Missioni Consolata - Aprile 2012
rabbia. In questo microcosmo cinematografico non c’è alcuna forma di redenzione. I personaggi si accani- scono sul «diverso» da loro (la giovane arrivata nella comunità di Dogville per sfuggire alla sua famiglia di gangster ) e giungono ad umiliarlo in tutte le maniere possibili. Il dolore è tale che solo la vendetta consolerà non solo la protagonista ma anche lo spettatore. Ecco il punto: la risoluzione finale è solo la violenza, che in quanto soluzione allo stesso male viene automatica- mente giustificata. Purtroppo le dinamiche di questo film assomigliano molto alla realtà. E, allora, come tro- vare un’alternativa valida nei rapporti interpersonali, nella politica e nei meccanismi sociali? Forse, ini- ziando a camminare verso noi stessi e alla ricerca di un modo diverso di vivere. I n questa direzione va Giuseppe Giovanni Luigi Enrico Lanza di Trabia-Branciforte, meglio co- nosciuto come Lanza del Vasto, nato nel 1901 a San Vito dei Normanni in Puglia. Personaggio atemporale e multifocale, Lanza del Vasto compie, nel 1937, il suo primo pellegrinaggio nel subconti- nente indiano alla ricerca di un’esistenza più vera, pura e spiritualmente «alta». Qui, la meta che lo por- terà definitivamente a dedicarsi alla pace per il resto della vita è proprio l’ ashram del Mahatma Gandhi, dove vive per tre mesi e riceve dallo stesso Gandhi l’appellativo «Shantidas», servitore della pace. Nel libro Pellegrinaggio alle sorgenti (edito nel 1943) risiede il fulcro e il cuore del suo viaggio e dell’incon- tro con Gandhi. Nulla è meglio delle sue stesse parole per descrivere il Mahatma: «Un piccolo vegliardo se- minudo sta seduto per terra davanti alla soglia, sotto il tetto di paglia spiovente: è lui. Mi fa segno - sì, pro- prio a me -, mi fa sedere accanto a sé, mi sorride. Parla - e non parla che di me - chiedendomi chi sia io, che cosa faccia, che cosa voglia. Ed io subito mi av- vedo che non sono niente, che non ho mai fatto niente, che non ho desideri se non quello di restar- mene così, all’ombra di lui. Eccolo davanti ai miei oc- chi, colui che solo nel deserto di questo secolo ha mo- strato un’oasi di verde, offerto una sorgente agli asse- tati di giustizia». APRILE 2012 MC 35 MC A «SCUOLA» DI NONVIOLENZA A l ritorno in Europa, Lanza del Vasto decide di diffondere il messaggio gandhiano: servire la nonviolenza e viverla fino in fondo. La sua ispirazione cristiana aperta all’influsso della spiritualità orientale è l’humus da cui parte per fon- dare in Francia nel 1948 - insieme alla sua sposa Chanterelle e a un piccolo gruppo di seguaci - la prima Comunità dell’Arca. Una casa aperta a tutte le religioni, una scuola di vita interiore e di prepara- zione all’azione nonviolenta, di stampo rurale, ispi- rata ai principi della sobrietà, della condivisione, del- l’unione tra lavoro e spiritualità. Scrittore, poeta, musicista e scultore, Lanza del Vasto è per molti un «combattente» nonviolento: praticare la nonviolenza partendo dalla ristrutturazione dei rapporti umani senza rinunciare a far valere le proprie ragioni è stata la sua missione. In quest’ottica si è opposto con il dialogo e il digiuno alla fabbricazione della bomba atomica e alle torture perpetrate dall’esercito fran- cese in Algeria, ha sostenuto i contadini del Larzac perché conservassero le proprie terre e ha digiunato durante il Concilio Vaticano II per chiedere un impe- gno esplicito della Chiesa in favore della pace. Co- erenza tra pensiero e azione, cammino di conoscenza e di presenza a se stessi e al reale, semplicità e pro- fondità. Questi alcuni degli insegnamenti che il no- made e il costruttore ci hanno lasciato in eredità. Dell’uomo che un giorno scrisse in musica: «Ho la mia casa nel vento senza memoria», siamo andati a conoscerne gli eredi per capire se, nel 2012, la parola e l’a- zione di Lanza del Vasto sono ancora vive. G. M. Modane TORINO
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