Missioni Consolata - Giugno 2012

partito dell'ex generale ed ex pre- sidente Parvez Musharraf, ora di fatto in esilio a Londra inseguito da un mandato di arresto. Il «Movimento di tutti i partiti de- mocratici», di chiara ispirazione islamista, ha al centro il piccolo Pakistan Tehrik-e-Insaf , guidato dall’ex campione di cricket Imran Khan. Un partito che per la sua carica giustizialista prima ancora che religiosa, ha tra i suoi uomini di punta Iftikhar Ahmad Chaudhry, ex presidente della Corte suprema, dimissionato da Musharraf insieme ad altri 40 giudici e incarcerato. Nel suo complesso il «Movimento di tutti i partiti democratici» è fautore di un’islamizzazione moderata ma concreta. Insomma, il confronto tra musulmani radicali e liberali resta aperto. Attorno, una galassia di partiti e di movimenti, espressione di una società civile frammentata. Verdi e comunisti sono delle presenze pressoché simboliche, ma in- sieme a una molteplicità di for- mazioni a base etnica e territo- riale, come il Muttahida Qaumi Movement , che raccoglie i voti dei mohajir , danno consistenza for- male all'incerta democrazia paki- stana. L’ISLAM, LE MINORANZE, LA BLASFEMIA La politica, nel complesso, sem- bra avere un ruolo oggi seconda- rio rispetto ad antichi e nuovi po- tentati, al controllo dei militari, al crescente ruolo del fonda- mentalismo religioso. Certa- mente non è in grado di gestire la situazione nemmeno secondo le regole della Costituzione che segnala uguaglianza e benes- sere comuni per le minoranze come per la maggioranza mu- sulmana. Nato per dare una pa- tria ai musulmani dell'India al tempo della separazione di quella che fino al 15 agosto 1947 era stata un'unica entità politica sotto la Corona britannica, il Pakistan ha da sempre nella fede un forte elemento identita- rio, sottolineato dalla sua Costi- tuzione. Indubbiamente, però, la condizione di sottosviluppo e, in tempi più recenti, il contagio islamista di matrice qaedista e talebana dal confinante Afghani- stan ha fatto del Pakistan un PAKISTAN natismo. Molti altri sono finiti sotto processo con l'accusa di oltraggio al profeta Muhammad, al Corano o alla religione islamica, alcuni hanno pa- gato con la vita la loro appartenenza religiosa. Associata spesso a povertà ed emarginazione che ne mettono maggiormente a rischio incolumità e onore, come nel caso delle giovani cristiane che lavorano in stato di ser- vitù nelle case di agiati musulmani. Per non dire delle giovani rapite e stu- prate o di quelle costrette alla conversione all'Islam e al matrimonio. Alla fine anche contrasti di vicinato, antichi rancori, incomprensioni pos- sono diventare, pur in pochi casi - se valutati sul metro delle dimensioni territoriali e demografiche del paese - ma comunque significativi e dolo- rosi, pretesti per accuse infamanti, detenzione ma anche azioni extragiu- diziali spesso violente e letali. A consentirlo è una visione opportunista dell'Islam che permette a un’ac- cusa senza prove oppure palesemente falsificata diventi - se attuata da un musulmano - denuncia legale per inquirenti e magistrati sovente intimo- riti, a volte conniventi, mettendo a rischio la vita degli accusati, dei loro familiari e di chi ne prende le difese. Come sottolinea tuttavia Nadir Hassan, giornalista pachistano, «il vero avversario non è il sistema giudiziario. È necessario che la maggioranza della popolazione venga istruita, convinta che le leggi contro la blasfemia sono crudeli e anacronistiche». «Quando una società comprende che mettere a morte qualcuno per le sue opinioni e credenze religiose è fon- damentalmente illiberale - prosegue Hassan -, la battaglia è già vinta. In Pakistan purtroppo, non abbiamo nemmeno iniziato ad avanzare verso questa convinzione, ma è anche vero che finora nessuna pena capitale comminata per reati di blasfemia è stata eseguita perché le più alte istanze giudiziarie, inclusa la Corte islamica federale, hanno sempre an- nullato i verdetti iniziali. La minaccia maggiore per la vita di quanti sono accusati di tale reato arriva da fanatici, mentre il disinteresse della polizia verso i violenti, come pure i giudizi dei tribunali di grado inferiore, ali- mentano il rischio di esecuzioni extragiudiziarie». Stefano Vecchia # Qui sotto: il momento della preghiera. 12 MC GIUGNO 2012

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