Missioni Consolata - Aprile 2012

Dieci anni alla Borie Noble. E in Italia, cosa stava accadendo? «I dieci anni alla Borie Noble sono stati gli anni più intensi della mia vita. Eravamo convinti che avremmo cambiato il mondo e questa forza si avver- tiva a distanza. Molti giovani arrivavano alla Borie Noble e ne sposavano la filosofia. Nel frattempo, i li- bri di Lanza del Vasto iniziarono ad essere tradotti e conosciuti anche in Italia. Era il tempo delle confe- renze che portò molti italiani a conoscere l’Arca. Ini- ziammo così ad organizzare campi estivi in Italia, a San Vito dei Normanni, città natale di Lanza del Va- sto, con una partecipazione sempre più numerosa di italiani: oltre le 150 persone». Nel 1981 muore Lanza del Vasto, cosa accadde nell’Arca? «In Italia il movimento dell’Arca era fervido e così nel 1986 monsignor Luigi Bettazzi mise a nostra disposi- zione un casale a nord di Ivrea con 7 ettari di terra intorno. Fu un periodo di splendore e di approfondi- mento di ciò che avevamo appreso nei primi 10 anni. La divulgazione dell’azione nonviolenta, la semplifi- cazione della vita prese forma anche in Italia e ri- chiamò molti seguaci». Dal 1993 vivi a St. Antoine, perché questa co- munità? «Nel 1993 la comunità in Italia morì e, in seguito a una mia profonda crisi personale ed esistenziale, scelsi di venire a vivere qui. St. Antoine era una grande e giovane comunità che aveva iniziato un la- voro di rivisitazione dei fondamenti dell’Arca: un’in- dagine su cosa fosse essenziale mantenere all’interno delle comunità e cosa si potesse invece eliminare. In questo senso St. Antoine intraprese un importante lavoro psicologico e spirituale, approfondendo le scienze umane su cui Lanza del Vasto non ci aveva lasciato strumenti adeguati». Lanza del Vasto parla spesso di unità tra vita e parola. Nel tuo cammino è stato possibile tutto ciò? «È stato possibile solo quando mi sono accorta che era indispensabile cercare l’unità in me stessa. Un grosso lavoro impregnato di psicologia e spiritualità. È stata la scoperta dell’assioma che si potrebbe for- mulare così: non puoi cambiare nulla intorno a te se prima non cambi te stesso. Viviamo tempi caotici dove tutto evolve ma se non si parte da noi non può avvenire nessuna trasformazione sociale. La vita quotidiana in comunità mi regala un’unità di vita e mi aiuta a chiedermi: sono in unità con me stessa? Ho capito dove sono violenta con il mio essere e mi sto dando degli strumenti per aiutarmi? È un lavoro interminabile ma fondamentale». Nel tuo percorso di riconciliazione dove è inter- venuta la spiritualità? «Non sono cattolica ma cristiana e solo facendo que- sto profondo lavoro su me stessa ho riscoperto il Vangelo. I testi mi parlavano di ciò che mi stava acca- dendo. Ho appreso solo con il tempo che per essere in equilibrio occorre riconciliarsi con la propria sto- ria, uscire dalla maledizione per entrare nella bene- dizione. Ho imparato a vivere la vita pensando che è una storia sacra, che ha un senso e che deve conver- gere verso lo stesso punto. Presenza e conciliazione, speranza e fiducia, accettazione del presente pos- sono aiutarci a lodare ogni giorno la bellezza della vita». E dentro l’Arca, che importanza ha la fede e come è vissuta? «Per l’Arca è in tutto. Pulire per terra è spiritualità, lavorare nei campi, scrivere, mangiare… vivere con la coscienza di una vita spirituale. Il richiamo alla vita spirituale è fermarsi. Noi ab- biamo la campana che suona tutto il giorno e sap- piamo che in taluni momenti dobbiamo “richiamarci a noi stessi”. Ma questo “prendersi il tempo” si può fare ovunque». Sopra: Anna Massina, che ha guidato l’autrice del dossier durante i giorni del suo soggiorno all’Arca. A destra: abside dell’antica abbazia che dà il nome al villaggio di St Antoine. MC A «SCUOLA» DI NONVIOLENZA

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