Missioni Consolata - Giugno 2012
66 MC GIUGNO 2012 parteneva alla nobiltà spagnola, avevo però alle- stito anche una sorta di ricovero per i bisognosi, in particolar modo per quelli di origine india. A diffe- renza di Teresa io non entrai in convento ma, avendo avuto la possibilità di leggere gli scritti di Santa Caterina da Siena, decisi di farne il mio mo- dello di vita, vivendo fino in fondo l’amore per Cri- sto, per la Chiesa e per i fratelli indios. T ERESA – Ho avuto la fortuna di crescere in una fa- miglia dove la fede trasudava da ogni poro della pelle dei miei famigliari, mamma e papà, in parti- colare papà, che furono degli autentici maestri di vita spirituale per me, tanto che nel Carmelo di Li- sieux entrarono altre mie sorelle. Tutto ciò mi aiutò a scoprire che la scala della perfezione non era tanto quella di una dura ascesi da vivere attraverso laceranti mortificazioni, ma bastava vivere la gioia quotidiana nella consapevolezza che il Signore mi avrebbe presa tra le sue mani innalzandomi verso il cielo. Però entrambe siete passate in quella prova straordinaria che San Giovanni della Croce de- finisce come: «La notte oscura». T ERESA – Si è vero, l’abbandono totale a Dio è una scelta radicale e anche se io ero molto giovane ca- pii benissimo che la mia doveva essere una spiri- tualità dell’essere e non del fare. Più che abbando- narmi alle sicurezze delle «opere buone» intra- presi la strada dello spogliamento assoluto, consa- pevole di comparire alla sera della vita davanti a Dio con le mani vuote, ma anche avendo ben pre- sente l’insegnamento del grande mistico Giovanni della Croce il quale dice che «alla fine della vita sa- remo giudicati sull’amore». Abbandonarmi a Dio ha significato per me abbracciare il mondo e vivere in- tensamente la missione della Chiesa. R OSA – Anch’io sono passata dalla prova della notte oscura che durò ben quindici anni, nella cella di due metri quadrati che mi ero costruita nel giar- dino di casa mia, dove trascorrevo gran parte delle mie giornate in contemplazione del Signore, cer- cavo di offrire a Lui tutte le necessità e i bisogni della gente della mia terra. In modo particolare di coloro che subivano la conquista degli spagnoli at- traverso soprusi e violenze di ogni genere. Gli in- dios che erano emarginati e vilipesi, mi aiutarono a capire e a scoprire più radicalmente il mistero della Croce di Cristo. Devo dire anche che quando i calvinisti olandesi assaltarono la città di Lima, corsi ad abbracciare il Tabernacolo per difenderlo dal- l’assalto degli invasori. Questo a significare che il mondo della contemplazione vive gli stessi drammi e le stesse sofferenze della popolazione dentro la quale le comunità sono inserite. Quindi si può dire che per vivere da autentici missionari a volte bisogna fare come San Paolo o San Francesco Saverio, a volte invece come voi, in quanto ciascuno può partecipare allo sforzo missionario attraverso l’offerta della propria preghiera affinché il Vangelo sia an- nunciato a tutte le genti. R OSA E T ERESA – Per essere autentici missionari non occorre fare grandi cose; più semplicemente biso- gna saper fare in modo grande le piccole cose di ogni giorno e la Missio Ad Gentes si vive non solo andando lontano, ma avendo il coraggio di andare e pregare per i “lontani”, che il più delle volte vivono poco distanti da noi. Don Mario Bandera - Direttore Missio Novara MC RUBRICHE # La Vergine con tre sante: Caterina da Siena (da sini- stra), Rosa da Lima, con il bambino Gesù in braccio, e Agnese da Montepulciano (Contemplazione del Bam- bino, dipinto di Giovan Battista Tiepolo, 1748).
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