Missioni Consolata - Maggio 2012

16 MC MAGGIO 2012 COLOMBIA G LI INDIGENI DEL C AUCA RESISTENZA E DIGNITÀ Sono pochi, ma combattivi. Nel Cauca, il movimento indigeno, nato dalla lotta di Manuel Quintín Lame, ha pagato il suo impegno con una lunga serie di morti. I più conosciuti sono padre Alvaro Ulcué (1984) e Cri- stobal Secue Tombé (2001). Ma il tributo di sangue continua ancora oggi. La guerriglia, i paramilitari e la forza pubblica non gradiscono un’opposizione, che fa della resistenza nonviolenta la propria forza. dre Alvaro, avendo lavorato con lui dal 1982 al 1984 nei re- sguardos di Toribio, Jambaló e Tacuejó. «Alvaro non sol- tanto ha marcato un’epoca, ma ha segnato in profondità la coscienza indigena». Il sacerdote nasa voleva svegliare, scuotere l’indio che la colonia aveva umiliato e standardizzato. Voleva «decolo- nizzare la mente» degli indios. In primis , riapproprian- dosi della lingua madre, tratto essenziale dell’identità in- digena. «Una volta - racconta padre Ezio - mi convocarono quelli del Das, Departamento Administrativo de Seguridad . Uno dei punti su cui i servizi segreti vollero interrogarmi era proprio la lingua. “Padre, dicono che lei parli la lingua indigena. Dunque, chi non la conosce non può capirla”. Volevano dirmi: “Lei nasconde delle cose”. Il potere vo- leva controllare, ma per farlo basta fare una cosa: impa- rare la lingua. Cosa non facile invero, anche all’interno dei nasa. Un giorno feci salire in auto una ragazza di 15-16 anni che veniva da Cali e andava al suo villaggio. Le chiesi in lingua nasa: “Come stai?”. Lei mi rispose: “Buon- giorno, padre”. In spagnolo. “Scusa - le dissi -. Ma tu non sei indigena?”. E lei: “Mia madre era indigena”. Che tra- dotto significava: per me non è più così». N el gennaio 1984 gli indigeni recuperano (non occu- pano) un latifondo a Corinto: la Hacienda López Adentro , una «terra bassa». Vi rimangono per circa un anno. Il 9 di novembre arrivano i militari che distruggono tutto: 300 ettari di coltivazioni, case e macchinari. Il giorno dopo, 10 novembre 1984, muore padre Alvaro Ul- cué, ammazzato a Santander de Quilichao da 2 sicari. «Non fu una coincidenza - spiega padre Roattino -, ma un avvertimento: gli indios si erano spinti troppo in là. Quin- dici anni dopo sarebbe toccato a Cristobal, altro leader I n Colombia, su una popolazione totale di 47 milioni di abitanti, gli indigeni sono un milione e 400mila 1 . «Molti sostengono - racconta padre Roattino - che gli indigeni siano l’unico gruppo sociale che protesta e che si fa sentire». Questo vale soprattutto per gli indigeni del Cauca, appartenenti in maggioranza all’etnia nasa. Le loro mingas suscitano sempre molto clamore. «In effetti - conferma il missionario -, riescono a mobilitare 15-20 mila persone in marce di 4-5 giorni per arrivare fino a Bogotà. Hanno visibilità, anche se poi questa non pro- duce frutti per quanto riguarda la risposta dello Stato. Le firme sono fatte su accordi che vengono regolarmente di- sattesi dalle autorità. Tuttavia, le mingas sono fonda- mentali per generare coscienza e solidarietà a livello na- zionale». L ’oggetto del contendere è sempre lo stesso: la terra. Per i bianchi, essa è soprattutto una questione econo- mica. Per gli indios, è innanzitutto una questione mistica: la terra è madre. Da difendere a costo della vita. In Cauca, uno dei primi a parlare di diritti indigeni sulla terra è Manuel Quintín Lame (1880-1967), indio di padre nasa e madre guambiana. La sua lotta inizia combat- tendo il sistema del terraje . Questo prevede che i coloni (ex schiavi) paghino ai latifondisti un «affitto» costituito in parte da prodotti agricoli, in parte da giorni di lavoro gratuito. Non riuscendo ad ottenere risultati, Lame si fa più ardito iniziando a chiedere la restituzione della terra ai legittimi proprietari, gli indigeni. Una lotta impari, so- prattutto per le terre più produttive, quelle in pianura. Tutte le volte in cui gli indios nasa si sono spinti verso le «terre basse», in mano al latifondo o ai paramilitari, è sempre finita nel sangue. Come ricordano il massacro di López Adentro (1984) o quello del Nilo (1991). Ma da anni il problema è anche sulle «terre alte» (conosciute come « tierras quebradas »), in mano agli indigeni, che sono state invase dagli attori del conflitto armato (la guerri- glia, l’esercito, i paramilitari) e, più recentemente, dalle imprese multinazionali. «Oggi - spiega padre Roattino - la vera ricchezza è data dalle enormi riserve di acqua. Si parla di migliaia di sor- genti idriche, centinaia di lagune. Quest’acqua beneficia tutta l’industria della Valle del Cauca e le grandi coltiva- zioni di canna da zucchero, ma gli indios - unici a poter accampare diritti - non ricevono nulla. Ed anzi rischiano di vedersi espropriati se non stanno all’erta». D opo la morte di Manuel Quintín Lame, nel febbraio del 1971 nasce il «Consiglio regionale indigeno del Cauca» ( Consejo regional indígena del Cauca , Cric). Ma la lotta degli indigeni della regione trova nuovo impulso quando - è l’anno 1973 - sulla scena appare Álvaro Ulcué Chocué, il primo sacerdote di etnia nasa della Chiesa cat- tolica colombiana. Padre Roattino ha conosciuto bene pa- © Gianantonio Sozzi

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