Missioni Consolata - Aprile 2012

Scorcio dell’antico convento dove ha sede la comu- nità dell’Arca di St. Antoine l’Abbaye. Vincent è un geografo, il suo sogno di ragazzino era lavorare al «Departement National de Geographie». Le esperienze di vita, la maturazione personale e il mutato scenario del mondo del lavoro lo hanno cam- biato. Politicamente si sente un anarchico, ma ha ca- pito che vivere un’esistenza individualista, creare una famiglia chiusa su se stessa o difendere un sala- rio fisso non è quello che desidera per sé. FORMAZIONE E SPERIMENTAZIONE Marie ci parla ancora delle Fève: «È un progetto nuovo, questo è il suo secondo anno. È un corso non ancora riconosciuto dallo stato, che si avvale però di formatori esterni, psicologi e professori provenienti dal mondo delle Università. Il numero di partecipanti è variabile, ma non dovrebbe superare le 12 persone all’anno, con età non superiore ai 35 anni. L’ammis- sione è sottoposta al giudizio dei membri della comu- nità che verificano comportamenti e motivazioni nel- l’arco di una settimana di vita comunitaria, obbliga- toria e propedeutica per chi desidera intraprendere questo cammino. La formazione avviene a settimane alterne, nella prima si fanno le sessioni formative che durano circa tre giorni. Nela successiva si speri- menta ciò che si è appreso, vivendo e lavorando in- sieme agli stagisti e ai membri stessi dell’Arca. Ogni settimana, al martedì pomeriggio, interviene una psi- cologa, con cui ci si confronta sui problemi legati alla convivenza e ai rapporti interpersonali. Lo facciamo tutti insieme, senza false ipocrisie o remore di sorta, con i membri dell’Arca». DECRESCITA ECONOMICA E CRESCITA INTERIORE Chiediamo, pragmaticamente, se il corso della Fève potrà dare sbocchi lavorativi per il suo futuro. La do- manda è evidentemente quella sbagliata, non sembra essere apprezzata da Marie che ci risponde con una piccola smorfia sul volto. «Forse sì, forse no. Alcune associazioni sono interes- sate a replicare un corso sulla nonviolenza. In gene- rale c’è fermento e voglia di divulgare. Piuttosto al- l’interno della comunità si imparano molti lavori: giardinaggio, cucina, vasellame, cucito, questi sì utili per il nostro futuro e per le persone che sono vicino a noi». Stiamo parlando con una ragazza che non avverte certo l’ansia di trovarsi un lavoro, che sente l’urgenza di una crescita personale più che economica. Ma, di fronte alla scelta di Marie come reagiscono gli amici e i conoscenti? «In generale, quando parlo per la prima volta del- l’Arca, cioè dell’eco sistema in cui sono cresciuta, le persone si spaventano, non capiscono o confondono il concetto di comunità, ad esempio, con “sesso libero’”. Li invito a conoscerci e chi viene qui, si trova sempre a suo agio, si diverte e resta piacevolmente sorpreso. La reazione dipende comunque da persona a per- sona: ci sono i ricettivi e ci sono gli scettici». LA SPIRITUALITÀ NELLE GIOVANI LEVE Come vivono la spiritualità i giovani come te, cre- sciuti qui? «La ricerca spirituale vuol dire, per noi, soprattutto fermarsi e fare spazio, riflettere. Il rappel (richiamo), il suono della campanella durante la gior- nata, serve proprio a questo. È un suono che arriva improvviso e ci dice di fermarci un momento per de- dicarci a noi stessi e fare un minuto di meditazione. I giovani amano molto questa cosa. La preghiera resta un gesto soprattutto privato, come nella società esterna. Chi è cresciuto qui, in genere, ama molto i rituali, i bambini ed i ragazzi vanno sempre alla pre- ghiera della sera. Ma c’è chi non ci va: mia sorella, ad esempio (ride…). Ma in generale gli aspetti ecumenici sono molto apprezzati». Decidiamo di salutare Marie e Vincent con una pro- vocazione. La Francia di oggi, come vi considera? Gli ultimi seguaci di una bella utopia o cos’altro? Marie sorride ma evita il trabocchetto. «È una bella utopia, ma funziona, tant’è che le comunità dell’Arca esistono da più di 50 anni. Ci sono membri che hanno trascorso tutta la vita in queste comunità. In Francia c’è un buon movimento, spesso mirato a obiettivi specifici, che collimano con le battaglie molto con- crete che anche le nostre comunità hanno “combat- tuto” in passato. L’anti Ogm e il localismo di Josè Bové è una di queste. C’è molta gente che conosce il pacifismo, ma sa poco di comunicazione nonviolenta, e di nonviolenza intesa soprattutto come lavoro del- l’individuo su se stesso». Come non darle ragione? L’Arca di Lanza del Vasto, profeta della nonviolenza, ha introdotto già dalle sue origini concetti ultra moderni. Ha cercato «l’altro mondo possibile», la «decrescita felice», il sostenta- mento a chilometro zero, in tempi non sospetti. Ha perseguito con fermezza e caparbietà la promozione dell’essere umano, andando molto oltre i concetti di tolleranza e solidarietà. APRILE 2012 MC 47 MC A «SCUOLA» DI NONVIOLENZA

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