Missioni Consolata - Maggio 2012
fosse una tradizione abituale e pacificamente accet- tata da tutti fino alla distruzione del tempio nel 70 d.C. Gli scavi archeologici dell’ultimo secolo e mezzo (1870-1970), hanno portato alla luce molti e grossi re- cipienti di pietra, la cui tecnica di lavorazione deve es- sere andata perduta per mancanza di trasmissione, dovuta alla diaspora dopo la distruzione del tempio e all’impossibilità di usare recipienti così ingombranti per la loro pesantezza (cf J. G ONZALEZ E CHEGARAY , Ar- queología y evangelios , Navarra 1994, 199-201). Oggi possiamo recuperarne l’uso, nonostante siano trascorsi oltre due mila anni di silenzio. Se si vuole, possiamo dire che l’archeologia dà una testimonianza indiretta della veridicità del Vangelo, quanto meno che il racconto di Cana è verosimile con gli usi e le leggi di purità in uso presso gli ebrei al tempo di Gesù. DALLA PENITENZA ALLA GIOIA L’acqua che contenevano era quella «per la purifica- zione dei Giudei» ( katà ton katharismòn tôn Iydài ō n ). In greco si usa la preposizione propria katà che esprime una relazione tra due soggetti/oggetti. Dal punto di vista delle giare si sottolinea il fine: giare per/destinate alla purificazione; se invece si vuole mettere in rilievo il secondo termine, che è «purifica- zione», allora si sottolinea la necessità, l’obbligo della loro presenza: giare di pietra necessarie per la purifi- cazione. Sia l’uno che l’altro versante esprimono la funzione delle giare, sottolineata ancora di più dal fatto che erano «collocate/giacenti [per terra]». Le giare sono sei e non sette, cioè sono in numero imperfetto (= 7-1), perché indicano che l’obiettivo per cui esistono, cioè la purificazione, è per sua natura imperfetta (cf J. M ATEOS -J. B ARRETO , Il Vangelo di Giovanni , 141). San Paolo esprime questo stesso pensiero dicendo che la Toràh non ha in se stessa la forza di realizzare la comunione con Dio perché il suo compito era peda- gogico, di accompagnamento a Cristo: «Ma prima che venisse la fede, noi eravamo custoditi e rinchiusi sotto la Legge, in attesa della fede che doveva essere rive- lata. Così la Legge è stata per noi un pedagogo, fino a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. Soprag- giunta la fede, non siamo più sotto un pedagogo» (Gal 3,23-25; cf 1Cor 4,15; Rm 4,14-15; 7,7-25). Gesù non dà eccessiva importanza alle norme di pu- rità; anzi, le contesta spesso e volentieri in tutta la sua vita (cf Mt 23,25-28; Mc 7,1-15; Lc 11.39), perché esse sono «di pietra»: impongono pesi che schiacciano, mentre la proposta di Gesù è un «giogo dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,30). Quando la legge, qualsiasi legge, specialmente quella morale è astratta e non tiene conto delle condizioni oggettive delle persone, è un impedimento enorme che ostacola la vita piuttosto che sostenerla. Il bisogno costante di purificazione, l’ansia, anzi l’ossessione della colpa, che oggi potremmo chiamare il senso di colpevolezza, non porta da nessuna parte, toglie solo la gioia della vita che non viene vissuta più come dono, ma come condanna. Sono le giare di pietra che stanno lì piene di acqua, pronte per la purificazione, ma ineffi- caci, inutili, immobili: «giacenti». Come la confessione per molti cattolici: ci si confessa sempre per ricomin- ciare d’accapo. Questa loro inutilità è trasformata dalla presenza del Signore che le riempie di vino gioioso, perché con l’avvento del Signore Gesù è la gioia la sorgente della purificazione e dell’incontro (cf M. Morgen, Le festin des noces de Cana , 142). ASCESI O ESULTANZA DI VITA? Secoli di ascesi ci hanno allontanato dal cuore del Vangelo e ci hanno scaraventato nell’abisso della de- solazione: la persona votata a Dio doveva entrare nel- l’inferno della mortificazione, della rinuncia, del sa- crificio; tutto era tetro e contro Dio, tutto era peccato, e quindi bisognava confessarsi sempre, spesso: si passava la vita tra esami di coscienza e fustigazioni, tra penitenze e mortificazioni che umiliavano l’uomo «fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore… coro- nato» (Sal 8,6). Essere cristiani significava quasi es- sere ossessionati, rinunciatari, mortificati. Gesù sostituisce l’acqua della purificazione con il vino dell’esultanza, perché il «Vangelo» è, anche etimolo- gicamente, «una notizia che porta gioia» e allegrezza. Il «Vangelo» è la Persona stessa di Gesù che viene a sedersi alla mensa della nostra vita per celebrare con noi le nozze dell’alleanza. In questo contesto si capisce ciò che intende l’autore della prima lettera di Giovanni: «In questo conosce- remo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicure- remo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimpro- veri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa» (1Gv 3,19-20), perché «Dio è Agàp ē » (1Gv 4,8.16) e giudica meglio del nostro cuore, cioè della nostra coscienza (cf Rm 2,15; Ef 1,18). La staticità immobile delle giare distese per terra emerge nitida e forte, quasi ad imprimere bene nella mente del lettore che la Toràh «di pietra» è diventata così pesante e inamovibile da schiacciare sotto il pro- prio peso chiunque se ne fosse fatto carico. Il profeta Ezechiele lo aveva previsto e descritto: « 25 Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri MAGGIO 2012 MC 33 MC RUBRICHE # Il profeta Ezechiele (Michelangelo, Cappella Sistina).
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