. Non c’è avanzamento perché manca la volontà da parte delle stesse istituzioni». Chiediamo ad Alicia quanti siano i professori indigeni. «Di- sponiamo di 26 indigeni con il diploma di maestro, che sono molto pochi. Ci sono comunità che hanno 3 livelli scolastici: iniziale, primaria e secondaria. Mentre noi abbiamo maestri soltanto per il livello primario. Chi copre quello iniziale e quello secondario? Per i nostri ragazzi, abbiamo stipulato una convenzione con un istituto universitario affinché possano accedere agli studi. Entrano all’Università ma poi non sanno dove andare a vivere, non essendoci qualcuno che li sostenga. Noi non possiamo aiutarli, perché non abbiamo fondi sufficienti». # Sopra : un gruppo di indigeni della Fenamad durante una manifesta- zione; a destra : donna indigena. # Pagina seguente : Tatiana Espinosa e Michel Saini sul Rio Las Piedras, nell’area di Arbio, a Madre de Dios; vegetazione nella foresta amazzonica di Madre de Dios e una mariposa azul . © Archivio_Fenamad © Archvio _Fenamad 54 MC LUGLIO 2012

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