Missioni Consolata - Giugno 2012
sono fra le principali cause della povertà. Infine, capita che il SaD finisca per essere il nome che si dà a quello che in effetti è lo svi- luppo comunitario e che i fondi delle adozioni finiscano per me- scolarsi ad altre donazioni per sostenere progetti a beneficio di tutta la comunità invece di es- sere diretti solo al bambino «adottato». Da questo punto di vista, tuttavia, negli ultimi anni si è registrata anche una maggior consapevolezza da parte dei do- natori rispetto al fatto che il so- stegno isolato e riservato solo a un bambino perde parte del suo significato se il contesto circo- stante non partecipa dei benefici. I Missionari della Consolata e il SaD I Missionari della Consolata fanno adozione a distanza fin dai primi tempi della loro attività missionaria in Kenya, anche se in quei tempi non si chiamava cer- tamente così. Il cosiddetto «Col- legio dei Principini» a Fort Hall, l’orfanotrofio per bambini nella fattoria del Mathari, le prime scuole per ragazze (completa- mente gratuite), gli orfanotrofi in varie missioni, erano possibili solo grazie al sostegno continuo dei benefattori. Per questo ogni anno, a gennaio, puntualmente, l’allora bollettino «La Consolata» presentava la foto di bambini che ringraziavano i benefattori per la loro generosità. La diocesi di Marsabit, fin dalle sue origini ha investito tantis- simo nella scuola creando una rete incredibile di asili in tutti i villaggi raggiunti, con scuole ele- mentari in tutte le missioni e scuole secondarie a livello di- strettuale. Migliaia hanno stu- diato in queste istituzioni rese possibili, soprattutto all’inizio, esclusivamente dal sostegno a distanza di tanti benefattori. Lo stesso è accaduto in tutte le na- zioni africane dove sono presenti, dall’Etiopia al Congo RD, dal Tan- zania al Mozambico. In America Latina in ogni missione c’erano (e ci sono) grandi collegi, dove, accanto a coloro che possono pa- gare, c’è un grande numero di studenti poveri aiutati da qualche progetto di sostegno a distanza organizzato dalla missione lo- cale. Fare il nome di tutte queste - innanzitutto permette di «dare un volto a questioni complesse» suscitando nel donatore la vo- lontà di comprendere le proble- matiche del luogo in cui vive il bambino «adottato» e verificando grazie al contatto con il bambino i progressi reali; - inoltre aiuta a stabilire un le- game non solo con il singolo bambino ma anche con la sua comunità, che viene così coin- volta attivamente; - infine, poiché il SaD dura di so- lito fino alla conclusione degli studi del bambino sostenuto, è possibile per le organizzazioni in- serire l’intervento in un arco temporale più ampio e graduale che permette maggior program- mazione e sostenibilità. D’altro canto, è anche vero che il SaD implica spesso costi ammi- nistrativi elevati (si pensi alla ne- cessità di raccogliere foto e let- tere e inviarle ai donatori) e che risolve solo problemi immediati come l’accesso all’istruzione e al cibo o l’acquisto di vestiario, senza però riuscire a influire su problemi più ampi come la lotta all'HIV o la regolamentazione del commercio internazionale, che iniziative è quasi impossibile. Spesso sulle pagine di questa ri- vista abbiamo dato spazio a rac- conti e relazioni che trattavano di questo argomento, dalla Familia ya Ufariji di Nairobi al progetto scolastico per gli Yanomami, dalla grande scuola negli slum di Guayaquil in Equador alle scuole nell’Etiopia. Per anni questo è stato realizzato con uno stile semplice e fami- gliare, senza strutture, per poter investire il 100% di quanto rice- vuto dai benefattori a vantaggio dei bambini, con una visione che teneva conto del contesto glo- bale: non il bambino singolo, ma il bambino nella sua comunità e nella sua scuola. Questo per dei motivi molto semplici: - un bambino in una scuola mal gestita e di scarsa qualità non ha alcun profitto; - non si creano privilegiati: bam- bini con benefattori «ricchi» e bambini con benefattori «po- veri», così ognuno riceve quello che è indispensabile per la scuola, per la salute e - se ne- cessario - anche per il sostenta- mento fuori della scuola in caso di famiglie molto povere; - evitare situazioni imbarazzanti, soprattutto nel caso di una corri- spondenza diretta tra bambini e benefattori, con richieste di beni non necessari o scambio d’infor- mazioni che possono creare aspettative sproporzionate nei bambini/studenti; - ridurre al minimo i costi di ge- stione; - evitare di attirare la cupidigia di autorità e politici locali, tentati di appropriarsi dei programmi di adozione a proprio vantaggio. Questo, in molti casi, continua ancora, ma per far meglio fronte alle nuove situazioni sia nei paesi del sud del mondo che in Italia, ecco che è nata Missioni Conso- lata Onlus (Mco) a cui fanno rife- rimento tantissimi donatori e con cui cooperano anche decine di altre Onlus o Ong impegnate nelle adozioni e legate a questo o quel missionario, a questa o quella missione. Ve ne parleremo nella prossima puntata con un’intervista ad An- tonella Vianzone, la signora che da oltre 15 anni segue questo settore nella Mco. Chiara Giovetti GIUGNO 2012 MC 63 MC RUBRICHE www.missioniconsolataonlus.it
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