Missioni Consolata - Luglio 2012
dello sposo, occorreva un’organizzazione sostenuta per fare fronte all’approvvigionamento delle vettovaglie per molti ospiti e per diversi giorni. Il compito del respon- sabile delle nozze, che l’evangelista qui chiama «archi- triclino», era delicato perché doveva calibrare le neces- sità e fare in modo che tutti potessero mangiare, bere e divertirsi senza problema. Gli sposi erano separati dagli invitati e stavano sotto un baldacchino: la sposa ornata come una regina e lo sposo come un re, assisi sul trono regale del matrimo- nio, simbolo delle nozze tra Dio e Israele. Uomini e donne erano separati e stavano in spazi distinti con servizi indipendenti, per cui non si capisce come la ma- dre e suo figlio abbiano potuto dialogare tra loro, do- vendo stare in ambienti diversi e distinti, a meno che non si accetti l’ipotesi che ci troviamo di fronte a un aneddoto, cioè a un midràsh , con finalità teologiche, e quindi non di fronte ad un fatto storico. UN PERSONAGGIO NUOVO E IL SUO SIMBOLO Il richiamo alla figura dell’architriclino, nominato tre volte in appena due versetti, nel contesto del racconto, indica una figura usuale nel matrimonio ebraico di fa- miglie abbienti che si potevano permettere un’organiz- zazione e una festa nuziale di grande partecipazione. In questo senso la sua presenza ci dice soltanto che le nozze erano di una famiglia benestante; la figura del responsabile delle nozze quindi, se ci trovassimo da- vanti alla cronaca di un fatto, avrebbe un valore narra- tivo senza un particolare significato: c’è un matrimonio di una famiglia benestante con molti invitati e necessita un organizzatore della festa che si protrae per giorni. Nell’intenzione dell’autore del vangelo, però, il fatto storico cede il passo al valore simbolico, che esige da noi una particolare attenzione. Crediamo sia impor- tante, infatti, sottolineare ancora una volta che in tutto il racconto, la sposa non è nemmeno menzionata, mentre lo sposo è citato una sola volta (cf Gv 2,9) e solo per essere rimproverato, mentre l’architriclino è nomi- nato tre volte di seguito (cf Gv 8-9). Non può assoluta- mente essere una casualità. Dietro vi è una intenzione specifica, che il lettore deve scoprire su indicazione dello stesso Gv che lascia l’indizio delle tre citazioni. Sul valore simbolico dell’architriclino diverse sono le posizioni degli esegeti. Alcuni (M ATEOS -B ARRETO , Il Van- gelo di Giovanni , 143; F. M ANNS , L’Evangile , 103) par- tono dall’analisi filologica e accostano «architriclino» al sostantivo « àrch ō n -capo/responsabile», che nel IV van- gelo ricorre 4 volte (cf Gv 3,1; 12,31; 14,30; 16,11) e una volta in Ap 1,5, con cui si fa riferimento alle autorità giudaiche. Il riferimento dunque sarebbe a «capi dei giudei- àrch ō ntes » (cf Gv 3,1; 7,26.48) o anche al «sommo/i sacerdote/i- archierèus » (cf Gv 11,47.51; 18,10.13.15.16.19.22.24.26.35; 12,10; 19,15.21) a cui si collegano di solito anche i «farisei» che fanno parte dei «capi» (cf Gv 7,32.45; 11,47.57; 18,3). In questo contesto e nell’economia del racconto, l’ar- chitriclìno rappresenterebbe i responsabili del popolo che si sono dimostrati inadatti a cogliere la novità del- l’alleanza e la svolta intervenuta con l’ingresso di Gesù nelle nuove nozze rinnovate a Cana. I capi assaggiano il vino eccellente, ma non sanno di dove proviene e, fatto ancora più grave, non sanno leggere il suo significato. Essi si fermano alla banalità dell’evento come appare ai loro occhi ciechi. BIBBIA E GIORNALE, PAROLA E VITA Il vino estratto dalle giare di pietra, vino «eccellente» (in greco è kalòs : «vino bello»), non è dato direttamente al popolo, ma per primo viene offerto ai capi, a coloro che hanno il compito di constare gli eventi e sancire l’intervento di Dio (cf Lc 17,14) per il semplice fatto che avevano gli strumenti adeguati per «vedere» Dio ope- rare nella storia: essi, infatti, «ascoltano» la Parola e «verificano» i fatti, gli eventi; hanno quindi i due stru- menti principi per il discernimento profetico: gli eventi della storia e i criteri della Parola o, come direbbe Karl Barth, il giornale e la Bibbia. Eppure, pur essendo così privilegiati, sono inadeguati e anche inadempienti, per- ché si fermano alla superficie delle cose: ai fenomeni appariscenti e non sono capaci di scendere nel pozzo profondo della realtà per incontrare le correnti della vita e le dinamiche dello Spirito. Sono talmente tronfi di se stessi e della loro funzione, anzi ubriachi del loro ruolo, che identificano il loro stesso pensiero, limitato e limitante, con la volontà di Dio. Gli architriclini sono chiamati non a contrabbandare il loro volere con quello di Dio, ma a riconoscere il vino eccellente, portato dai diaconi e attinto alle giare della vita e delle circostanze. Dio è il miracolo permanente che sta nelle pieghe dell’ordinario più usuale e bisogna avere ascolto fine e sguardo attento per coglierlo oltre il consueto e il banale: non si valuta infatti una opi- nione, ma si contempla l’evento straordinario della sal- vezza che si fa storia. Compito dell’autorità non è co- mandare, ma «ascoltare» la Presenza di Dio dovunque essa si nasconda e dovunque voglia riposare. L’architriclino del racconto, invece, si limita a osservare che vi è stata una variazione di programma, lo scambio nell’ordine della presentazione dei vini: ha assaggiato il vino eccellente, ma non ha gustato né ha assaporato la novità di quel vino, né si è chiesto come mai fosse capi- tato proprio lì. Per lui quel vino che pure chiama «ec- LUGLIO 2012 MC 33 MC RUBRICHE # A sinistra : matrimonio a Tel Aviv, con gli sposi sotto un baldacchino. # A destra: particolare delle nozze di Cana (Giotto, Cappella degli Scrovegni, Padova).
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