Missioni Consolata - Giugno 2012

64 MC GIUGNO 2012 O gni anno al palazzo di vetro si riunisce la commissione dell’Onu sullo stato delle donne (Csw, Commission on the status of women ) che ha il com- pito di monitorare la condizione femminile nel mondo. Anche per il 2012, la Csw ha lanciato un al- larme: le donne non solo sono le più colpite dalla crisi, ma partecipano con più difficoltà ai piani di recupero e di rilancio dell’economia. La popolazione femminile ha subito più danni sul fronte dell’occupa- zione, l’ultimo rapporto dell’Oil (l’Organizzazione Internazionale del Lavoro) stima che, dallo scoppio della crisi del 2007 a oggi, 22 milioni di donne, soprattutto nei paesi indu- strializzati, abbiano perso il lavoro. Esistono vari indici per misurare la condizione femminile, due i più im- portanti e riconosciuti a livello in- ternazionale: il Ggg ( Global Gender Gap ) che misura quattro fattori dif- ferenziali: la partecipazione econo- mica, il livello di educazione, il po- tere politico, lo stato di salute. E il Gei ( Gender Equity Index ) ideato e utilizzato dalla rete non governa- tiva Social Watch , che tiene conto delle differenze nel campo dell’i- struzione, del reddito e della rap- presentanza nei luoghi decisionali. Secondo il Gei 2012, l’Italia è al set- tantesimo posto su 154 paesi. La situazione delle donne italiane è ben descritta nello studio «Lavori in corsa», pubblicato in occasione del trentennale della Cedaw, la Con- venzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne. Le discriminazioni che le donne italiane subiscono sono molte, ma, limitandosi al settore economico e finanziario, si nota come le principali riguardino il mondo del lavoro. In Italia lavora solo una donna su due. Metà delle donne italiane non solo non ha la- voro, ma, a quanto dice l’Istat, nep- pure lo cerca. Per le lavoratrici italiane resta enorme il problema della concilia- zione dei tempi di lavoro con la vita famigliare a causa della mancanza di servizi essenziali come gli asili nido, questo porta una donna su cinque a lasciare il posto dopo la maternità. E ancora, grandi sono le disparità salariali che possono toc- care fino al 20% dello stipendio, inoltre la carriera professionale è più discontinua e meno gratificante e, quando la lavoratrice va in pen- sione, riceve un assegno più basso e questo espone le donne anziane a un maggiore rischio di povertà. Anche se scelgono la strada del la- voro autonomo, le donne sono più discriminate. Secondo un recente studio del Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) le im- prenditrici pagano un costo più alto per ottenere prestiti (fino a 50 punti base in più rispetto agli uomini) e una donna che presenta come ga- ranzia quella di un’altra donna è considerata dalle banche come il «peggior cliente», questo a dispetto del fatto che le imprese femminili hanno un tasso di fallimento più basso di quelle maschili e sono più redditizie: fino al 27% in più nella redditività commerciale e del capi- tale investito. Uno studio della Banca d’Italia di- mostra che se l’occupazione rag- giungesse il 60% delle donne in età produttiva (come stabilito dagli obiettivi europei di Lisbona), il Pil crescerebbe di 7 punti percentuali, anche perché per ogni 100 donne che lavorano si creerebbero 15 posti in più nei servizi. All’origine di tutte queste forme di discriminazione e di esclusione economica, c’è senza dubbio la scarsa rappresentanza della popo- lazione femminile nei centri deci- sionali dell’economia, della politica e, addirittura, della cultura. Meno del 20% sono donne tra i dirigenti di azienda, i componenti dei consigli di amministrazione, i direttori scola- stici, i cattedratici, per non parlare delle istituzioni, dove le donne non superano il 17%. Persino nel terzo settore e nella cooperazione so- ciale, la situazione non cambia. Le donne sono tante, talvolta la mag- gioranza tra gli operatori e i volon- tari, ma sono un’infima minoranza se si cerca tra i responsabili. Ciononostante, le donne sono pro- tagoniste di iniziative economiche solide, caratterizzate, in prevalenza, da due fattori di successo. Il primo tocca la dimensione comunitaria, le imprese delle donne non sono quasi mai individualiste: contano sempre sulla presenza di una rete o fami- gliare o di gruppo. Il secondo ri- guarda l’innovazione, molte im- prese «in rosa» sono ingegnose e arricchiscono l’attività produttiva con idee nuove e vincenti. Recentemente il parlamento ita- liano ha approvato una legge che obbliga, in linea con gli altri paesi europei, a portare la presenza fem- minile nei consigli di amministra- zione delle società quotate in borsa a un terzo dei componenti. Legge che ha dovuto superare molti dubbi e pesanti critiche. DONNE, PIANO ANTICRISI La discriminazione delle donne in Italia e nel mondo è lontana dall’essere debellata. Anche sul piano economico. Eppure le aziende guidate da donne ottengono le migliori performance . Dando un contributo sostanziale. Eticamente di Sabina Siniscalchi, Fondazione Culturale Responsabilità Etica PERSONA, ECONOMIA, FINANZA MC RUBRICHE

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