Missioni Consolata - Luglio 2012

DAI LETTORI Cari mission@ri LUGLIO 2012 MC 5 forse l’unica cosa che ri- mane da fare è pregare, almeno quello cambia di sicuro in positivo il cuore di chi prega. RICORDANDO SUOR AGNESE BEGLIATTI Ci sono momenti di gran- de prova e di grande an- gustia in cui affronti il do- lore per la perdita di una persona cara, momenti in cui ti lasci andare e ti la- sci invadere dallo sconforto e dalla tristez- za, ma che ti portano a parlare con Cristo, con Colui che per amore si è portato sulla croce tutti i peccati del mondo. Stamane (18/4/2012) ho avuto la triste notizia del- la morte di suor Agnese Begliatti, conosciuta co- me sr. Costantina, mis- sionaria della Consolata. Ho provato uno strappo e- motivo di rara intensità e tanti pensieri hanno affol- lato la mia mente, ripor- tandomi ad un periodo della vita incancellabile. Di suor Agnese non di- menticherò mai l’entusia- smo, il dinamismo a fin di bene, la grande carica u- mana e simpatia, ma so- prattutto la forte fede in Dio, la fede dei semplici. Con lei e suor Clarenzia, ATTENTATI CONTRO I CRISTIANI IN NIGERIA E KENYA Sono un’illusa? Carissimo Direttore, vorrei poterti scrivere in occasioni meno tragiche, ma i recenti fatti in Kenya, Nigeria e Mozambico mi hanno molto rattristato ed indignato. Mi ha colpi- to anche la quasi indiffe- renza dei media, che in altri casi avrebbero susci- tato un vespaio di reazioni e di discussioni. Solo nel quotidiano Avve- nire ho trovato ampi e dettagliati servizi per cui mi sono sentita in dovere di scrivere una lettera che il Direttore ha pubblicato ieri nella rubrica delle «Lettere dei lettori». Te l'allego. Dentro c'è tut- to il mio sdegno ma an- che la speranza che la gente possa capire, riflet- tere, risvegliarsi. Sono un'illusa? Grazie e ... un minuto di silenzio! Grazie «Avvenire», grazie per aver dedicato ampio spazio alle notizie e al commento degli attentati ai cristiani in Nigeria e in Kenya. Grazie per il tentativo di risvegliare i lettori chiusi nell’immobilismo dei loro piccoli interessi, nel cir- colo vizioso delle vicende economiche a cui gli stati europei cercano invano di dare una soluzione quan- do sarebbe bastato, negli scorsi anni, non vivere al ritmo delle cicale, illu- dendosi di abitare nel paese di Bengodi mentre il terzo mondo arrancava, si arrabattava per soprav- vivere, si affannava a chiedere visibilità ed aiuto ai gaudenti occidentali che esibivano dagli schermi televisivi il loro benessere di fronte a co- loro che non potevano che raccoglierne le briciole. Grazie per l’analisi seria ed impietosa delle moti- vazioni ideologiche ed e- conomiche e delle cause pregresse.Grazie anche per le immagini, voluta- mente a colori perché meglio risaltassero le de- vastazioni, il sangue, il pianto delle vittime. Ormai siamo diventati de- gli spettatori annoiati che solo immagini forti pos- sono ridestare. Fateci emozionare, fateci riflettere, fateci piangere con quelli che piangono a causa di un’insulsa vio- lenza. Usate parole forti per farci capire l’ingiusti- zia di una libertà violata, di un diritto calpestato. Amo l’Africa e mi sento particolarmente vicina a- gli stati del centro Africa, a questi popoli che chie- dono acqua, istruzione, lavoro,che sanno pregare con spontaneità nelle loro chiese con i loro canti e le danze pittoresche. Nella grande Chiesa della Consolata di Nairobi, nel- la cappella del SS. Sacra- mento gente di ogni ceto e di ogni età si alterna 24 ore su 24 nella preghiera di adorazione. Una presenza continua e silenziosa. Forse anche noi dovremmo arrestarci e dedicare qualche minu- to di silenzio a questi morti innocenti, nostri fratelli d’Africa che la Morte, per mano di estre- misti fanatici, si è portati via in luoghi simbolo: una chiesa e un’università, luoghi da dove inizia il ri- scatto dalla povertà attra- verso il contatto con Dio e il cammino della Cono- scenza. Giulia Borroni Cagelli Via email , 06/05/2012 Cara Signora Giulia, in- namorata dell’Africa, grazie per le tue parole scritte col cuore. L’argomento che tocchi è molto delicato perché davvero ci si abitua ai di- sastri, ai drammi, alla sofferenza. Per restare ai fatti che citi, un missiona- rio ha scritto dal Kenya che ha «saputo dell’at- tentato alla chiesa di una piccola “setta” protestan- ta da amici in Italia. A Nairobi, i problemi del vi- vere quotidiano sono molti e in una città di ol- tre 5 milioni di abitanti, anche piuttosto violenta, un morto non fa molta notizia». Un altro missio- nario, quando gli ho chie- sto dei 3.000 e più sfollati di Camp Garba (di cui ho parlato nell’editoriale del mese scorso) mi ha detto che lui non ne sapeva niente, anche perché le situazioni di violenza las- sù, nelle zone del nord e verso la Somalia, sono talmente tante da non far più notizia. In Mozambico è stato ne- cessario che ci scappasse il morto, p. Valentin Ca- male (MC 5/2012, p. 7), perché i religiosi che vi- vono a Maputo si sve- gliassero e trovassero il coraggio di denunciare la situazione di insicurezza cronica in cui vivono da mesi e coinvolgessero i vescovi nel fare una pro- testa ufficiale. I missionari non sono molto capaci di denuncia- re violenze, ingiustizie e sopraffazioni. E quando lo fanno, si sentono a di- sagio, perché non amano apparire. Loro ci vivono dentro, insieme alla loro gente, condividendone anche il silenzio impo- tente e la fede grande. Vi- sta poi l’inutilità di grida- re per l’aiuto dei potenti, troppo indaffarati con le loro crisi fatte e disfatte sulla pelle dei poveri,

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