Missioni Consolata - Aprile 2012
vedì ai buddisti, il venerdì ai cristiani, il sabato agli ebrei e la domenica ai cattolici». E i giovani? Cinquantasei anni all’interno di una co- munità sono tanti, come tante sono le trasformazioni avvenute. Sui cambiamenti e sulle nuove leve del- l’Arca, Michèle ci offre la sua opinione: «Questa co- munità si è evoluta naturalmente. Forse la spiritua- lità ha ceduto un po’ il posto alla meditazione, ma ciò che rimane inalterato è la ricerca della felicità e del- l’equilibrio interiore. La Fève (*) ha favorito un grande scambio di relazioni umane tra giovani e an- ziani, non solo un ricambio generazionale ma un’evo- luzione sinergica. L’esperienza dei più “maturi” deve accogliere e sostenere i più giovani, aiutarli nelle so- luzioni ma anche farsi ridare nuovi stimoli. La com- plicità e il dialogo sono le chiavi per far crescere una comunità». (*) La Fève è la «Formazione e Sperimentazione alla vita comunitaria», ispirata alla ricerca di una società non- violenta basata sulla giustizia e la pace, attraverso una formazione biennale all'Arca Saint Antoine. JEANNETTE E LA NONVIOLENZA Dopo esserci calati in un tempo e in una dimensione diversa dall’ordinario, per Michèle è giunta l’ora di preparare la preghiera della sera. Ci congediamo da lei che con fare discreto ci invita a raggiungerla suc- cessivamente per il momento spirituale. Approfittando di un po’ di tempo libero, andiamo a conoscere Jeannette. Con lei abbiamo scambiato qualche parola in cucina la mattina, mentre era in- tenta a pelare patate per tutta la comunità. Jean- nette, 86 anni, ha la dolcezza data dalla semplicità e dall’esperienza. Il suo piccolo nido domestico vanta una sorta di anticamera dove un telaio fa da protago- nista all’intera scena. Jeannette ama tessere e lo fa ancora per vocazione e passione. Ci accoglie in una ridente cucina. In tutta la comu- nità non c’è nulla di ostentato e anche in questo pic- colo angolo di Jeannette la sobrietà si traduce in ca- lore. «Tutto è nato grazie a mio marito che aveva letto “Pellegrinaggio alle sorgenti” e aveva iniziato a farmi conoscere Lanza del Vasto dai suoi scritti». Così ci racconta Jeannette che continua: «Lanza del Vasto venne a tenere una conferenza nel piccolo paese di montagna dove abitavamo. Fu un colpo di fulmine. Aderimmo subito al movimento ma, avendo i bambini piccoli, non c’era posto per tutta la famiglia in comunità e dovemmo attendere qualche tempo prima di prenderne parte. Fondammo nel frattempo un gruppo ecumenico in Bretagna. La prima comu- nità in cui abitammo fu la Borie Noble, poi ci trasfe- rimmo a Bellecombe e infine - dal 1983 - qui a St. An- toine. Questa struttura era inutilizzata da molti anni e mio marito contribuì a renderla agibile». Se per il marito di Jeannette - deceduto da 11 anni - la decisione di diventare membro dell’Arca passò attra- verso le letture e l’interiorizzazione del credo di Lanza del Vasto, chiediamo a Jeannette quali furono le sue motivazioni. «Durante la seconda guerra mon- diale, sviluppai un forte sentimento di odio verso i te- deschi. Volevo ucciderli per placare il mio dolore. Sentivo crescere dentro me una violenza inaudita. Lanza del Vasto mi insegnò a riflettere e a sottomet- termi alla nonviolenza. È stato importantissimo pas- sare molto tempo con lui, prendere coscienza del mio problema e cercare di risolverlo». Come era Lanza del Vasto? «Era bello e nobile d’a- nimo ma allo stesso tempo semplice e capace di met- tersi al servizio degli altri. Umile seppure molto in- telligente e colto. Potevo rivolgermi a lui come a un padre aperto e disponibile. Accogliente. Egli si sen- tiva sempre alla ricerca e discepolo del vero maestro, Gandhi. È stata una vera fortuna conoscerlo, è ri- uscito a sostenermi e a trovare la risoluzione dei tanti conflitti con i miei genitori». Negli anni ‘40 parlare di comunità doveva essere pio- nieristico, come fu il rapporto di Jeannette con la fa-
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