Missioni Consolata - Luglio 2012

anni ‘70 erano due, oggi una ventina. Ma molto più sorpren- dente è qualche voce critica della stampa. «Ci siamo stufati della propaganda dei politici che non vogliono il cambiamento» ti- tolava, il 23 marzo 2011, il quoti- diano Mwananchi . The Citizen , il 12 dicembre 2011, stigmatiz- zava: 32 milioni di euro sono «sfumati» nella celebrazione del cinquantesimo dell’indipendenza della Tanzania (1961-2011). Le sorprese continuano: ad esem- pio, la pubblica denuncia di ince- sto subito da una figlia da parte del padre (programma radiofo- nico del 23-24 febbraio 2011). «Ai miei tempi» fatti del genere venivano sepolti nell’omertà ge- nerale. Omertà che avvolge ancora l’aids. L’uomo della strada non ne parla. Qualcuno, incalzato da eventi tragici, incomincia ad al- ludervi come «malattia di questi giorni». La stampa si sofferma sulla vicenda di qualche sieropo- sitivo, senza tuttavia raccontare come si contrae il virus. Però qualcuno incomincia a dire: «Sconfiggeremo l’aids se mute- remo i nostri costumi sessuali». Ricordo, infine, la nozione di «ovvio». Ciò che per me è «ov- vio» non sempre lo è, e nella stessa misura, per il tanzaniano. L’«ovvio tanzaniano» è changa- moto ! Come vedi il futuro della Tanza- nia? Pensando al futuro, non bisogna avere fretta né, tanto meno, in- vocare colpi di bacchetta magica di fronte ai mali che affliggono la società tanzaniana. Ciò vale per tutti i paesi in ogni angolo del mondo. Chi può dire che la crisi economica italiana e mondiale finirà domani o dopo domani? Personalmente scommetto nel futuro positivo della Tanzania. La buona volontà c’è; le risorse pure: gas naturale, ferro, oro, pietre preziose, uranio. Grandi le MC ARTICOLI possibilità nel settore turistico. Per non parlare della risorsa di sempre: l’agricoltura, anche se in balia della pioggia. Però la ric- chezza delle ricchezze sono i 44 milioni di tanzaniani e tanza- niane (soprattutto). Moltissimi sono giovani, che studiano. Recita un proverbio swahili : elimu ni mali (la conoscenza è un capitale). Non basta il canto, il tamburo, la danza. Bisogna leggere, pensare, capire, scri- vere e «formarsi»: soprattutto alla stregua del Vangelo. Care- stie, guerre e aids sono emer- genze crudeli. La «formazione» è prevenzione e cura di ogni mi- seria. Anche della «stregone- ria». Della stregoneria che dici? Qual è il flagello dell’Africa sub- sahariana? La povertà generaliz- zata o la ricorrente siccità? La corruzione politica o la man- canza di progettazione? Oppure l’aids? «L’aids» sembrerebbe la risposta più immediata e perti- nente oggi. Invece no. La grande calamità dell’Africa (e della Tan- zania) è la stregoneria. Oggi come ieri. Lo sostiene Gabriel Ruhumbika, scrittore tanzaniano in Janga sugu la wazawa (La piaga contagiosa degli indigeni), un romanzo in swahili sulla stre- goneria nella Tanzania contem- poraneo e nella società africana in generale ( vedi pag. 24 ). Il fe- nomeno non riguarda solo la gente comune, i disperati che voglio allontanare dalla loro vita il malocchio e la sfortuna; ma a consultare gli stregoni sono gente istruita, persone respon- sabili del mondo politico e fina- ziario, e perfino preti e suore, in cerca di un futuro migliore, di prestigio e ricchezza. Il libro di Ruhumbika è stato scelto dal ministro dell’Educa- zione in Tanzania come testo di letteratura swahili per la scuola secondaria: speriamo che, oltre a insegnare la lingua nazionale, contribuisca a sconfiggere que- sto fenomeno irrazionale, ma molto radicato nella cultura afri- cana. Ma ci vuole pazienza e co- stanza, anche da parte della Chiesa. # Facciata e interno della chiesa del Centro di animazione missionaria «G. Allamano» a Bunju, Tanzania. # A sinistra: una ragazza sfoglia la rivista Enendeni . © R Remigio - 2011 © R Remigio - 2011

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