Missioni Consolata - Giugno 2012
38 MC GIUGNO 2012 OSSIER L i incontri quando proprio non te l’aspetti: negli slums , le baraccopoli africane, come nelle favelas brasiliane. A difendere i di- ritti delle donne in America Latina e delle minoranze etniche nell’Est Europa. Ma anche a tutelare foreste, avviare progetti di cooperazione allo sviluppo, o semplicemente con- dividere la dura quotidianità di bambini e adulti di strada, famiglie indigenti o vittime di guerre o vio- lenze strutturali, senza colpe se non quella di tro- varsi nel posto sbagliato. Sono i giovani italiani che decidono di partire per l’anno di Servizio civile vo- lontario all’estero: 400 in questo 2012, al- meno 5 mila da quando, nel 2001, è nato in via ufficiale il Scn, Servizio civile nazionale, che nonostante la dicitura «nazionale» prevede anche l’invio di ragazze e ra- gazzi fuori dall’Italia. DA OBIETTORI A CASCHI BIANCHI Nessun controsenso: la difesa della patria si può promuo- vere anche così. «Oramai siamo in una nuova fase dell’i- dea di “difesa”: si tutelano gli interessi nazionali, non i confini. Lo fanno in primis gli stessi mili- tari, con le cosiddette “missioni di pace” nei territori caldi come Afgha- nistan, Balcani, e fino a qualche tempo fa Iraq - sottolinea Nicola Lapenta, 41 anni, responsabile per il Servizio ci- vile dell’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII -. Quindi ancor più il discorso vale per un’azione non armata e nonviolenta come quella por- tata avanti dai giovani ex obiettori di coscienza, oggi volontari in servizio civile». La differenza del tipo di impegno, rispetto a quello militare, è evidente; «non si difendono interessi legati a pozzi di petrolio o altre questioni geopolitiche; piut- tosto, chi sceglie il servizio civile all’estero promuove il rispetto dei diritti umani e la trasformazione posi- tiva dei conflitti di ogni genere» afferma Lapenta, pa- dre di tre bambini, ma soprattutto uno dei primi obiettori di coscienza alla naia obbligatoria ad aver «superato il confine»: nel 1995, durante l’anno di servizio civile (che ha svolto in una casa famiglia della Comunità in Piemonte), partecipò, alla marcia pacifista indetta dai Beati costruttori di pace nella Sa- rajevo sotto assedio, capitale dell’at- tuale Bosnia, allora parte della ex Jugoslavia. «Recarsi all’estero a quel tempo non era permesso agli obiettori, così io e altri ci siamo autodenun- ciati e siamo partiti: ci sembrava giusto dare il nostro contributo alla risoluzione nonviolenta del conflitto nei Balcani, attraverso l’interposi- zione diretta», spiega il responsabile servizio civile della Comunità Papa Giovanni XXIII . Dalla presenza degli obiettori nella ex Jugoslavia, la storia dell’impegno civile dei gio- vani italiani ha scritto pa- gine sempre più colme di te- stimonianze e coraggio, fino ad arrivare alla legge 230 del 1998, che nel riformare l’obiezione di coscienza in- troduceva la possibilità di partire per l’estero, e «sa- nava» la situazione del centinaio di persone che, SERVIZIO CIVILE ALL’ESTERO OPERAZIONI CASCHI BIANCHI Da quando è stata riconosciuta l’obiezione di coscienza al servizio militare ed è stato istituito il servizio civile nazionale, oltre 300 mila giovani hanno scelto di difendere la patria spendendo un anno di lavoro in un paese estero, in missione di pace non-armata e nonviolenta. Chi ha sperimentato tale servizio ne resta segnato per tutta la vita, continuando a impegnarsi in attività di promozione umana, a difesa della pace e dei di- ritti dei più deboli. © Arcisolidarietà - 2005 L’Arci (Associazione ricreativa e culturale italiana), fondata nel 1957, è uno dei primi organismi di volontariato e di servizio civile.
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