Missioni Consolata - Luglio 2012

due fuochi. Nei secoli i frati hanno cercato di aggirare queste limitazioni, ad esempio acqui- stando casa per tramite di un amico musulmano, col paga- mento di un sovrapprezzo». Questa situazione è la conse- guenza solo di un problema in- terreligioso? «È un problema politico, quindi un problema reale: qual è la ca- pitale dello stato israeliano? È Gerusalemme, su questo non si discute. Poco tempo fa alle Na- zioni Unite si discuteva di fare uno Stato Palestinese, e quale sarebbe stata la capitale? Geru- salemme. Per decidere chi ha diritto ad avere la capitale a Ge- rusalemme si considerano il nu- mero di case e quindi delle fami- glie. Siamo qui in circa 750mila abitanti, dei quali 520mila sono ebrei, 220mila sono musulmani e 12mila cristiani. Quindi gli ebrei dicono che a loro spetta la capitale, perché hanno il mag- Come si può arginare questa diaspora cristiana dalla Terra Santa? «Bisogna creare e sostenere la comunità, per noi frati la priorità è fornire ai cattolici un lavoro. I francescani hanno agito secondo l’idea che non bisogna dare il pe- sce al bisognoso, ma insegnargli a pescare. Quindi da decenni la comunità ha imparato a fare i souvenir di legno di ulivo o di madreperla, e iniziammo a esportarli verso l’Europa e l’A- merica. Ma non basta riempire la pancia, bisogna pensare an- che alla testa, quindi i france- scani hanno istituito le scuole. Per quattro secoli i Turchi hanno dominato la Terra Santa e l’hanno fatto partendo dal princi- pio secondo cui mantenere i po- poli nell’ignoranza rende possi- bile dominarli. Un problema importante rimane quello abitativo. Secondo la legge islamica, e questo vale an- che per gli ebrei, quando un paese è conquistato dall’Islam è terra musulmana: non può es- sere abitato se non dai musul- mani. Se noi apriamo la Bibbia, Jahvé dice a Israele: “Questa è la terra promessa, caccia via tutti gli altri, essa è soltanto per voi”. I cristiani si trovano quindi tra gior numero di case e se non fossero abbastanza potrebbero costruirne altre da un giorno al- l’altro. La stessa rivendicazione è avanzata dai musulmani, che riconoscono Gerusalemme come incedibile in quanto città santa dell’Islam. Poco tempo fa abbiamo seppel- lito un nostro confratello, Frà Ovidio, e durante il corteo fune- bre siamo stati fermati da un israeliano ebreo, che si è lamen- tato della nostra celebrazione. Ha usato due argomenti contro di noi: nessun non ebreo può es- sere seppellito a Gerusalemme e non avremmo dovuto portare la croce. Ma non pensate che questi siano atteggiamenti nuovi: al tempo dei turchi quando moriva un frate biso- gnava pagare per fargli il fune- rale, e sul permesso c’era scritto che si poteva dare sepoltura a un “buon cane”». Cosimo Caridi LUGLIO 2012 MC 19 © Cosimo Caridi © Benedetto Bellesi © Benedetto Bellesi

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