Missioni Consolata - Luglio 2012
38 MC LUGLIO 2012 OSSIER zionale di Bogotà, ce ne sarebbero circa 950 mila. Segnati da una storia di invisibilità giuridica, gli afro- discendenti colombiani sono il gruppo più svantag- giato, i più poveri tra i poveri. La loro esistenza è ca- ratterizzata da emarginazione, esclusione, discrimi- nazione, disuguaglianza sociale, con relativi svantaggi economici e sociali, oltre alle difficoltà per accedere ai servizi basilari di sanità e istruzione, alla partecipa- zione nella vita pubblica e a impieghi redditizi. «Noi colombiani - scrive l’antropologa Patricia Quin- tero Barrera - dobbiamo fin dall’infanzia e dalla gio- vinezza costruire un’etica di rispetto verso le diffe- renze e la diversità etnica e culturale». Un personag- gio politico contemporaneo ha proposto che nei que- stionari di esami dell’Icfes (Istituto colombiano per la valutazione dell’educazione scolastica) il 5-10% delle domande sia sulla storia afro del paese, obbli- gando così allo studio più serio di tale tema in scuole e collegi. Tale proposta mette il dito nella piaga del problema: in Colombia si ignora totalmente la storia degli afrocolombiani, che vengono così esclusi dalle vicende storiche del paese. L’ignoranza della loro sto- ria e della loro realtà culturale porta all’esclusione sociale e da qui all’emarginazione e discriminazione il passo è molto breve e consequenziale. AFRICA: CULLA DEGLI AFROCOLOMBIANI Prima che Cristoforo Colombo scoprisse l’America le caravelle del Portogallo avevano più volte circumna- vigato l’Africa ed esplorato le sue coste. Se lo scontro tra Europa e America fu deleterio per le popolazioni aborigene americane, molto più disastroso esso fu per le popolazioni africane. Guerre, disparità tecno- logica, disprezzo per le culture primitive, fecero sì che l’Europa considerasse gli uomini di pelle scura come barbari nemici, esseri inferiori, poco più degli animali. Qualsiasi pretesto era buono per negare loro i più elementari diritti umani e permettere al più forte di approfittare di essi senza alcuna pietà. Tutto ciò fu alla base della nascita e dell’incremento, per ol- tre tre secoli, della deportazione di schiavi africani verso le Americhe. La conquista ispanica del Nuovo Mondo veniva ge- stita dalla « Casa de contratación » che regolava il commercio tra Spagna e i suoi possedimenti d’oltre- mare. Fu fondata nel 1503, con sede a Siviglia, che era centro economico e amministrativo e insieme Corte di Giustizia. Qui arrivavano lamentele e accuse contro i soprusi compiuti dai vari conquistatori. Giungevano infatti notizie di ribellioni e guerre con i nativi, perché obbligati a lavori disumani nelle mi- niere e nella produzione di generi alimentari per i loro dominatori, a servire come bestie da soma, per impervie e aspre mulattiere che si venivano mano a mano aprendo verso l’interno della colonia. Era quello un mondo di tiranni e tiranneggiati, ca- rente del minimo rispetto per la dignità umana e le culture locali. La Corte di Giustizia della Corona mandava ordinamenti in difesa degli oppressi, ma quando arrivavano in America essi venivano facil- mente ignorati. Gli indigeni andavano estinguendosi; i loro insediamenti si spopolavano, le loro tradizioni morivano, uomini e donne si spingevano all’interno di © J F Pérez © AFMC/B Bellesi Sopra : scuola di Ararca, diocesi di Cartagena: l’istruzione è il principale strumento di liberazione integrale. A sinistra : la cantante afrocolombiana Emilia Salgado. La musica è uno dei più significativi contributi degli afro- discendenti alla cultura della società colombiana. In alto a destra: tipici volti di afrodiscendenti dell’isola di San Andrés. Qui a destra : isola di San Andrés, chiesa metodista.
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